«È bravo quel ragazzo!»: la consonanza di papa Francesco con Landini e la CGIL
Quanto meno l’iscrizione ad honorem nel più partecipato dei sindacati italiani, la CGIL: questo viene da pensare meriti papa Francesco, che il 19 dicembre ne ha ricevuto una numerosa delegazione guidata dal segretario generale Maurizio Landini. E non stupisce: i problemi del lavoro e la denuncia delle sue storture sono tra i temi più ricorrenti nella predicazione del pontefice. Una consonanza messa in rilievo da una battuta di Francesco al termine del saluto rivoltogli da Landini: «È bravo quel ragazzo!», ha commentato.
Landini aveva detto: «Vogliamo essere un sindacato di strada per affermare i diritti della persona nei luoghi di lavoro e nel territorio. Ci rivolgiamo a lei perché seguendo il suo insegnamento, quello che ha detto e in particolare avendo letto attentamente le sue encicliche Laudato Sì e Fratelli tutti, abbiamo trovato una grande consonanza sui problemi, sulle preoccupazioni che oggi travagliano l`umanità e il mondo». E aveva elogiato il pontefice precisando per «la sua costante ricerca del dialogo tra diversi, l’invito alla fratellanza e del prendersi cura degli altri sono la condizione per realizzare, qui ed ora, quella rivoluzione culturale e quella trasformazione sociale di cui anche noi avvertiamo il bisogno per dare un futuro al nostro pianeta». «Ci convince – aveva aggiunto sottolineando la concordanza con la visione della CGIL - quella idea di ecologia integrale che è una nuova visione economica, sociale ed ambientale che pone al centro la persona, i suoi diritti e l’ambiente respingendo la cultura dello scarto».
Venendo ai problemi del lavoro in Italia, Landini aveva riassunto: «C’è ancora troppo lavoro precario, caporalato, lavoro nero, sfruttamento ed una disoccupazione che cresce per giovani e donne, in particolare nel Mezzogiorno del Paese. Così si calpestano i diritti e la dignità di intere generazioni e la precarietà diventa un eterno presente. Si mortifica la speranza nel futuro perché si impedisce la costruzione di progetti di vita».
Il papa ha innanzitutto affermato che «non c’è sindacato senza lavoratori e non ci sono lavoratori liberi senza sindacato», collegando subito dopo il lavoro alla democrazia, che è un «un tessuto che non si confeziona a tavolino in qualche palazzo, ma con operosità creativa nelle fabbriche, nelle officine, nelle aziende agricole, commerciali, artigianali, nei cantieri, nelle pubbliche amministrazioni, nelle scuole, negli uffici, e così via. Viene “dal basso”, dalla realtà».
«Cari amici, se richiamo questa visione, è perché tra i compiti del sindacato c’è quello di educare al senso del lavoro, promuovendo una fraternità tra i lavoratori. Non può mancare questa preoccupazione formativa. Essa è il sale di un’economia sana, capace di rendere migliore il mondo». Ma «accanto alla formazione – ha voluto precisare, incontrando e insieme sollecitando un forte impegno sindacale – è sempre necessario segnalare le storture del lavoro. La cultura dello scarto si è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici e ha invaso anche il mondo del lavoro. Lo si riscontra ad esempio là dove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere – perché una donna deve guadagnare meno di un uomo? Perché una donna, appena si vede che incomincia a “ingrassare”, la mandano via per non pagare la maternità? –; lo si vede nel precariato giovanile – perché si devono ritardare le scelte di vita a causa di una precarietà cronica? –; o ancora nella cultura dell’esubero; e perché i lavori più usuranti sono ancora così poco tutelati? Troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per un lavoro non dignitoso: i loro volti meritano l’ascolto, meritano l’impegno sindacale».
Le «preoccupazioni» di Francesco
«Vorrei condividere con voi in modo particolare alcune preoccupazioni», ha aggiunto il pontefice che non è voluto rimanere nel generico.
«In primo luogo, la sicurezza dei lavoratori. Il vostro Segretario generale ne ha parlato. Ci sono ancora troppi morti – li vedo sui giornali: tutti i giorni c’è qualcuno –, troppi mutilati e feriti nei luoghi di lavoro! Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per l’intera società. Più che contarli al termine di ogni anno, dovremmo ricordare i loro nomi, perché sono persone e non numeri. Non permettiamo che si mettano sullo stesso piano il profitto e la persona! L’idolatria del denaro tende a calpestare tutto e tutti e non custodisce le differenze. Si tratta di formarsi ad avere a cuore la vita dei dipendenti e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire quegli “incidenti” che sono tragedie per le famiglie e le comunità.
Una seconda preoccupazione è lo sfruttamento delle persone, come se fossero macchine da prestazione. Ci sono forme violente, come il caporalato e la schiavitù dei braccianti in agricoltura o nei cantieri edili e in altri luoghi di lavoro, la costrizione a turni massacranti, il gioco al ribasso nei contratti, il disprezzo della maternità, il conflitto tra lavoro e famiglia. Quante contraddizioni e quante guerre tra poveri si consumano intorno al lavoro! Negli ultimi anni sono aumentati i cosiddetti “lavoratori poveri”: persone che, pur avendo un lavoro, non riescono a mantenere le loro famiglie e a dare speranza per il futuro. Il sindacato – ascoltate bene questo – è chiamato ad essere voce di chi non ha voce. Voi dovete fare rumore per dare voce a chi non ha voce. In particolare, vi raccomando l’attenzione per i giovani, spesso costretti a contratti precari, inadeguati, anche schiavizzanti. Vi ringrazio per ogni iniziativa che favorisce politiche attive del lavoro e tutela la dignità delle persone.
Inoltre, in questi anni di pandemia è cresciuto il numero di coloro che presentano le dimissioni dal lavoro. Giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi, delle forme contrattuali, e preferiscono rassegnare le dimissioni. Si mettono in cerca di altre opportunità. Questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro. Anche in questo caso, il sindacato può fare opera di prevenzione, puntando alla qualità del lavoro e accompagnando le persone verso una ricollocazione più confacente al talento di ciascuno.
Cari amici, vi invito ad essere “sentinelle” del mondo del lavoro, generando alleanze e non contrapposizioni sterili. La gente ha sete di pace, soprattutto in questo momento storico, e il contributo di tutti è fondamentale. Educare alla pace anche nei luoghi di lavoro, spesso segnati da conflitti, può diventare segno di speranza per tutti. Anche per le future generazioni.
Grazie per quello che fate e che farete per i poveri, i migranti, le persone fragili e con disabilità, i disoccupati. Non tralasciate di prendervi cura anche di chi non si iscrive al sindacato perché ha perso la fiducia; e di fare spazio alla responsabilità giovanile».
Il discorso integrale del papa è qui.
*Maurizio Landini di Stefano Gizzi - International Journalism Festival 2013.jpg tratta da Commons Wikimedia.org
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