INTRODUZIONE FRATERNA. SALVIAMOCI CON IL PIANETA
Tratto da: Adista Documenti n° 112 del 07/11/2009
Vent’anni fa si occupavano di ecologia solo poche persone, considerate bucoliche o pessimiste. Non era un tema serio né per la politica, né per l’educazione, né per la religione. Francesco d’Assisi poteva essere venerato come il santo dei fiori e degli uccelli, ma non di più.
Adesso, e forse ormai molto tardi, il mondo intero si sta sensibilizzando, stordito dalle notizie e dalle immagini degli attuali cataclismi e dalle previsioni pessimiste che riempiono i nostri telegiornali. E sono ormai molti i congressi e i programmi che ventilano come un tema vitale l’ecologia, svelando le cause e sottolineando l’urgenza di proposte concrete riguardo all’ambiente. Persino i bambini oggi sanno di ecologia...
Il tema è nuovo, dunque, e disperatamente urgente. Stiamo scoprendo la terra, il nostro Pianeta, come la casa comune, l’unica che abbiamo, e ci stiamo accorgendo che siamo un’unità indissolubile di relazioni e di futuro.
Di fronte alle spese astronomiche per le esplorazioni spaziali, di fronte al mercato assassino delle armi, di fronte al consumismo e al lusso di una piccolissima parte privilegiata dell’umanità, adesso stiamo imparando che la sfida è prendersi cura del Pianeta. L’ultima grande crisi, figlia del capitalismo neoliberale abbrutito nell’usura e nello spreco, che ha cinicamente ignorato sia la sofferenza dei poveri che i limiti reali della Terra, ci sta aiutando ad aprire gli occhi e speriamo anche il cuore. Leonardo Boff definisce “il grido della Terra” come “il grido dei poveri” e James Lovelock avverte della “Vendetta della Terra - La teoria di Gaia e il futuro dell’Umanità”. “Durante migliaia di anni”, dice Lovelock, “l’Umanità ha sfruttato la Terra senza tener conto delle conseguenze. Adesso che il riscaldamento globale e il cambiamento climatico sono evidenti a qualsiasi osservatore imparziale, la Terra comincia a vendicarsi”. Stiamo trattando la Terra come un fatto semplicemente economico ed esigiamo molto da essa, ignorandone i diritti.
Alcuni specialisti e certe istituzioni internazionali ci hanno mentito. La mano invisibile del mercato non stava risolvendo il disastro mondiale. Quanto più libero è stato il commercio, più reale è stata la fame. Secondo la Fao, nel 2007 c’erano 860 milioni di affamati; nel gennaio 2009 centonove milioni in più. La metà della popolazione dell’Africa sub-sahariana, per citare un esempio di questa Africa crocefissa, vive in condizioni di estrema povertà. La litania delle violenze e delle disgrazie è interminabile. In Congo ci sono 30.000 bambini soldato disposti a uccidere e a morire in cambio di cibo; il 17% della foresta amazzonica è stata distrutta in cinque anni, tra il 2000 e il 2005; la spesa economica dell’America Latina e dei Caraibi per la difesa è cresciuta del 91% tra il 2003 e il 2008; una decina di imprese multinazionali controlla il mercato delle sementi in tutto il mondo. Gli obiettivi del millennio sono evaporati nella retorica, e nelle loro riunioni elitarie i Paesi più ricchi hanno codardamente affermato che non possono fare di più per modificare il quadro.
È tradizione della nostra Agenda avvicinare ogni anno un tema importante, di scottante attualità. Non possiamo logicamente lasciare da parte questo tema vulcanico.
Il tema è ampio e complesso. Siamo noi o è il Pianeta che si trova in questa crisi mortale?
Abbiamo valutato tre titoli per questa Agenda 2010, centrati su possibili messe a fuoco... “Salvare il Pianeta”, “Salveremo il Pianeta?”, “Salviamoci con il Pianeta”. Abbiamo optato per l’ultimo titolo, perché tecnici e profeti ci ricordano che anche noi siamo il Pianeta; siamo Gaia, ci stiamo destando a una visione più olistica, più integrale; stiamo scoprendo, finalmente, che il Pianeta Terra è anche il Pianeta Acqua. Un recente libro per bambini si intitola proprio “Aiuto il mio Pianeta”. La salvezza del Pianeta è la nostra salvezza, e non mancano specialisti che affermano che il Pianeta si salverà seguendo il corso dell’Universo e, frattanto, la vita umana e tutte le vite del Pianeta saranno un oscuro passato.
