
Jacques Gaillot, un vescovo per il Vangelo. Incontro sul libro di Lorenzo Tommaselli
ROMA-ADISTA. Il libro di Lorenzo Tommaselli Jacques Gaillot. Un vescovo per il Vangelo (Il Pozzo fi Giacobbe, 2024) verrà presentato il prossimo martedì 1 aprile alle 20.45 sul canale Youtube di Noi Siamo Chiesa (https://www.youtube.com/c/NoiSiamoChiesaIT). Dialogano con l'autore Cristina Mattiello e Mauro Castagnaro.
È stato uno dei protagonisti della Chiesa del XX secolo Jacques Gaillot, il vescovo francese morto un anno fa e il cui ministero episcopato è stato segnato dalla vicinanza ai migranti, alle prostitute, ai malati di Aids, a tutti i marginali e i reietti del mondo. Eppure, o forse proprio per questo, Gaillot è tra i grandi testimoni della fede meno ricordati e celebrati, sia dentro che fuori dalle comunità cristiane.
Il libro di Tommaselli - acquistabile amche presso Adista (tel 066868692, email abbonamenti@adista.it) - rende parziale giustizia a questa colpevole rimozione collettiva . Nella sua illuminante introduzione al volume p. Raffaele Nogaro, altro vescovo “scomodo” (che conobbe Gaillot nel 1990), ricorda che la contraddizione fondamentale della figura di Gaillot è quella di essere «un vescovo che non viene riconosciuto come tale dai suoi confratelli»; ma questa circostanza non solo non lo rammaricava, ma lo faceva sentire libero «di esprimere ovunque e comunque la sua missionarietà». Insomma, proprio il fatto che l’istituzione avesse deciso di depotenziare l’autorità ministeriale di Gaillot, fino a limitarne l’esercizio all’interno di una diocesi “fantasma” come fu quella di Partenia (a lui assegnata dopo la cacciata da Évreux), rese il vescovo francese capace di aderire in maniera piena e libera al Vangelo. Nogaro aggiunge anzi che Gaillot resta tuttora «segno di contraddizione per tutti coloro che sono interiormente intorpiditi».
Certo, papa Francesco incontrò Gaillot nel settembre del 2015, lo ricevette in udienza e lo incoraggiò a proseguire il suo impegno a favore dei migranti. Ma non gli restituì una diocesi, né gli conferì alcun incarico. L’istituzione se ammette (talvolta e quasi sempre in modo indiretto) i propri errori, difficilmente è in grado di autoriformarsi. Nogaro spiega del resto che «non ha senso riformare le strutture perché “Deus non habitat in manufactis” (At 7,48) e anche “le teologie” sono manufatti dell’uomo». Quello che è veramente indispensabile, come Gaillot comprese benissimo, è «ritornare al Vangelo»: «La Chiesa verrà riformata non quando i sacerdoti e i leviti si metteranno lungo la via “per soccorrere i mezzi morti della strada” perché questo non avverrà mai. Ma solo quando “i nuovi samaritani, le donne e gli operai del Vangelo” interverranno solerti a svolgere questo servizio».
Ed è in questa veste che il vescovo francese appare nella ricostruzione che ne fa il libro di Tommaselli, che ne ripercorre rapidamente tutte le tappe di vita. La nascita e gli studi, i primi passi come presbitero, l’elezione episcopale (1982), fino al primo evento che lo porta alla ribalta nazionale: il dibattito sulla dichiarazione dei vescovi francesi “Gagner la paix” del 1983 e in particolare sul nucleare militare che il documento di fatto finisce per legittimare («per dissuadere gli aggressori»). Gaillot e altri 7 vescovi disapprovano il documento.
Sono anni di prese di posizioni pubbliche, su temi spinosi come il celibato ecclesiastico obbligatorio, la contraccezione, la comunione ai divorziati risposati, tutela dei diritti dei migranti, lotta per la giustizia sociale, il disarmo, la lotta al nucleare (i test condotti dal governo a Mururoa, Polinesia francese, nel 1994) e la pace.
La misura si colma rapidamente e Gaillot viene più volte ammonito dai vertici della Chiesa francese. Anche Giovanni Paolo II nel gennaio 1992, durante una visita ad limina, gli suggerisce di “cantare in choro e non extra chorum”, consiglio che sarà poi presentato a mons. Gaillot come un severo avvertimento da parte del papa.
Si arriva così agli inizi del 1995, quando il 12 gennaio, mons. Gaillot viene convocato a Roma dal card. Bernardin Gantin, assistito da mons. Jorge María Mejía, segretario della Congregazione, e da mons. Jean-Louis Tauran segretario della Segreteria di Stato per le relazioni con gli Stati, entrambi futuri cardinali. Non è un incontro per dialogare, né per potersi spiegare. Gli vengono elencate le rimostranze sul suo operato e comunicata la decisione del Vaticano: o dimissioni o rimozione dalla sede di Évreux. Non si dimise e gli venne assegnata la diocesi di Partenia, situata sugli altopiani di Sétif, in Algeria, ma scomparsa dai territori amministrati dalla Chiesa sin dal V secolo. Lasciato il vescovado di Evreux, Gaillot sceglie dapprima di abitare per un anno nella celebre casa occupata di rue du Dragon a Parigi, in mezzo alle famiglie degli irregolari. Partecipò anche, nel 1996, all’occupazione dei 300 immigrati irregolari della chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, nel 18° arrondissement.
Poi, negli anni successivi realizza un interessante esperimento: riuscire attraverso un mezzo, internet, ancora pionieristico, a rivolgersi a una comunità di fedeli potenzialmente enorme. Perché Partenia, diocesi senza un territorio pastorale, diveniva una diocesi che abbracciava tutti e che era dappertutto, specie tra gli esclusi.
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