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IL "PAPA NERO SI DIMETTE": P. KOLVENBACH, 25 ANNI DI PAZIENTE TESSITURA PER IL RITORNO ALL'ORDINE

Tratto da: Adista Documenti n° 2 del 05/01/2008

DOC-1941. ROMA-ADISTA. Quasi venticinque anni: tanti ne sono trascorsi da quando, nel settembre 1983, dopo un burrascoso periodo di tensioni e conflitti con il Vaticano, la Compagnia di Gesù elesse il suo nuovo Superiore generale nella persona di p. Hans-Peter Kolvenbach, che avrebbe sostituito il grande p. Pedro Arrupe, dopo il biennio di interregno di p. Paolo Dezza, imposto da papa Wojtyla, che aveva commissariato la Compagnia (v. Adista n. 80/07)

Ora, a un quarto di secolo da quegli eventi, p. Kolvenbach lascia la guida dei Gesuiti e lo fa dimettendosi, prassi inusuale per un "papa nero", che secondo lo statuto gesuita resta generale fino alla morte. Ne aveva chiesto il permesso due anni fa a Benedetto XVI – che glielo ha accordato – ma non era la prima volta: era già accaduto nel 1995 e poi ancora in altre occasioni, ma Wojtyla, temendo che la Compagnia scivolasse nuovamente nella bufera, fu irremovibile nel rifiutare. Il 5 gennaio 2008, dunque, si aprirà a Roma la 35.ma Congregazione destinata ad eleggere il prossimo generale.

Dalla bufera alla tregua

Con p. Arrupe, generale dal 1965, i gesuiti avevano affermato che il servizio della fede era inseparabile dalla promozione della giustizia; da qui la scelta preferenziale per i poveri e lo sviluppo della Teologia della Liberazione in Centroamerica (v. Adista n. 80/07). Questa svolta preoccupò i settori più conservatori della Chiesa che, dalla metà degli anni ’70, cominciarono a trasmettere in Vaticano il loro cahier de doléances. Nel 1981, i gesuiti erano chiaramente invisi a Roma, sopraffatti oltretutto dal nuovo favore di cui godevano, presso Wojtyla, movimenti conservatori come l’Opus Dei. E fu proprio quell’anno che il papa operò un "golpe" nella Compagnia, approfittando della trombosi che aveva colpito Arrupe. Escludendo dal potere il settore progressista, nominò infatti un delegato personale, il conservatore p. Paolo Dezza, di cui si fidava, poiché voleva evitare che la linea di "sinistra" di Arrupe si consolidasse e magari contagiasse anche altre congregazioni religiose. Dopo due anni, nel 1983, venne eletto Kolvenbach alla prima votazione: una figura di secondo piano, estranea a Roma, al Centroamerica e alla Teologia della Liberazione. Tenendo alla propria autonomia, i gesuiti scelsero con lui un generale che non avrebbe irritato o provocato il papa, vista la sua lunga esperienza di mediatore in Medio Oriente. "Ho imparato il vaticanese – ebbe a dire – perché quando si visita un Paese straniero, bisogna apprenderne la lingua".

 

Sulle orme di Arrupe

Nato nel 1928 in Olanda ma libanese di adozione, p. Kolvenbach era dunque un nome sconosciuto a gran parte della Compagnia e non figurava, inizialmente, tra i dieci candidati proposti alla Congregazione. Nella prima conferenza stampa successiva alla sua elezione, ribadì però con forza la sua volontà di porsi in una linea di continuità con la leadership di p. Arrupe: "Il percorso non sarà cambiato, ma sarà forse più sicuro", rispose allora a chi gli chiedeva se la Compagnia avrebbe operato una correzione di rotta (v. Adista n. 83/83). Del 1984 è la lettera "a tutta la compagnia", in occasione del 450° anniversario dei voti di povertà e di apostolato detti "di Montmartre", che costituisce una sorta di manifesto della sua politica: il discernimento apostolico, afferma, sarà "lontano da qualsiasi radicalizzazione di una opzione apostolica, senza dubbio in sé valida; lontano da ogni irrigidimento nei tanti campi in cui la Chiesa è in piena ricerca della volontà del Signore; lontano da ogni tentazione di cercare una sicurezza nell'immobilismo o di non osare guardare in faccia l'avvenire della Chiesa e della umanità".

