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A 100 anni dalla “Grande guerra”, un libro racconta la “grande menzogna”

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 23/05/2015

38132 ROMA-ADISTA. Come se ci fosse qualcosa da celebrare, da Trapani lo scorso 11 maggio è partita una staffetta commemorativa dei 100 anni dall’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, intitolata “L’Esercito marciava” che, percorrendo tutto il territorio nazionale sui passi di chi fu chiamato a combattere sulla frontiera orientale, raggiungerà Trieste il 24 maggio. La staffetta si svolge 24 ore su 24 e la corrono oltre 600 militari dell’Esercito Italiano, ognuno portando una bandiera tricolore.

È questa una delle tante modalità con cui l’Esercito, il Ministero della Difesa, il governo italiano intendono commemorare la partecipazione italiana alla Prima Guerra Mondiale che prese avvio il 24 maggio 1915. Un evento che produsse – solo per la parte italiana – un numero ancora imprecisato di morti (non c’è infatti un conteggio definitivo delle vittime) vicino comunque a 650mila, oltre che circa un milione tra feriti, mutilati e invalidi. 

Nonostante l’enorme portata che quella immane strage ebbe dal punto di vista delle perdite umane, delle ripercussioni economiche, sociali e culturali (il trauma che quell’evento produsse nell’immaginario collettivo restò vivido – e niente affatto elaborato – per molti decenni), è ancora in piedi, come lo è stata nel corso di questi 100 anni, una macchina ideologico-propagandistica che se non è più in grado di presentare in maniera credibile il volto “buono” della guerra, certamente riesce ancora ad occultarne gli aspetti più inumani; ponendo l’accento sul presunto spirito nazionale conquistato o riconquistato o sull’unità nazionale “finalmente” realizzata (ma certo non la pensano così i circa 300mila tedeschi che attualmente vivono nella provincia di Bolzano, “annessa” all’Italia nel 1919 senza che il territorio dove abitavano avesse mai avuto alcun elemento di “italianità”).

Un antidoto prezioso contro questo clima imperante di revisionismo e riduzionismo storico è il libro, appena pubblicato, scritto da due redattori di Adista Valerio Gigante e Luca Kocci, assieme allo storico Sergio Tanzarella, specializzato in Storia del Cristianesimo ma da sempre interessato alle vicende legate alla Grande Guerra. 

L’originalità e l’unicità del testo (La grande menzogna. Tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla Prima Guerra Mondiale, Dissensi editore, pp. 170, euro 13,90; il libro è acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, scrivendo ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito www.adista.it) non risiede tanto nei contenuti, quanto nella scelta di realizzare una serie di agili ma documentati saggi che cercano di indagare questioni certamente conosciute a cultori, specialisti e studiosi di storia contemporanea, ma ignote al grande pubblico. Fatti importantissimi da indagare per restituire alla guerra il suo volto più vero. E più brutale. Nel libro, scritto in un linguaggio non specialistico, ma attento a dare costanti riferimenti storici e bibliografici, si parla dell’uso massiccio di gas come l’iprite, delle mazze ferrate utilizzate dai fanti per finire i nemici agonizzanti, specie dopo un attacco chimico; della prostituzione capillarmente organizzata dallo Stato Maggiore dell’Esercito come gestione del "tempo libero" dei soldati ed il conseguente brutale uso delle donne e dei loro corpi istituzionalmente attuato; i casi di patologie mentali diffusi nelle trincee, l'uso sistematico della repressione attuato dagli alti comandi per impedire il diffondersi di ogni tipo di dissenso, prima ancora che di ribellione, alla guerra di trincea; il ruolo dei cappellani militari che benedivano le truppe lanciate all’assalto del nemico e intonavano Te Deum di ringraziamento per le stragi di “nemici”, o della funzione svolta da personalità come p. Agostino Gemelli, medico e psicologo, che collaborò con lo Stato Maggiore nell’attuare strategie che mantenessero ad ogni costo la disciplina tra i soldati; la funzione propagandistica dei sacrari militari e dei "parchi della rimembranza", le motivazioni economiche e la pressione dei gruppi industriali per indurre l'Italia ad entrare in guerra, il ruolo degli intellettuali, ecc... Ma anche il cinema e le canzoni contro la guerra, così come quelle forme di protesta che evidenziavano già durante la guerra – nelle suppliche al re come nelle lettere dei soldati al fronte – la progressiva presa di coscienza dei reali interessi per i quali quella guerra si combatteva. 

«Leggere gli scritti di Gemelli di quegli anni – scrivono gli autori nell’introduzione –, le sentenze dei plotoni di esecuzione, le lettere dei soldati scampate alla censura, le lettere anonime indirizzate al re “soldato” Vittorio Emanuele e i canti di protesta potrebbe servire a rendere questo anniversario occasione di costruzione di una memoria nazionale fondata non sull’ipocrisia, la mistificazione, la baggianata del tricolore elemento di coesione nazionale, ma sul riconoscimento che 5 milioni di italiani furono sottoposti ad una prova inutile, onerosissima e per molti di loro mortale».

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