
L'immigrazione e il nodo della cittadinanza: un articolo di Maurizio Ambrosini
Tra l’altro, sul fascicolo di Aggiornamenti Sociali di agosto e settembre 2021, si parla di cittadinanza. L’articolo “Cittadini senza esserlo: l’esperienza dei migranti”, firmato dal sociologo delle migrazioni Maurizio Ambrosini, racconta «un concetto complesso e sfaccettato», quello di cittadinanza, «in cui si distinguono diverse dimensioni e si intrecciano aspetti normativi, politici, sociali e psicologici». Il senso di appartenenza ad uno Stato mette in gioco la propria lealtà alle istituzioni di un Paese, ma anche la garanzia di diritti politici e civili, in un contesto capace di promuovere uguaglianza e parità tra tutti i “cittadini”. Essere cittadini significa anche partecipare (attraverso il voto e le altre forme di mobilitazione) alla vita sociale e, sul piano sentimentale ma anche psicosociale, identificarsi.
Secondo Ambrosini, «l’immigrazione “sfida” la cittadinanza»: l’appartenenza – e la coincidenza tra nazionalità e cittadinanza – si costruisce intorno a una lingua, a un percorso formativo, al riconoscimento di simboli comuni (monumenti, inno, bandiera, ecc.) che distinguono cittadini e stranieri. «Questa comprensione della cittadinanza, fondata sulla coincidenza tra nazionalità, cittadinanza e territorio, è però scompaginata dall’immigrazione, soprattutto quando è stabile, nel momento in cui persone straniere, che non rientrano tra i “prossimi” o gli “amici”, si stabiliscono sul territorio nazionale, rompendone visibilmente l’omogeneità. Cittadinanza e territorio non coincidono più e si pone il problema dell’accesso ad alcuni diritti di cittadinanza da parte di questi stranieri residenti, specialmente quando lavorano regolarmente».
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