L’Agenda non vuole essere pessimista, non può esserlo. Vuole essere realista, impegnarsi con la realtà e circondare con un abbraccio vitale le cause che promuovono un’ecolo-gia che dia e susciti speranza.
Questa ecologia profonda, integrale, deve includere tutti gli aspetti della nostra vita personale, familiare, sociale, politica, culturale, religiosa... E tutte le istituzioni politiche e sociali, a livello locale, nazionale e internazionale, devono assumere come proprio programma politico fondamentale “la salvezza del Pianeta”. Si deve instaurare una globalizzazione di segno positivo, lavorando per la mondializzazione dell’ecologia. Rifiutando e superando l’attuale democrazia di bassa intensità è urgente impiantare una democrazia di massima intensità e, più esplicitamente, una “biocrazia cosmica”.
È urgente creare, stimolare, potenziare in tutte le religioni e gli umanesimi una spiritualità “profonda e totale” di segno positivo, di atteggiamento profetico nella liberazione da ogni tipo di schiavitù, vivendo e militando per una nuova valorizzazione di tutta la vita, della materia, del corpo, dell’eros. L’ecofemminismo va incontro a una sfida fondamentale, Gaia è femmina. S’impone una relazione nuova con la natura, naturalizzandoci essendo noi stessi natura, e umanizzando la natura in cui viviamo e da cui dipendiamo. Io, direbbe il filosofo, sono io e la natura che mi circonda.
L’Umanità è ciò che la Terra ha di meglio, nonostante tutte le pazzie che abbiamo commesso e continuiamo a commettere, veri genocidi e veri suicidi collettivi.
Favorendo questo cambiamento radicale che invochiamo e proclamando che è possibile un’altra ecologia in un’altra società umana, facciamo nostri i due punti del Manifesto dell’Ecologia Profonda: “Il cambiamento ideologico consiste principalmente nel valorizzare la qualità della vita - il vivere in situazioni intrinseche di valore - più che di cercare incessantemente di ottenere un livello di vita più elevato. Dovrà prodursi una presa di coscienza profonda della differenza tra crescita materiale e crescita personale indipendente dall’accumulo di beni tangibili”. E aggiunge il Manifesto: “Chi sottoscrive i punti enunciati nel Manifesto ha l’obbligo diretto o indiretto di operare perché abbiano luogo questi cambiamenti necessari per la sopravvivenza di tutte le specie del Pianeta”, compresa “la santa e peccatrice” specie umana.
Militanti e intellettuali impegnati con le grandi cause stanno preparando una Dichiarazione Universale del Bene Comune Planetario che si esprime attraverso quattro patti: 1) il Patto ecologico naturale, responsabile di proteggere la Terra; 2) il Patto ecologico sociale, responsabile di unire tutte le speranze e le volontà; 3) il Patto ecologico culturale, che dev’essere basato sulla promozione del pluralismo, della tolleranza e dell’incontro dell’Umanità con gli ecosistemi, le biomasse, la vita del Pianeta; 4) il Patto ecologico etico spirituale, fondato sulla dimensione della cura, della compassione, della corresponsabilità di tutti con tutto.
Dobbiamo ascoltare ciò che ci dicono sia le nuove scienze che le nuove tecnologie. Vogliamo vivere questo kairos ecologico di militanza e di mistica con il Dio di tutti i nomi e di tutte le utopie.
Con Gesù di Nazareth, molti libertari, profeti e martiri nella Nostra America ci precedono e ci accompagnano in questa marcia attraverso il deserto verso “la Terra senza Mali”.
È un’utopia assurda? Ci salveremo solo utopicamente. L’arroganza dei potenti, il lucro sfrenato, la prepotenza, le incoerenze vengono a demoralizzarci, ma noi ci neghiamo al disanimo, alla corruzione, alla rassegnazione. La Pacha Mama e Gaia sono vive, sono vivificanti. Nessuna struttura di morte avrà la meglio sulla Vita.
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