“Ortensio da Spinetoli. Fede e provvisorietà delle teologie”: incontro a Roma il 26 marzo
In occasione del Centenario della nascita di Ortensio da Spinetoli, l’associazione “Amici di Ortensio” e Comunità di Base organizzano un incontro per ricordarne la figura e l’opera. L’iniziativa, dal titolo “Ortensio da Spinetoli. Fede e provvisorietà delle teologie”, si svolge il 26 marzo 2025 a Roma presso la Basilica dei Santi Apostoli, dalle ore 16 alle ore 18.
All’incontro intervengono Ricardo Peréz Márquez (teologo, fondatore con Alberto Maggi del Centro studi biblici “G. Vannucci”, docente alla Pontificia facoltà Teologica “Marianum”) e Augusto Cavadi (filosofo, fondatore della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” di Palermo).
Scrivono i promotori dell’iniziativa: «Ortensio da Spinetoli era solito concludere le sue lezioni mettendo in guardia gli studenti dal credere che le parole appena ascoltate fossero “le ultime o le definitive risposte. Le più giuste, senz’altro migliori, sono quelle che devono venire. Sappiamo cercare e aspettare fiduciosi” (1).
La sua ricerca appassionata sulla Bibbia e gli scritti che ne scaturiscono sono caratterizzati da un’idea di fondo che lui stesso esprime così: “Il relativismo, la precarietà, la provvisorietà non indicano indifferentismo religioso, nichilismo o ateismo, ma costituiscono l’unico atteggiamento spirituale e culturale legittimo in un mondo diventato pluridimensionale e multietnico, in cui la verità si è fatta più lontana perché la realtà si è fatta più vicina e si rivela agli scienziati, ai filosofi e quindi anche (perché no?) ai teologi più complessa e mobile (evolutiva) di quanto si fosse pensato fino ad ora”. E ancora: “La pretesa che vi sia una sola maniera di rapportarsi con la verità non è più ammissibile dopo la scoperta della provvisorietà della conoscenza umana e della precarietà dei modi di comunicazione, come sostiene la filosofia del linguaggio” (2).
Questa impostazione esplicita la “provvisorietà delle teologie” (3), provvisorietà che in Ortensio è sorretta da una fede profonda quale “atto di coraggio e insieme di umiltà, un riconoscimento del proprio limite di fronte al Tutto, un’accettazione dell’Altro anche se mai incontrato, mai visto, mai ascoltato come si incontra, si vede, si ascolta un compagno di viaggio”. E ancora: “Il conforto, il sostegno, l’aiuto per una scelta di fede viene dalla presenza dei ‘fratelli’. È difficile avanzare da soli nell’oscurità o nel deserto, si può riuscire in compagnia di altri” (4).
Quanto la provvisorietà sembra connotare la ricerca teologica di Ortensio, altrettanto radicale e definitivo appariva il suo ottimismo: occhi sempre sorridenti e parole sempre misurate nella forma, ma rivelatrici di senso.
Ottimismo sotteso alla fiducia negli uomini e nelle donne, i quali, per Ortensio come per Gesù, hanno in loro le capacità per perseguire cammini di miglioramento della società umana (5).
Ottimismo che lo ha spinto nel 2013 a scrivere una lettera a papa Francesco, data la sua propensione al rinnovamento ecclesiale, proponendo “un raduno dei ‘dispersi di Israele’, cioè di quanti nella Chiesa hanno subito incomprensioni, preclusioni, esclusioni, condanne, a motivo non di reati ma delle loro legittime convinzioni teologiche, bibliche o etiche” (6)».
Per ulteriori informazioni sull’incontro è possibile contattare Paolo Gissi (paolo.gissi@gmail.com), Nicoletta Sonino e Giovanni Fava (nsonino@libero.it), Guglielmo Corsalini (gcorsalini@live.it)
(1) Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, 2017, p. 78.
(2) Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, 2017, p. 78.
(3) Ortensio da Spinetoli, Rifondare la Chiesa. Una follia inevitabile, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2021, p. 16.
(4) Ortensio da Spinetoli, Io Credo. Dire una fede adulta, ed. la meridiana, 2012, p. 30 e 31.
(5) Si veda: «La democrazia detta legge da due secoli, i diritti degli individui e dei popoli non sono più vaghe parole. Su questo cammino di libertà e di autentica comunità la Chiesa farà la sua ultima scoperta. Abdicherà al suo reale o apparente potere, alla sua burocrazia, alle sue costruzioni e impostazioni teologiche e acquisterà l’ampiezza e la varietà dei popoli che la compongono. L’“orto chiuso”, il “fons signatus”, sarà il campo aperto agli operai di tutte le ore», in Rifondare la Chiesa. Una follia inevitabile, op. cit., pp. 16-17.
(6) Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, 2017, p. 70.
* Particolare della foto di Leonardo Olivieri, tratta da Wikimedia Commons. Immagine originale e licenza
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