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Sono convinta: è la carità che cambia il mondo

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009

Parole di reciproca sfiducia, incomprensione o addirittura aggressività, ci assalgono dagli schermi televisivi, dalle pagine di un quotidiano, in una riunione a scuola, in un’assemblea di condominio, in una discussione familiare, in un contesto di lavoro.

Sembra che ci si debba sempre schierare gli uni contro gli altri, che non si possa cercare di capire, magari insieme, problemi e situazioni sempre più difficili da risolvere.

Ci comportiamo come se il mondo che ci circonda fosse semplice, e fosse facile determinare le ragioni e i torti, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Come se i problemi non fossero dolorosamente complessi, con tante risposte nuove da cercare, e con tanta incertezza.

Manca troppo spesso la voglia di capire le ragioni dell’altro.

Mi chiedo: perché se disapprovo e condanno quello che gli israeliani stanno facendo ai civili palestinesi non posso anche disapprovare e condannare quello che Hamas fa agli israeliani e al suo stesso popolo tenendolo in ostaggio?

Se penso che Eluana debba seguitare a vivere devo anche necessariamente stigmatizzare suo padre, rifiutando di vedere il dolore e l’amore che ci sono nella sua battaglia? O se invece penso che il padre di Eluana abbia ragione a non voler prolungare la sofferenza della figlia devo anche necessariamente considerare retrogradi e insensibili coloro che ritengono che in quella vita ci possa essere ancora umanità e grandezza?

Il nostro mondo risuona di parole di condanna, di biasimo, di rimprovero. Di disprezzo e di negazione di qualunque ragione e dignità a coloro che vedono le cose in maniera diversa.

A volte siamo addirittura noi che ci diciamo cristiani a creare dolorosi momenti di divisione e di severo giudizio.  A pronunciare parole di dura condanna che non ammettono giustificazioni o ripensamenti.

Vorrei invece che dicessimo parole di verità, ma anche di misericordia; profetiche, ma anche piene d’amore, di comprensione, di vicinanza, di simpatia. Di condivisione, di aiuto, di rispetto, di riconoscimento.

Vorrei saperle dire e vorrei ascoltarle.

La saggezza dei nostri progenitori identificava il male con il “diavolo”, ovvero con “colui che divide”. E certamente la divisione è quella che vediamo più spesso prendere piede nel mondo e far precipitare gli eventi.

Credo che spetti a tutti combatterla, ma specialmente a noi cristiani, ricreando unità, rispetto e fiducia reciproca. Sanando ferite. Aiutando dialoghi interrotti a ricominciare; lontananze a diminuire; conflitti ad appianarsi. E credo che tocchi proprio a noi, cristiani comuni, farlo. Non dobbiamo attendere. Qui davvero si tratta di schierarsi o con il bene o con il male. Qui davvero non ci sono territori intermedi o terre di nessuno. Sta a noi, come diceva mio papà Aldo Moro, far pendere la bilancia dalla parte del bene.

Quale può essere lo strumento con il quale fare cose così difficili?

Io punterei su quello, apparentemente debole, della carità.

Scrive San Paolo:

 

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,

ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona

o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta

la scienza, e possedessi la pienezza della fede cosìda trasportare

le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo

per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa

la carità, non si vanta, non si gonfia,

non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira,

non tiene conto del male ricevuto,

non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.

Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.”

(I Corinzi 13,1-7)

 

Sono convinta che è la carità che cambia ilmondo.

Quando incontriamo qualcuno che vive nella carità lo ascoltiamo, lo rispettiamo, lo ricordiamo. Cerchiamo di fare almeno un poco come lui e ci sentiamo contagiati dalla sua umiltà e dal suo calore. Sentiamo che guarda il mondo con amore e gli uomini con fiducia. Nello stesso modo con cui li ha guardati Gesù, cambiandoli per sempre.

(agmoro@fastwebnet.it)

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