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IL “TRATTO DI PENNA” DEL PRESIDENTE LULA

Tratto da: Adista Documenti n° 77 del 11/07/2009

Il coordinamento nazionale della Commissione Pastorale della Terra (Cpt) si unisce al clamore nazionale di fronte ad una nuova aggressione al patrimonio pubblico, all’ambiente e alla riforma agraria.

Il 4 giugno 2009 il Senato Federale ha approvato la Misura Provvisoria 458/2009 che è già stata approvata con alcune modifiche dalla Camera dei Deputati e che ora va alla firma presidenziale. È la promozione della “baldoria del grilagem”, come è stato detto in maniera appropriata.

Con il sotterfugio della regolarizzazione delle aree dei posseiros (piccoli contadini a cui la legge riconosce il diritto di proprietà su piccole aree di terre pubbliche o non utilizzate che essi abbiano coltivato per almeno 5 anni, ndt), prevista dalla Costituzione federale, l’11 febbraio 2009 il governo ha emesso la Misura Provvisoria 458/2009 proponendo la “regolarizzazione fondiaria” delle occupazioni di terre pubbliche dell’Unione, nell’Amazzonia Legale, fino al limite di 1.500 ettari. Tale regolarizzazione abbraccia 67,4 milioni di ettari di terre pubbliche dell’Unione, cioè terre devolute già incamerate dallo Stato e iscritte nei registri pubblici come terre pubbliche destinate dalla Costituzione a programmi di riforma agraria. Così la Misura Provvisoria 458, ora sul punto di essere trasformata in legge, regolarizza possessi illegali. Beneficia, soprattutto, persone che dovrebbero essere processate per usurpazione di aree della riforma agraria, in quanto, secondo la Costituzione, solo il 7% dell’area occupata da piccole proprietà fino a 100 ettari sarebbe passibile di regolarizzazione. I movimenti sociali avevano proposto che la Mp fosse ritirata e che al suo posto si presentasse un progetto di legge in maniera da avere il tempo per un dibattito approfondito sul tema, prendendo in considerazione la funzione sociale della proprietà della terra. Il governo federale, tuttavia, ha rifiutato qualunque discussione con i rappresentanti dei lavoratori dei campi e della foresta.

Questa ufficializzazione del grilagem dell’Amazzonia ri-corda a molti la nefasta Legge sulle Terre del 1850, che, elaborata dall’élite latifondista del Congresso dell’impero e firmata da Pedro II, privatizzò le terre occupate. Oggi è un presidente repubblicano ed ex-operaio a privatizzare e cedere le terre dell’Amazzonia alle stesse mani che se ne erano appropriate in maniera illegale e persino criminale.

Questa proposta di legge, che è alla firma del presidente Lula, prepara il terreno per l’espansione del latifondo e dell’agrobusiness in Amazzonia, per la gioia dei ruralisti. Per questo non è stata senza significato la riduzione, approvata dalla Camera dei Deputati, da dieci a tre anni del limite di tempo entro cui le terre regolarizzate non possono essere vendute a chi già possiede altre proprietà e a persone giuridiche. Da qui a tre anni nulla impedisce ad una stessa persona o impresa di acquistare nuove proprietà accumulando aree di qualunque dimensione. Così è avvenuto con le immense proprietà costituitesi in Amazzonia, alcune di oltre un milione di ettari, beneficiate dai progetti della Sudam (la scomparsa Sovrintendenza per lo Sviluppo dell’A-mazzonia, ndt).

Per ironia del destino, Lula, che nel 1998 aveva affermato che, se fosse stato eletto, avrebbe “risolto il problema della riforma agraria con un tratto di penna”, invece di realizzare la riforma agraria promessa, con un tratto di penna ha proposto la legalizzazione di 67 milioni di ettari di terra grilada in Amazzonia, un bioma che nell’attuale periodo di crisi climatica mondiale acuta deve essere preservato per garantire la sopravvivenza del pianeta.

È lo stesso presidente che, in un’intervista rilasciata alla rivista Caros Amigos, nel novembre del 2002, diceva: “Non si giustifica in un Paese, per grande che sia, il fatto che qualcuno possieda 30mila alqueires (unità di misura di superficie agraria, ndt) di terra! Due milioni di ettari di terra! Questo non può trovare giustificazione in nessun luogo del mondo! Solo in Brasile. Perché abbiamo un presidente codardo, che resta a contemplare la bancada ruralista in cambio di alcuni voti”. Lo stesso presidente che ha finito per essere ostaggio di questo settore: peggio ancora, è ricorso alla senatrice Kàtia Abreu, baluardo della bancada ruralista, nemica numero uno della riforma agraria, per l’approvazione della Misura al Senato. Aveva già ceduto al-la pressione dei ruralisti approvando la Legge sui transgenici. Non ha attualizzato gli indici di produttività stabiliti più di 30 anni fa: cosa che avrebbe reso possibile l’accesso a nuove aree per la riforma agraria. Non si è impegnato nell’approvazione della proposta di emendamento costituzionale 438/01 che espropria le aree in cui si scopra lo sfruttamento di lavoro schiavo. Come se non bastasse, ha promosso alla condizione di “eroi nazionali” gli usineiros (industriali della canna da zucchero, un tempo aspramente contestati da Lula, ndt) e ha definito come ostacoli al progresso le comunità tradizionali, gli ambientalisti e i loro difensori.

Lula che, con il programma Fame Zero, aveva avuto l’opportunità di realizzare un ampio processo di riforma agraria, lo ha trasformato in una tessera del programma Bolsa Familia, che ogni mese concede delle briciole a chi avrebbe potuto produrre da sé il proprio alimento contribuendo ad alimentare la nazione.

I movimenti sociali del settore rurale, compresa la Commissione Pastorale della Terra, stanno lottando da anni, per una questione di saggezza e di buon senso, perché sia posto un limite alla proprietà della terra nel nostro Paese. Ma quello che vediamo è esattamente il contrario. Cresce la concentrazione di terra, mentre migliaia di famiglie continuano a restare accampate ai margini delle strade in attesa di un insediamento che dia loro dignità e cittadinanza, poiché, come hanno giustamente affermato i vescovi e i pastori che hanno sottoscritto il documento “I poveri possederanno la terra” (documento dei vescovi e pastori evangelici del Brasile sull'ecologia, nel 2006, ndt), “la politica ufficiale del Paese è subordinata ai dettami implacabili del sistema capitalista e appoggia e stimola apertamente l’agrobusiness”.

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