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L'ok (e le bugie) del Parlamento sulla missione italiana in Niger

L'ok (e le bugie) del Parlamento sulla missione italiana in Niger

Come prevedibile, in un rapido e indolore passaggio alla Camera dei Deputati, convocata il 17 gennaio scorso nonostante lo scioglimento in vista delle prossime elezioni, il Parlamento ha approvato le missioni militari all'estero, tra cui quella “innovativa” e controversa in Niger, in sostegno alla forza africana G5 Sahel e delle truppe francesi già da tempo schierate sul territorio. Favorevoli all'invio Pd, Forza Italia, Fratelli d'Italia; contrari il Movimento 5 stelle e il gruppo Liberi e Uguali; astenuta la Lega di Matteo Salvini.

«La messa in sicurezza di quell’area contro il terrorismo e il contrasto alle reti criminali che gestiscono l’immigrazione clandestina – ha commentato la ministra della Difesa Roberta Pinotti – è di interesse fondamentale per il nostro Paese». «Le forze armate e la cooperazione italiana – ha ribadito anche il primo ministro Paolo Gentiloni – lavorano per pace, sviluppo e stabilità contro terrorismo e traffico di esseri umani».

Frottole e nient'altro che frottole, continuano ad affermare gli osservatori della cooperazione internazionale e gli attivisti dei diritti umani, che ritengono la missione in Niger debba essere interpretata nell'ambito di un progetto geostrategico ben più ampio.

«Ma che cosa possono fare in Niger gli italiani che già non facciano i francesi e gli americani? La verità è che c’è una guerra di posizionamento, in una regione chiave del mondo in termini di crescita e sviluppo». È quanto afferma lo stesso 17 gennaio, in un'intervista all'Agenzia Dire riportata anche dal mensile comboniano Nigrizia, Hassane Boukar, coordinatore a Niamey (capitale del Niger) dell’ong Alternative Espaces Citoyens (Aec). La domanda sulla reale utilità e sui veri obiettivi del contingente italiano (ben 470 soldati) se la pongono anche gli stessi nigerini, con inchieste e servizi giornalistici: «Pochi credono che il motivo dell'intervento abbia davvero a che fare con la sicurezza. La sicurezza sembra piuttosto un pretesto per aprire nuove basi», ha infatti aggiunto l'attivista di Aec. Ciò che conta per gli italiani, sottolinea ancora, è «la volontà di controllare le rotte migratorie e di avere una presenza in un’area ricca di materie prime, uranio e non solo», in un contesto più di competizione tra potenze straniere che di reale cooperazione, perché «ogni potenza ha i propri interessi». Anche l'Italia, ultima arrivata, forse intende «colmare un “ritardo” nella regione rispetto a paesi come la Francia o gli Stati Uniti».

* Soldati francesi dell'operazione Barkhane nel Sahel, foto di TM1972-Eigenes Werk, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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