La coerenza
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009
“Nella chiesa ci siamo, ma emarginati e sospetti; torneremo ad esserci con la pienezza dei nostri titoli e ministeri quando nella chiesa non ci si chiederà più l’amputazione delle nostre scelte politiche”. A questa sorta di patto Giovanni Franzoni è restato fedele. Ha raggiunto gli 80 anni (è nato a Varna, in Bulgaria, nel 1928) e da 34 è ai margini della chiesa, fedele al cammino che ha intrapreso, suo malgrado, quando è stato costretto a dimettersi da abate del monastero di San Paolo e quando successivamente la chiesa lo ha sospeso a divinis e poi ridotto allo stato laicale. Le sue colpe maggiori, nel corso degli anni ’70, furono dapprima la pubblicazione della lettera pastorale “La terra è di Dio”, con cui attaccava le compromissioni delle istituzioni ecclesiastiche romane con la speculazione edilizia, poi la posizione a favore della libertà di coscienza in occasione del referendum sul divorzio, e infine la dichiarazione di voto per il Pci alle elezioni del 1976. Ma c’erano state anche colpe minori, il sostegno alle lotte operaie del ’69, l’avversione alla guerra nel Vietnam in quegli stessi anni.
È stata forse faticosa ma coerente la strada che Franzoni ha percorso in questi 30 e più anni, con il sostegno mai venuto meno della comunità di base di San Paolo, riunita non più in basilica ma in un locale di via Ostiense, e mantenendo sempre l’attività giornalistica nell’ambito della rivista Com-Nuovi Tempi, poi Confronti. Li ha molto amati, davvero, Franzoni gli emarginati. Ha convissuto a lungo con due giovani affetti da disturbi mentali. Ha sempre portato avanti una lettura della bibbia, con l’attenzione a cogliere tutti gli aspetti che riguardano le persone scartate, il ruolo che esse giocano nella rivelazione del progetto di Dio, la condotta di Gesù nei loro confronti. Di recente è andato a trovare l’attuale abate di San Paolo e ha chiesto che gli dessero l’anello che papa Montini gli aveva donato e che lui aveva lasciato nell’Abbazia… E ora lo ha rivoluto per metterlo all’asta e con il ricavato aiutare la popolazione palestinese di Gaza. Nella chiesa, dunque, Franzoni ci è restato, emarginato e forse ancora “sospetto”. E attende di esservi riconosciuto, come disse 34 anni fa, con la pienezza dei suoi titoli e ministeri, ma non più amputato delle sue scelte.
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