
La Palestina dopo il cessate il fuoco: “creare speranza dalla disperazione”
Tratto da: Adista Documenti n° 4 del 01/02/2025
DOC-3359. ROMA-ADISTA. Tra i 90 detenuti liberati il 19 gennaio nel primo scambio tra Israele e Hamas c’è anche Khalida Jarrar, 61 anni, instancabile attivista per i diritti umani, accademica presso la prestigiosa Università di Birzeit a Ramallah e, nelle elezioni del 2006, deputata del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, l’espressione più laica e di sinistra della politica palestinese. Arrestata più volte in passato, nel 2015, nel 2017 e nel 2019, anche senza alcuna accusa formale, la leader palestinese era nuovamente finita in carcere nel dicembre 2023 con l'accusa di “sostegno al terrorismo” – trattenuta in detenzione amministrativa senza processo –, mentre conduceva ricerche sull'esperienza delle prigioniere presso il Muwatin Institute for Democracy and Human Rights dell'Università di Birzeit. Aveva trascorso gli ultimi sei mesi in isolamento, in una cella di appena 2 metri per 1,5, senza quasi aria, dotata solo di una panca di cemento e di un bagno fatiscente. Il regime israeliano, del resto, è sempre stato feroce nei suoi confronti: nel luglio del 2021 le aveva persino negato il permesso di recarsi al funerale di sua figlia Suha, morta di infarto.
Molto provata dall’ultima detenzione, e quasi irriconoscibile, Khalida Jarrar non ha mai smesso di lottare, come indica questo testo scritto in passato dalla prigione, pubblicato il 20 gennaio scorso da Resumen de Medio Oriente. Lo riportiamo qui di seguito in una nostra traduzione, insieme all’articolo scritto all’indomani dell’accordo tra Israele e Hamas dal giornalista e attivista per i diritti umani di Gaza Mahmoud Mushtaha, convinto che il cessate il fuoco rappresenti «solo una pausa temporanea nella macchina omicida israeliana» (Ctxt, 16/01 e Ihu, 17/01), e insieme all’articolo, apparso sul sito di Ulaia il 9 gennaio (www.ulaia.org), che riporta l’elenco, stilato dalla giornalista australiana-libanese Daizy Gedeon, delle “buone notizie” che l’anno trascorso, malgrado l’enormità del genocidio, ha portato alla causa palestinese.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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