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Buthaina

Buthaina

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 35 del 14/10/2017

Buthaina ha cinque anni ed è sola, a Sana’a, nello Yemen. L’hanno estratta viva dalle macerie della sua casa, distrutta da un bombardamento aereo che le ha ucciso genitori, fratello, sorelle. L’hanno fotografata nel suo letto d’ospedale. Il volto tumefatto e gli occhi chiusi per le palpebre gonfie, Buthaina con le dita si è aperta un occhio, il destro, per vedere chi le parlava. L’immagine è diventata “virale” in Internet, ma non nei principali media americani. Perché Buthaina è una vittima sbagliata. Il caccia-bombardiere, infatti, è dei nostri amici sauditi.

A quanto pare, fonti governative saudite hanno ammesso che si è trattato di un errore e detto che apriranno un’inchiesta. Possiamo sperare. L’Arabia Saudita, infatti, siede nel Consiglio per i diritti umani presso l’ONU ed è di questi giorni la notizia che pure là, prima o poi, persino le donne potranno guidare l’auto.

Intanto qui il Presidente ha ritirato il “bando” che rendeva difficile l’ingresso negli USA a cittadini di Paesi islamici ritenuti pericolosi (era la seconda versione) e lo ha sostituito con uno nuovo. In questo compaiono tre nuove nazioni: la Corea del Nord, il Venezuela e il Ciad. Due non sono islamiche, ma certo sono pericolosissime per la nostra sicurezza. In Corea del Nord, infatti, il regime (non lo si chiama più governo, in quanto illegittimo) potrebbe decidere di lanciare i propri Mig, vecchiotti e senza pezzi di ricambio, in un’azione suicida contro i nostri aerei che difendono i cieli della Corea del Sud; oppure potrebbe sperare che qualcuno dei suoi missili non esploda sulla rampa, ma raggiunga magari un porto al Sud o una centrale nucleare in Giappone, causando un’altra Fukushima. E poi hanno sempre circa un milione e mezzo di soldati armati e pronti (anche in Italia avevamo dieci milioni di baionette, pronti a “spezzare le reni alla perfida Albione”). E il Venezuela, in crisi profonda, è pure pericolosissimo: pensate un po’ se – Dio non voglia – il suo ecosocialismo (di cui ha parlato Adista di recente) uscisse dai suoi confini e avesse successo. L’intera produzione agroalimentare statunitense, canadese o delle altre plutocrazie (come torniamo a dire, immemori dell’uso mussoliniano) andrebbe riformata, con crolli in borsa, perdite di miliardi e riduzione di stipendio per molti CEO. Quanto al Ciad, si maligna che quel governo, corrotto e impegnato nella lotta contro Boko Haram, avendo cercato di farsi versare 74 miliardi di dollari in royalties dalla Exxon Mobil, abbia urtato la suscettibilità di Rex Wayne Tillerson, allora presidente e CEO di Exxon Mobil e per ora segretario di stato USA.

In compenso – e questo quasi non compare nei media – una nazione sino all’altro giorno pericolosa ora non lo è più ed è stata tolta dalla lista: il Sudan. Qui il motivo sarebbe chiaro: il Sudan è diventato uno dei principali attori (specialmente con la recente espulsione del Qatar) nella coalizione a guida saudita che combatte nello Yemen la coalizione a guida iraniana.

Ritorniamo così allo Yemen e alle rovine della casa di Buthaina, da dove sono emersi frammenti della bomba: in particolare, del sistema computerizzato di puntamento. Tecnici di Amnesty Internazionale l’hanno identificato come di produzione americana. Quindi questo sarebbe lo scenario: un aereo di fabbricazione americana, pilotato da un ufficiale saudita addestrato probabilmente da istruttori americani, certamente rifornito in volo da aerei-cisterna americani, ha indirizzato una “bomba intelligente” americana che ha centrato una casa di civile abitazione yemenita, uccidendo 16 persone e ferendone 17. Ma noi non c’entriamo. 

Buthaina dagli occhi gonfi, sola nel suo letto d’ospedale, dice che i suoi genitori, le quattro sorelle, il fratello, ora “sono tutti in paradiso”. 

Piccola Buthaina, non sforzarti di aprire gli occhi. Ti prego, tienili chiusi: questo nostro mondo non merita di essere visto da te. 

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