Nessun articolo nel carrello

LA CRISI DI GOVERNO, UNA LEZIONE

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 10/03/2007

Lo scampato pericolo della caduta del governo non autorizza ad archiviare la crisi seguita al voto del 21 febbraio senza trarne una lezione. Lo stesso Prodi ha affermato "che è una crisi politica e dunque il governo e la maggioranza ne devono trarre fino in fondo l'insegnamento di metodo e di merito. Questa crisi si colloca nella transizione istituzionale incompiuta avviata nel Paese negli anni '90".

Una seria riflessione sull'evento scatenante impone di andare oltre la sua presentazione mediatica che l'ha ridotto ad un conflitto interno alla maggioranza provocato dalle sue frange estreme accecate da un antiamericanismo viscerale, occultando la complessità della crisi. La contraddizione è reale: la maggioranza è divisa sul rapporto del nostro Paese con la politica bellicistica degli Usa. È però esplosa, o è stata fatta strumentalmente esplodere, nel contesto ben più complesso caratterizzato dal conclamato "ritorno" delle Br, dal successo della manifestazione di Vicenza, dallo "strappo" sui DiCo e dalla fase precongressuale dei Ds centrata sulla nascita del Partito Democratico.

In questo contesto va letta la dichiarazione di Massimo D'Alema rilasciata subito dopo Vicenza: se la sua relazione non fosse stata approvata si sarebbe andati tutti a casa. Tutti e non lui personalmente: quasi un anomalo voto di fiducia sul governo.

Nel suo discorso ha marcato la discontinuità con la politica di Berlusconi, chiudendo con ciò ad ogni convergenza con la destra, senza però aprire esplicitamente alla domanda di forti segni di discontinuità presente nella maggioranza ed emersa a Vicenza. La sua "equilibrata equidistanza" ha fatto del suo discorso una sfida sia alla destra, sia alla sinistra. Un rischio calcolato? I fatti hanno dimostrato che non era stato ben calcolato. Non ha scalfito la compattezza della destra, né parato i prevedibili colpi di testa di qualche "irriducibile" dell'e-strema sinistra. La sfida è stata raccolta, sia a destra che a sinistra.

E' stato "tradito" dai voti contrari di Andreotti, sensibile al desiderio di Ruini di far pagare a Prodi la tregua con Bertone, e di Pininfarina, aggiunti a quelli annunciati di Cossiga e De Gregorio, e dalla "nota" assenza di Scalfaro.

Sui due autolesionisti di sinistra incapaci, anche loro, di calcolare il danno arrecato ai loro partiti che avevano appena colto il successo di una Vicenza senza violenze, si è scatenata una campagna mediatica di demonizzzaione. Su di essa si è innestata la successiva dichiarazione di D'Alema: 'Abbiamo bisogno del Partito Democratico, perché una certa sinistra non va bene, non serve al Paese', da cui emerge che la "certa" sinistra non è solo quella esterna ai Ds, ma anche quella interna che ostacola la formazione del Partito Democratico.

È legittimo domandarsi: perché D'Alema e i suoi hanno corso questo rischio? E perché, se si è trattato di un "incidente non provocato", non si è chiesto subito un voto di fiducia esplicito senza aprire la crisi con le dimissioni del governo, non necessarie per obbligo costituzionale?

Aiuta a trovare la risposta un sommario esame degli esiti dell'intera vicenda. Al di là delle apparenze il ruolo di Prodi ne è uscito ridimensionato, mentre ne esce rafforzato quello di D'Alema presentato dai media amici il vero uomo forte capace di affrontare e ridimensionare quella sinistra estrema, su cui Prodi ha fin qui fondato la sua forza contrattuale, e idoneo ad interloquire con la destra "moderata".

All'interno dei Ds aumentano le difficoltà per Mussi e Salvi nell'oppo-sizione alla rinnovata alleanza fra D'Alema e Veltroni impegnati a promuovere, nel dibattito sulla natura del Partito Democratico, il disegno di revisione costituzionale fondato sul maggioritario e sul premierato.

Sono esplose anche le contraddizioni interne ai partiti "estremi" costretti a schierarsi in difesa di Prodi proprio mentre con il dodecalogo propone un arretramento del programma di governo ed è stato costretto a mendicare in Senato un voto che Napolitano ha preteso "politico" sulla base di un'inedita e incostituzionale distinzione fra voto politico e voto numerico.

Sembra impossibile negare che il disegno del Grande Centro abbia fatto un passo avanti con la benedizione del Capo dello Stato e l'avallo dei poteri forti. La loro convergenza è emersa allo scoperto nel voto di Andreotti, Cossiga, Pininfarina espresso per conto delle centrali ecclesiastiche, politiche ed economiche vere protagoniste della sceneggiata del 21 febbraio a conferma che la nostra è una Repubblica a sovranità limitata.

Contro questo disegno e le forze che lo sostengono, se sono ingiustificate le obiezioni di coscienza individuali in nome di un radicalismo esemplare ma inefficace, non valgono le furberie delle oligarchie dei partiti di sinistra che giustificano le "doverose" scelte imposte dalla logica governativa invocando una contraddizione fra radicalismo e assunzione di responsabilità.

In verità la confusione nasce quando non c'è distinzione nei ruoli tra partiti e movimento. I primi non devono pretendere di esaurire la rappresentanza del secondo, né il secondo deve appiattirsi sulle esigenze tattiche dei primi.

Gruppi, movimenti, associazioni, riviste, fogli sono sufficienti per esprimere le diverse anime della società impegnate a costruire uguaglianza e promuovere diritti contestando o contrattando con le istituzioni. Al loro interno i cristiani farebbero bene ad associare nelle loro rivendicazioni pace e laicità delle istituzioni!

I partiti non possono ripeterne la radicalità perché a livello istituzionale sono necessarie mediazioni e quindi non devono pretendere di egemonizzare o peggio strumentalizzare le istanze di chi quell'assetto radicalmente contesta. Le loro piccole oligarchie devono piuttosto seriamente impegnarsi nella riduzione della frantumazione partitica che le rende deboli e ricattabili costringendole a ritagliarsi uno spazio fra le corporazioni e le lobby che, non mettendo in discussione l'assetto paraistituzionale tutelato dal Vaticano e dagli Usa, sono ammesse a gestire l'ordinaria amministrazione.

In un regime a sovranità limitata, in cui la selezione della classe dirigente avviene sulla base della "fedeltà atlantica" e dell'intangibilità del regime concordatario, per promuovere democrazia bisogna avere forza per non ridurre le mediazioni a compromessi, autorevolezza per essere credibili nella selezione degli obiettivi e fermezza nel pretendere rispetto della legalità costituzionale non solo quando i cittadini scendono in piazza: ai poteri forti va contrapposta una forza politica unitaria che favorisca l'autonomia delle spinte sociali senza pretendere di esaurirne la rappresentanza magari cooptandone qualche esponente in vena di protagonismo mediatico.

* delle Comunità Cristiane di Base

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.