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Preparano una nuova colata di cemento

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009

Forse non siamo ai grandi j’accuse lanciati da Antonio Cederna negli anni ’50-’60 contro la furia conquistatrice del territorio italiano, ma le voci che si alzano a difesa del nostro paesaggio ci sono anche oggi. “In un’Italia fatta di città il problema si chiama cemento. Perché il cemento è il punto di incrocio fra procedure amministrative locali, politica sul territorio e affari”, scrive sulla Repubblica del 9 dicembre Edmondo Berselli. E aggiunge: “il ruolo del ceto politico risulta decisivo nell’orientare futuri flussi di profitto”.

Il cemento, che in Italia solo negli ultimi 15 anni ha coperto una superficie pari a quella del Lazio e dell’Abruzzo messi insieme, e che ha visto fiorire e prosperare ricchezze favolose.

Non è una novità, dice Vezio De Lucia architetto e urbanista, ex direttore generale del ministero dei lavori pubblici. Ora, però, dice dalle pagine dell’Unità, “la situazione si è aggravata da quando si è consolidata l’urbanistica contrattata. Può darsi benissimo che l’urbanistica contrattata non sia corruzione, certo è una sua parente stretta Perché affida le scelte sull’uso del territorio – che dovrebbe essere un primario interesse collettivo – agli interessi della proprietà fondiaria. Sarebbe uno scandalo, ma sta per diventare legge della repubblica: alla Camera è tornata in discussione – senza gran scandalo – la famigerata legge Lupi, che prevede esplicitamente che gli atti «autoritativi» della pubblica amministrazione siano sostituiti dagli atti «negoziali». Il ché significa rendere obbligatoria la contrattazione. Il governo del territorio, il suo sviluppo, non sarà dunque guidato dai bisogni e dall’interesse pubblico, ma dall’interesse fondiario».

Contro questo abuso scellerato della risorsa – evidentemente limitata – del territorio si sta muovendo un gruppo di urbanisti e architetti fra i quali Edoardo Salzano che – sul suo bel sito web eddyburg.it – scrive: “in moltissime città, e non solo europee – il “diritto alla città” come obiettivo, e “come bene comune” come risposta, stanno acquistando un rilievo sempre maggiore, e forse anche la capacità di costituire la base di una strategia comune e di una pratica di resistenza alle distruzioni, segregazioni, diseguaglianze, privatizzazioni che caratterizzano, ovunque nel mondo, la prospettiva della città del neoliberalismo”. Per questo è nato un primo gruppo di urbanisti e architetti che dal basso provano a costruire un movimento per dire “Stop al cemento”. Lanciano un appello, semplice ma essenziale (vedi box). E si riuniscono a Cassinetta di Lugagnano (MI), il 24 gennaio in un incontro pubblico.

Un tentativo di replica al pessimismo di De Lucia, che alla domanda se sia scomparsa la questione morale, risponde: «A volte mi sembra residuale, di nicchia. È scomparso Antonio Cederna, che veniva definito sprezzantemente “l’indignato speciale”. Ma quando scriveva non era solo: i suoi articoli avevano eco fin nelle borgate, c’era un sentimento diffuso, a volte organizzato, la sua indignazione veniva raccolta dalle associazioni ambientaliste. Ora anche l’indignazione è confinata in circoli sempre più ristretti».

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