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VENDOLA: “LA MIA FEDE, ISPIRAZIONE PER LA MIA POLITICA”. E APRE IL CONFRONTO CON IL “MONDO CATTOLICO”

Tratto da: Adista Notizie n° 84 del 06/11/2010

35839. ROMA-ADISTA. “C’è un’Italia migliore, c’è un’Italia migliore di quella rappresentata dalle macchine del fango, da una politica ridotta a gossip velenoso. Dobbiamo darle voce, dobbiamo dare una voce politica a questa Italia migliore”. Lo scorso 24 ottobre, Nichi Vendola ha chiuso fra le ovazioni dei suoi sostenitori il primo congresso di “Sinistra ecologia e libertà”, la formazione costituita dalla confluenza di pezzi di Rifondazione comunista, dei Verdi, dei Comunisti Italiani e di Sinistra Democratica (ex Ds). Ma ha anche ribadito una sfida politica che va molto oltre il ristretto cerchio del suo partito: vincere le primarie e rappresentare tutto il campo del centrosinistra nella sfida definitiva contro Berlusconi. Questo è l’obiettivo dichiarato del governatore della Regione Puglia, che a tal fine si sta sempre più ritagliando un profilo “ecumenico”, attento a non essere schiacciato sulle posizioni oltranziste della sinistra cosiddetta radicale (dalla quale Vendola proviene), capace di farsi garante di un “patto fra produttori” sul quale costruire la fuoriuscita dell’Italia dalla crisi economica e attorno al quale aggregare un’alleanza politica ampia che arrivi fino all’Udc di Casini (il quale, va detto a onor della cronaca, con Vendola non sembra voler avere nulla che fare).

Nel corso del suo discorso congressuale il leder pugliese ha dedicato un lunghissimo passaggio anche al rapporto con il mondo cattolico. “La fine dell’unità politica dei cattolici ha prospettato una inseminazione generalizzata di clericalismo in tutta la scena politica”, ha detto Vendola. Subito dopo ha però precisato: “A questo guai se rispondessimo con vecchie pulsioni anticlericali e non invece rilanciando la sfida del dialogo, della conoscenza reciproca, dell’analisi differenziata. Parliamo di mondi che sono in movimento, che non sono mummificati. Di arcipelaghi di grandi culture, di grandi storie”. Ha citato Aldo Moro (“chissà cosa penserebbe oggi della manifestazione della Fiom?”) e Antonio Gramsci (che “irrideva a un certo anticlericalismo risorgimentale sospingendo il suo mondo a un confronto fondato sul senso delle proporzioni e su un rispetto profondo”). Ciò non significa naturalmente “assumere atteggiamenti ipocriti o di fuga dal dissenso quando esso si manifesti”, tanto è vero che lo stesso Vendola ha indicato come terreno di confronto in primo luogo le questioni ‘eticamente sensibili’: “Voglio parlare con la Chiesa di che cosa significa il diritto a veder riconosciuto dentro un codice giuridicamente apprezzabile il progetto d’amore di due persone dello stesso sesso”. Si è poi rivolto direttamente agli “amici e alle amiche del Family Day”: “Ve lo chiedo sincerante: ma che cosa ha più ferito la vostra vita? L’amore gay, l’amore lesbico, il diritto a non nascondersi dietro un cespuglio, a non vivere prigionieri del pregiudizio oppure il liberismo, l’impoverimento e le politiche sociali che vi hanno abbandonato?”. Del resto Vendola non ha detto di voler dialogare con un mondo distante da sé, perché ha rivendicato con forza la propria appartenenza a quel mondo, la propria identità cattolica. “Fra le tante diversità che vi dovete beccare del vostro portavoce”, ha detto rivolto ai delegati di Sinistra ecologia e libertà, “c’è anche questa, che riguarda una fede religiosa che io non intendo nascondere. ‘Ero straniero e mi avete accolto’, beh, questa è una stella polare della mia formazione civile, non solo della mia spiritualità. Quello che è scritto nella pagine che chi ha fede considera sacre sul vestire gli ignudi, sul visitare i carcerati, sul dar da mangiare agli affamati, sul dar da bere agli assetati, non posso mica lasciarlo nel recinto del tempio. Si tratta piuttosto di non usare l’aspersorio, l’acquasantiera come argomento elettorale. Ma quello che appartiene a una grande sfida culturale, a una grande profezia, forse è utile che viva nella vita pubblica anche per svelare la natura di sepolcri imbiancati di questa clas-se dirigente che pur di difendere le radici cristiane dell’Europa sarebbe capace di compiere stermini”.

Vendola si è così scagliato contro un certo “cristianesimo etnocentrico, occidentalista, filocapitalista, di un Dio che protegge i ricchi e i privilegiati e condanna i poveri cristi”. “Io invece - ha detto - sono innamorato di quel povero Cristo che finisce in croce e che racconta un’altra storia. Racconta una storia che a me incanta per una ragione che è fondativa anche del mio modo di pensare la politica, perché annuncia un Regno. E quel Regno non lo annuncia attraverso i segni del potere, ma attraverso il potere dei segni: due legni in croce, quattro chiodi e una corona di spine. È un capovolgimento straordinario di un’intera iconografia del potere. Ci aiuta ad immaginare che il potere non è un assoluto, non è una condizione naturale, non è tampoco figlio di una volontà del cielo. Il potere è una produzione storica e tutte le superstizioni che blindano e coprono il potere possono essere disgelate”.

Avvenire ha accolto con molta freddezza il discorso di Vendola: “Il leader di Sel”, ha scritto il quotidiano dei vescovi (26/10), “dice di voler dialogare con il mondo cattolico e rilancia le coppie gay. Risultato: solo critiche”. La strada si presenta in salita per l’ex ragazzo di Terlizzi amico di don Tonino Bello. Fortunatamente il “mondo cattolico” non può essere ridotto alla sola voce di Avvenire. (e. c.)

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