Preoccupati i vescovi USA: Trump potrebbe fare arrestare gli immigrati anche nelle chiese
«Inizieremo la più grande operazione di deportazione nella storia americana, più grande persino di quella del presidente Dwight D. Eisenhower»: parole pronunciate dal presidente USA eletto il 5 novembre scorso, Donald Trump, il 22 dicembre durante una convention di destra a Phoenix, in Arizona, per celebrare la sua recente vittoria, con la promessa (o minaccia) che «il 20 gennaio sarà veramente il Giorno della Liberazione in America».
Non possono che essere allarmati i vescovi nordamericani per l’annuncio di una politica volta a espellere gli 11 milioni di immigrati non autorizzati che attualmente si ritiene risiedano negli Stati Uniti. Proprio in Arizona, il 28 dicembre, 10 leader religiosi, tra cui i vescovi Edward J. Weisenburger di Tucson e John P. Dolan di Phoenix, hanno espresso le loro preoccupazioni in un editoriale pubblicato sull'Arizona Republic il più grande quotidiano dello Stato.
«Siamo particolarmente preoccupati per i metodi di detenzione e deportazione annunciati, che potrebbero includere incursioni nelle chiese, nei luoghi di culto, negli ospedali, nelle scuole e in altri luoghi legati alla soddisfazione dei bisogni umani fondamentali», scrivono. «Troviamo inaccettabile che le persone prive di documenti siano intimidite dall’andare in chiesa e, quindi, dall’esercitare il loro diritto a praticare la religione».
I vescovi si riferiscono alla possibilità che Trump revochi la politica dell'Immigration and Customs Enforcement (2011) degli Stati Uniti – chiamata divieto dei “locali sensibili” – che limita l'arresto di immigrati non autorizzati all'interno o nelle vicinanze dei luoghi di culto, così come negli ospedali, nelle scuole e anche durante o in prossimità di funerali e matrimoni, e risalenti al 2011.
«Mi congratulo con i vescovi dell'Arizona per essersi pronunciati con forza contro una politica di deportazione di massa e per aver evidenziato le potenziali violazioni della dignità umana e della libertà religiosa che ne derivano», ha affermato J. Kevin Appleby, ex direttore delle politiche e degli affari pubblici sull'immigrazione della Conferenza episcopale statunitense dal 1998 al 2016.
A una ferma opposizione chiama anche Dylan Corbett, fondatore e direttore esecutivo dell’Hope Border Institute – che, sulla linea dell’insegnamento sociale della Chiesa, lavora per costruire e approfondire la solidarietà attraverso le zone di confine (in particolare fra Usa e Messico) –. «Come Chiesa cattolica negli Stati Uniti – ha detto – stiamo entrando in un momento morale unico in cui saremo chiamati ad opporci alle politiche di deportazione controproducenti e ingiuste che attaccano indiscriminatamente i nostri fratelli parrocchiani, gli studenti delle nostre scuole cattoliche e coloro che ricevono i nostri servizi Agenzie di beneficenza cattoliche».
*Foto tratta da Pixabay, immagine originale e licenza
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