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Spaventapasseri e manganellate

Spaventapasseri e manganellate

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 10 del 16/03/2024

Hanno fatto il giro delle televisioni e del web le immagini delle immotivate e illegittime manganellate con cui, a Pisa e a Firenze, le Forze dell’ordine hanno violentemente colpito un gruppo di ragazze e ragazzi che manifestavano pacificamente per la fine dei bombardamenti di Israele su Gaza. Racconta Gibran: «Dissi un giorno a uno spaventapasseri: “Devi essere stanco di stare in questo campo solitario". E lui rispose: “la gioia di spaventare è profonda e durevole, e non me ne stanco mai”. “È vero – aggiunsi – anch'io infatti ho conosciuto quella gioia”. E lui a me: “Solo quelli che sono imbottiti di paglia possono conoscerla”. Allora me ne andai, senza comprendere se il suo fosse stato complimento o disprezzo.

Trascorse un anno, e quando mi ritrovai di nuovo a passare di là, vidi che due cornacchie stavano costruendo il nido sopra il suo cappello: la gioia di spaventare è degna di una testa di paglia!».

Senza voler fare di tutta l’erba un fascio, a Pisa e a Firenze quelle Forze dell’ordine hanno mostrato il volto cattivo dello Stato; e il peggio è stato che di fronte avevano non pericolosi e violenti “anarcoinsurrezionalisti”, ma liceali disarmati, ragazze e ragazzi con gli zaini in spalla. Gli stessi che, solitamente esasperiamo, accusandoli di essere scollegati dal mondo reale, rimproverandoli di non avere i valori di una volta, rinfacciandogli di essere schiavi del mondo virtuale, quasi inaccessibile a chi è nato in quello analogico. Mettiamoci nei panni di quei ragazzi; si saranno chiesti confusi: prima ci accusano di isolarci dal mondo reale poi, quando dimostriamo di sapere anche uscire di casa, per incontrarci e confrontarci; e sappiamo usare gli smartphone anche per informarci, organizzarci e manifestare il nostro pensiero, allora ci manganellano per intimorirci e ricacciarci nelle camerette davanti al computer!

Per provare a ricucire la frattura tra Istituzioni e giovani generazioni, che rischiava di allargarsi, è dovuto intervenire il Quirinale, con una insolita nota: «Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento».

Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, raccontava di aver mostrato ai suoi ragazzi una fotografia di un torturato e del suo carnefice e aveva chiesto loro, a bruciapelo, «Per chi sei te di questi due?». «Per questo» avevano risposto i ragazzi indicando il torturato, senza che dalla foto si potesse capire chi era il fascista e chi il partigiano. E don Milani commentava l’episodio dicendo: «Sotto la foto non c’era data. Se fosse di quando ormai le parti erano invertite sceglieremmo, nello stesso modo. Da una parte c’è quelli che hanno il potere, dall’altra c’è quello legato».

Per i ragazzi di Barbiana era chiaro da che parte stare, dalla parte di chi, come loro, “stava sotto”, stava subendo; non si domandavano neanche chi fosse la vittima e per quali ragioni venisse aggredita.

Comprendevano che si trattava comunque di un calpestato nei suoi diritti elementari, che il potere non stava dalla sua parte. Insomma, ci sono dei momenti nella vita in cui le cose ci appaiono di una semplicità estrema, momenti in cui diventa immediato decidere da che parte stare, proprio come dopo aver visto le immagini delle manganellate a Pisa e a Firenze.

Ora, dopo pochi giorni, gli schieramenti politici, che come sempre si sono divisi anche sulle manganellate, hanno altro su cui litigare e dividersi senza risolvere nulla. Intanto è partita un’inchiesta della magistratura, c’è stata una discussione “inutile” in Parlamento, c’è stato il tentativo di incolpare le famiglie incapaci di educare i figli al rispetto delle regole. È tragicamente vero quanto dice lo spaventapasseri di Gibran: «la gioia di spaventare è profonda e durevole, e non me ne stanco mai, solo quelli che sono imbottiti di paglia possono conoscerla». E purtroppo, siamo ancora lontani dal sentirci tranquilli e costruire il nido sul cappello di chi, solo pochi giorni fa, spaventava e manganellava chi non la pensava secondo il pensiero unico!

Eppure questa volta sembrava che dopo l’intervento autorevole e preoccupato del presidente Mattarella il confronto tra le parti avrebbe portato a una discussione chiarificatrice; invece, dopo un silenzio ipocrita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, le sue parole tardive non hanno fatto altro che contribuire a fomentare il caos: prima sembrava avesse attaccato Mattarella, per poi incredibilmente smentire se stessa. È la solita storia: si litiga su tutto per non decidere niente, si impone una sorta di “profilattico” al confronto per non cambiare i comportamenti sbagliati!

Qualcuno ha detto che quando si indica la Luna lo stolto guarda il dito; le discussioni caotiche, i confronti accesi, le liti tra schieramenti partitici diversi, con giornalisti accondiscendenti al seguito, servono a distrarre l’opinione pubblica dai problemi veri e sviare il confronto su argomenti marginali. Invece a Pisa e a Firenze, come in tante altre piazze, i giovani manifestanti volevano ribadire l’assurdità della guerra in Medio Oriente che sta provocando migliaia di morti.

Si può non essere d’accordo con i manifestanti, si può rimproverarli di non ricordare i morti israeliani del 7 ottobre, ma deve essere chiaro che manifestare le proprie opinioni è un diritto che non si può reprimere con la forza; e i ragazzi che organizzano e partecipano a queste manifestazioni sono una grande risorsa per il futuro del nostro Paese, che deve dimostrare loro che le Istituzioni sanno anche individuare chi sbaglia tra le proprie file. Ancora una volta bisogna ricordare alle Forze dell’ordine e ai politici che difendono i manganelli, che disobbedire alle decisioni ingiuste è un dirittodovere dei cittadini. La disobbedienza civile non è un’organizzazione e tantomeno una tecnica, è uno spazio politico dove si possono incontrare e confrontare idee e pratiche di dissenso democratico. Insieme si possono tentare e trovare modi per incamminarsi verso un altro mondo possibile e sempre più necessario, un mondo capace di portare in sé tanti altri mondi. Invece, mentre questi ragazzi tentano di attuare pratiche di disobbedienza, come a Seattle, come a Genova, il «potere vestito d’umana sembianza» (F. de Andrè) come sempre, cerca di impedirlo, anche con la violenza.

Ai ragazzi che, forse, dopo le manganellate si sentono sconfitti, e a quegli agenti delle Forze dell’ordine che pensano di fare un buon servizio al Paese reprimendo con la forza il dissenso, giungano come incoraggiamento e monito le parole di don Primo Mazzolari: «La voce dei miti non è sempre la più mite e, se fanno le barricate, le loro non sono le prime che cadono»!

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino

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