Un’umanità che Kolvenbach guarda in faccia dando piena solidarietà all'azione dei gesuiti in America Latina: in un'intervista rilasciata al New York Times, disse che la Chiesa non avrebbe espresso un amore preferenziale per i poveri se in America Latina non ci fossero stati i gesuiti a rendere evidente la necessità della liberazione (v. Adista n. 73/84) e dunque l'importanza della Teologia della Liberazione. Espresse così la propria delusione per le prese di posizione vaticane che criticavano il ricorso all'analisi marxista da parte della Teologia della Liberazione. Perché, spiegò, ci possono essere situazioni in cui sia assolutamente necessario fare uso della terminologia marxista per illustrare le condizioni economiche e sociali. Nel 1985, in un’ulteriore lettera a tutti i gesuiti (v. Adista n. 25/85) affermò che "le discussioni intorno alle Teologie della Liberazione mostrano che la Chiesa lotta e vuole lottare per recare maggiore chiarezza in un campo che è l'oggetto della sua preferenza apostolica". Pur sottolineando che la solidarietà della Compagnia con i poveri ha una specificità diversa da quella di un partito politico o di un sindacato, Kolvenbach è prudente nell'indicare tale specificità: "Per sua vocazione la Compagnia assume l'opzione preferenziale per i poveri, ma essa dovrà passare per un periodo di apprendistato e di reale sperimentazione in tutti i settori della sua attività apostolica, perché la Compagnia, come la Chiesa, pur approvando l'impegno per la giustizia al servizio della fede, non ne conosce ancora tutte le conseguenze concrete per il ministero pastorale, il settore dell'educazione e anche per l'attività sociale". Nel 1996 risuonò forte il j’accuse dei gesuiti sudamericani contro il neoliberismo (v. Adista n. 89/07).

Kolvenbach promosse a più riprese la canonizzazione di p. Arrupe: nel 1997 inviò una lettera a tutti i provinciali dell'Ordine per raccogliere la documentazione necessaria per l'avvio del processo di canonizzazione.

 

Annunciare il vangelo di liberazione

P. Kolvenbach ha sempre mostrato di dare valore all’impegno politico dei cattolici e dei religiosi. Non in un unico partito, però: "Posso garantire che non esiste una politica dei gesuiti: credo anzi che di opinioni politiche ce ne siano circa venticinquemila, cioè una per ogni membro della Compagnia", affermò nel 1990 nel libro-intervista "Fedeli a Dio e all’uomo", pubblicato dalle Edizioni Paoline, che contiene una difesa a spada tratta dei gesuiti di Palermo p. Bartolomeo Sorge e p. Ennio Pintacuda, attaccati da socialisti e andreottiani. Kolvenbach esclude decisamente ed in ogni caso che dei gesuiti possano assumere incarichi in partiti o sindacati, nonostante il diritto canonico lo consenta in situazioni eccezionali, perché "l’impegno in un partito o in un sindacato non è l’unica via per lottare con e per i poveri". Lo dimostrò nel 1984, con la richiesta a p. Fernando Cardenal, nominato ministro dell'Educazione del Nicaragua all’interno del governo sandinista, di abbandonare tale incarico per incompatibilità con la sua condizione di sacerdote. Poiché Cardenal non ritenne di dover lasciare tale compito, venne allontanato dalla Compagnia.

Evitare lo scontro con il Vaticano

Sul fronte della ricerca teologica, p. Kolvenbach si è mantenuto prudente, considerando che nel corso di questi 25 anni numerosi sono stati i teologi gesuiti o i docenti in università gesuite a finire sotto la lente d’ingrandimento del Vaticano. Nel 1986 p. John Mac Neill, gesuita e psichiatra statunitense, ricevette dal generale una lettera con cui veniva "esclaustrato" dalla Compagnia, a causa del suo ministero fra gli omosessuali cattolici aderenti all'associazione "Dignity" (v. Adista n. 80/86).

Nel 1988, due professori di teologia dogmatica dell'Università di Granada, José Maria Castillo e Juan Antonio Estrada, entrambi gesuiti, furono destituiti dai loro incarichi per decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo un incontro tra l’allora presidente della Conferenza Episcopale, card. Angel Suquia, arcivescovo di Madrid, e p. Kolvenbach. Nel 1989, di fronte alla protesta di clero e teologi tedeschi, francesi ed italiani contro il giro di vite compiuto dalla Curia nei confronti della ricerca teologica (v. "Dichiarazione di Colonia", Adista n. 11 e 27/89), p. Kolvenbach scrisse ai Superiori Maggiori di tutte le Province dell’Ordine nel mondo perché, a loro volta, facessero osservare una più rigida disciplina nelle dichiarazioni pubbliche, esortando ad una "preliminare discussione con la comunità sotto la guida del Superiore".

