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E ora il Venezuela diventa «una minaccia alla sicurezza Usa». Allarme in America latina

Tratto da: Adista Notizie n° 11 del 21/03/2015

38050 CARACAS-ADISTA. Se gli Stati Uniti non avessero già abituato i popoli del mondo a ogni possibile azione imperialista, l’“ordine esecutivo” emesso dal presidente Obama contro il Venezuela, lo scorso 9 marzo, lascerebbe esterrefatti: «Io, Barack Obama, (…) considero che la situazione in Venezuela (…) costituisce una minaccia straordinaria e inusuale alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti (…). Per questo dichiaro l’emergenza nazionale per affrontare tale minaccia». Chi potrebbe mai credere, infatti, che il Venezuela rappresenti una minaccia alla sicurezza statunitense? Con il nuovo “ordine esecutivo” di Obama – una misura già adottata in passato contro Cuba (1963), Iran (1979), Nicaragua (1985), Iraq (1990 e 2003), ex Yugoslavia (1991 e 1998) – diventa al contrario sempre più serio il pericolo che gli Usa rappresentano per la rivoluzione bolivariana. Dopo aver benedetto, sostenuto, finanziato e promosso ogni iniziativa diretta a rovesciare i governi prima di Hugo Chávez e ora di Nicolás Maduro, dal golpe dell’11 aprile del 2002 fino all’ultimo tentativo sventato a febbraio (v. Adista Notizie n. 9/15), ora il presidente Usa – a cui nel 2009 è stato assegnato nientedimeno che il Nobel per la Pace – alza infatti ulteriormente il tiro, ventilando l’ipotesi di assumersi direttamente il compito di spazzare via il governo bolivariano che l’inetta opposizione venezuelana è evidentemente incapace di portare a termine. E intanto imponendo sanzioni contro sette alti ufficiali del governo (vietando loro l’ingresso negli Stati Uniti e congelandone i beni detenuti negli Usa), uno dei quali, il generale Gustavo González López, è stato subito nominato da Maduro come ministro dell’Interno, della Giustizia e della Pace. Una reazione che fa seguito all’introduzione dell’obbligo di visto per i cittadini statunitensi e all’imposizione del pagamento della stessa cifra richiesta ai venezuelani per recarsi negli Usa. 

rande allarme ha suscitato in tutta l’America Latina la mossa di Obama – «figura decorativa» al servizio del «complesso militare-industriale-finanziario», l’ha definito il sociologo Atilio Boron – diretta a «creare le condizioni che giustifichino un’aggressione militare contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela»: quando un Paese come gli Stati Uniti, con il suo sterminato curriculum di violazioni della legalità internazionale, avanza una minaccia come quella contro il Venezuela, afferma Boron (Rebelión, 10/3), «bisogna prenderla molto sul serio». E gli fa eco, tra innumerevoli altri, il direttore di Resumen Latinoamericano Carlos Aznárez, secondo cui «questa volta il servo obbediente delle diverse lobby che compongono il governo nordamericano ha lanciato un avvertimento gravissimo contro il processo rivoluzionario del Venezuela»: non c’è bisogno di grande fantasia – dall’Iraq all’Afhanistan, dalla Libia alla Siria, per finire ora all’Ucraina, gli esempi non mancano di certo – per leggere tra le righe che «in funzione del “pericolo chavista” potrebbe realizzarsi un attacco su grande scala contro quelli che gli Usa considerano “pericolosi nemici”». E dunque, conclude Aznárez (Telesur, 9/3), «se Obama dice che la Rivoluzione che rivendichiamo tutti noi latinoamericani è una “minaccia”, non possiamo starcene a braccia conserte»: occorre, al contrario, prepararsi ad «esigere dai nostri governi la rottura immediata delle relazioni con gli Stati Uniti», pronti a difendere con le unghie e con i denti «ciascuna delle nostre aggredite sovranità».  

Di un clamoroso autogol parla invece il sociologo e scrittore panamense Nils Castro, secondo cui l’iniziativa della Casa Bianca, esplicitando il ruolo degli Stati Uniti nella crisi venezuelana, non solo mina la credibilità degli oppositori al governo Maduro, ma ripropone il peggiore volto degli Stati Uniti proprio alla vigilia del prossimo Vertice delle Americhe, in programma il 10 e 11 aprile a Panama, dove la normalizzazione delle relazioni con Cuba – questione su cui era quasi naufragato il precedente Vertice del 2012 in Colombia – avrebbe potuto offrire «una notevole opportunità di riavvicinamento alla regione latinoamericana» (Alai, 10/3). E tutto questo a sei anni dalla promessa di Obama, al V Vertice delle Americhe a Trinidad y Tobago, nel 2009, rispetto all’apertura di una nuova fase nei rapporti con l’America Latina, con l’invito ai suoi colleghi a lasciarsi alle spalle il passato, ossia la storia infinita di intromissioni, tentativi di destabilizzazione, colpi di Stato, violazioni di diritti umani made in Usa (v. Adista n. 46/09). Di certo, l’annuncio da parte del presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, di una riunione urgente dei capi di Stato dell’Unasur sulle sanzioni applicate al Venezuela non è di certo un buon segnale per la Casa Bianca: «Daremo una risposta adeguata – ha garantito Correa – a questa grottesca, illegale, spudorata, inaudita, ingiustificata ingerenza degli Stati Uniti». 

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