
L’impero del capitale. Il lavoro e la natura sotto il dominio delle transnazionali
Tratto da: Adista Documenti n° 39 del 12/11/2016
DOC-2821. ROMA-ADISTA. Quanto sia profondo il deficit di democrazia nell'attuale fase mondiale, dominata da un sempre più netto e violento predominio del capitale sul lavoro e sulla natura, lo si coglie bene in America Latina, dove i lavoratori e le loro organizzazioni, così come gli ecosistemi e i loro difensori, si trovano sempre più messi all'angolo da imprese transnazionali a cui i nuovi governi neoliberisti, che siano nati da un golpe come in Brasile o dalle urne come in Argentina, aprono ormai tutte le porte dei loro territori. È a questo desolante quadro che rivolge la sua attenzione il numero di settembre della rivista Alai-America Latina en movimiento, centrato sul tema “Il potere transnazionale e i nuovi Trattati di libero commercio”, mostrando come le proposte di chiaro e feroce segno neoliberista portate avanti dal governo Temer in Brasile e dal governo Macri in Argentina richiedano necessariamente, come sottolinea il direttore di Alai Osvaldo León nell'articolo introduttivo, «democrazie di eccezione», non importa se attraverso colpi di Stato o «sotterfugi legislativi o giudiziari», per «poter intaccare, quando non annullare, diritti e conquiste sociali ed economiche» e di conseguenza riformulare il ruolo dello Stato.
Essendo, tra l'altro, il Brasile e l'Argentina le due principali potenze della regione, decisive per la riattivazione del Mercosur e dell’Unasur (Unione delle Nazioni Sudamericane), l’avvento nei due Paesi di governi neoliberisti annuncia anche l’abbandono dei progetti di integrazione latinoamericana, in direzione di una futura adesione al Partenariato Trans-Pacifico (TTP), la controparte sul Pacifico del “nostro” Ttip, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti negoziato da Stati Uniti e Unione Europea e aspramente combattuto dai movimenti sociali di tutta l'Europa. E, proprio come avviene per il TTIP, i cui negoziati tuttavia appaiono sempre più in salita, anche con il TTP - attualmente in corso di ratifica da parte dei Parlamenti dei 50 Paesi che l'hanno sottoscritto il 4 febbraio scorso - le grandi imprese si prefiggono di «consolidare e blindare il proprio potere nei più diversi campi, cercando di omogeneizzare al ribasso le norme ambientali, finanziarie, sociali, sanitarie e del lavoro».
Ma è in realtà soprattutto al TISA, l'Accordo sul commercio dei servizi di cui ancora troppo poco si parla, che guardano le transnazionali, decise a spingere avanti quanto più possibile il processo di deregolamentazione dell'economia internazionale. Negoziato - naturalmente nella massima segretezza - a partire dal marzo del 2013, l'Accordo investe, secondo quanto è trapelato, una vasta gamma di settori, dai servizi finanziari alle telecomunicazioni, dal trasporto marittimo a quello aereo, dall'energia agli acquisti del settore pubblico, puntando a un grado estremo di liberalizzazione di ogni tipo di servizi, tutti destinati, come sottolinea l'economista messicano Jaime Estay, a perdere la loro funzione sociale per diventare nient'altro che merci acquistabili secondo le regole del mercato e, soprattutto, delle transnazionali. Cosicché, con l'insieme di questi accordi, conclude Estay, si mira a compromettere «tanto la capacità degli Stati di regolamentare le loro economie quanto gli standard sociali e ambientali, a favore di una piena deregolamentazione dei mercati, del rafforzamento del potere delle grandi imprese e della crescente mercificazione dell'insieme della vita economica e sociale, limitando al massimo i margini di manovra dei governi e concedendo diritti inimmaginabili agli investitori». Ed è esattamente ciò che mostra l'articolo di un'altra economista messicana, M. Teresa Gutiérrez Haces, di cui qui vi proponiamo ampi stralci in una nostra traduzione dallo spagnolo, insieme all'articolo della sociologa Monica Bruckmann sulla finanziarizzazione della natura e sulle sue conseguenze geopolitiche.
* Immagine di Gunnar Ries Amphibol, tratta da Wikimedia Commons. Immagine originale e licenza.
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