Numerosi sono i teologi gesuiti la cui opera è stata investigata dal Vaticano: nel 2002, Kolvenbach comunicò al prestigioso settimanale statunitense dei gesuiti America che la Congregazione aveva posto obiezioni a diversi articoli pubblicati sulla rivista, affermando che avevano aperto discussioni su temi che in realtà la Chiesa considera chiusi; nel 2005, il direttore p. Thomas Reese venne obbligato a dare le dimissioni. Tra gli ultimi teologi indagati, p. Jacques Dupuis, p. Roger Haight, p. Jon Sobrino.

 

Tornare a fare cultura

Nel Sinodo sulla vita consacrata del 1994, Kolvenbach insistette sulla necessità che i religiosi e la Chiesa tornassero a fa-re cultura "attraverso l'inculturazione della vita evangelica e l'evangelizzazione di tutte le culture". Al Sinodo per le Americhe (1997) Kolvenbach trattò un tema delicatissimo nella Chiesa wojtyliana, quello cioè della tensione tra la libertà di ricerca accademica nelle università cattoliche e le restrizioni poste dai dicasteri vaticani (v. Adista n. 88/97). Con linguaggio morbido e circospetto, rivendicò il diritto alla libertà di ricerca, per dare dignità e credibilità alle università cattoliche e per evitarne l'emarginazione nell'ambito delle altre istituzioni culturali; soprattutto, insistette Kolvenbach, per essere veramente a servizio della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo.

 

Rivitalizzare la Compagnia

Nel 1995 Kolvenbach convocò una nuova Congregazione (la 34.ma) "per ponderare le sfide poste dalla nuova evangelizzazione per il terzo millennio proposta dal Santo Padre" (v. Adista 24/95). È una sorta di aggiornamento, in cui si torna sul tema della giustizia, sui fondamenti biblici, ecclesiali e ignaziani dell'opzione preferenziale per i poveri, ma si affronta anche il problema delle donne nella Chiesa. Nel testo elaborato dalla Commissione, si fece notare "che la subordinazione delle donne agli uomini è una realtà di fatto. L'insegnamento della Chiesa nella sua lettura contemporanea delle Scritture appoggia fortemente il movimento per fare dell'uguaglianza essenziale tra uomini e donne una realtà viva. Come uomini e gesuiti noi vogliamo rispondere a questa sfida".

Nel 2003, alla 69.ma Congregazione dei Procuratori il generale compì un'analisi a tutto tondo della Compagnia (v. Adista n. 69/03) , denunciando le "malattie del nostro tempo" che albergano "anche nei nostri cuori, all'interno della Compagnia": lo "spiritualismo disincarnato", "l'attivismo puramente secolarizzato", gli "eccessi del consumismo", "diverse forme di ingiustizia sociale e di discriminazione", fino a giungere ai gravi casi di abusi sessuali che si sono registrati in diverse Province gesuite. Sul fronte missionario, Kolvenbach lamentò un "arretramento molto sensibile nel nostro impegno di solidarietà con i più poveri".

Sul tema delle vocazioni, Kolvenbach sottolineò - a fronte delle tentazioni della vita moderna e dell'offerta concorrenziale di altri movimenti all'interno della Chiesa - la necessità di riprendere una "vigorosa promozione delle vocazioni", altrimenti, dice, "corriamo un forte rischio di invitare i candidati a venire e vedere, per scoprire che in fondo non c'è niente da vedere".

Ora p. Kolvenbach è stanco e vuole lasciare la guida a chi ha più energie. E lo fa difendendo a spada tratta l’operato del suo predecessore, quasi a voler indicare una strada per chi dovrà disegnare il futuro della Compagnia: Pedro Arrupe, generale negli anni difficili del post-Concilio, criticato e commissariato, è stato impegnato per tutta la vita a realizzare il "rinnovamento conciliare"; se "le risposte nuove alle nuove necessità portano oggi i nomi ben conosciuti di dialogo e inculturazione, spiritualità e Chiesa dei laici, sviluppo e pace, promozione della giustizia nel mondo per mezzo di una chiara e netta opzione preferenziale per i poveri, possiamo dire - rimarca Kolvenbach in una lunga intervista al quindicinale dei dehoniani "Il Regno" (n. 20/07) - che tutte queste risposte hanno trovato un luogo privilegiato nell''aggiornamento' voluto da p. Arrupe''.

Di seguito pubblichiamo, in una nostra traduzione dall’inglese, un’intervista che p. Kolvenbach ha rilasciato al settimanale dei gesuiti Usa America (26 novembre 2007), dal titolo "Guardiamo insieme a Cristo", raccolta dal condirettore p. Jim McDermott. (ludovica eugenio)

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