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Adista, 50 anni d’amicizia

Adista, 50 anni d’amicizia

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 28/10/2017

Oddio, i tempi della Sinistra Indipendente! Quando Franco Leonori – che nella X legislatura lavorava in Senato con Ossicini e Anderlini – diede concretezza al progetto di amici che intendevano far conoscere l'impegno di una cultura non confessionale e non democristiana, post-conciliare e politicamente progressista: un'agenzia di informazione alternativa alla stampa clericale, e attenta alla dimensione mondiale dei problemi. Un'innovazione nella stagione delle riviste (i giovani purtroppo non sanno di Settegiorni, Cronache, Testimonianze, Il tetto, Il gallo, Questitalia... o di Com (oggi Confronti), allusiva a comunità-comunione-comunismo. La rivoluzione portata da Giovanni XXIII e dal Vaticano II trovò eco impensata: il Berlinguer del compromesso storico aprì le liste del Pci a indipendenti cattolici (ma anche ad un pastore protestante), ovviamente più o meno scomunicati da una Chiesa paurosa delle ideologie di sinistra come un tempo dell'Illuminismo e del Risorgimento. Fu un esperimento politico interessante, forse un “segno dei tempi”: non ebbe continuità, ma svolse la sua funzione: far emergere una società civile non più contenibile nei recinti partitici e di rendere più laico il Parlamento che non può essere confessionale. Peccato che, tranne un bel libro di Giambattista Scirè, gli storici non ne abbiano tenuto conto.

Adista è nata ad opera di un pugno di “sognatori concreti” ed è sopravvissuta, indipendente e coraggiosa, in mezzo a una storia che ha visto di tutto: la strage fascista di Bologna, il terrorismo dei “compagni che sbagliano”, gli scandali continui, l'imperialismo delle multinazionali, la difficoltà di fare le leggi (la violenza contro le donne impiegò vent'anni e sei legislature)... E, tra grandi difficoltà e disperati appelli ad abbonarsi, continua a informare sui condizionamenti e gli interessi che, in Vaticano e nelle diocesi del mondo (fu esemplare l'informazione sulla resistenza a Ratzinger delle suore americane), offendono la libertà dei cristiani e la fedeltà al vangelo. È lo strumento necessario per conoscere criticamente lo status ecclesiae che ha impedito a un laicato ancora incapace di uscire dalla soggezione clericale, di accogliere i contenuti di un Concilio osteggiato dalla parte potente delle gerarchia. 

Adista ha tenuto aperte le vie della speranza, nonostante le sconfitte della sinistra cattolica che, dopo la fine ingloriosa della “diccì” trasferitasi poi a Berlusconi, oggi vede tornare le “larghe intese” spartitorie. Fino a papa Francesco anche l'ala della Chiesa attenta ai segni dei tempi fu emarginata o fisicamente rimossa, quella di Giovanni Franzoni che, come Mazzolari, fu un “pilastro dello Spirito Santo”, o di Luigi Bettazzi (autore della lettera a Berlinguer) che non ha fatto carriera e continua a girare il mondo per sostenere il Concilio. Oggi, dopo la sequenza del papa timido, di una meteora, del polacco con la clava e del Ratzinger, abbiamo un papa che dalla “fine del mondo” è venuto a fare il vescovo di Roma, cita papa Giovanni e il Concilio e di suo innova comportamenti ed espressioni estranee al formalismo curiale. Eppure non possiamo garantire il ritorno al vangelo, perché senza cancellature nel Catechismo o cambiamenti delle liturgie, resta l'insidia di una ricomposizione futura della “tradizione”.

I valori religiosi – ma in parallelo gli stessi valori democratici – sono proiettati sul futuro, ma se non si contestualizzano (si incarnano) nella storia, restano immobili e”non negoziabili”: Francesco li vuole “cristiani”, ma lo dice a gente che va a messa la domenica e non conosce il Vangelo come dimostrano i polacchi wojtyliani o gli austriaci già “cattolicissimi”. 

C'ero anch'io in via Acciaioli, molto solidali anche nelle differenze e le donne avanzavano loro pretese “di genere”, ignorate non solo dai preti. Oggi, per difendere papa Francesco e per aver cura del vivere civile, anche su Adista bisognerebbe favorire il pluralismo delle idee e non reinventare il dogmatismo (uno solo è il maestro: vediamo che cosa impariamo): il futuro non è ancora identificabile, ma l'assenza di visioni non ideologiche fa capire quanti sono i limiti umani, e soprattutto il bisogno di ricerche, di dialoghi, di mediazioni per reagire contro le paure e i pregiudizi che non salvano “queste” religioni e “questa” società adeguata al passato. 

Sono molte le pubblicazioni locali e i siti su internet in sintonia: forse sarebbe necessario costruire un dominio in cui raccoglierli, ma ci vorrebbe un mecenate per l'avvio e i partiti si sono tagliati la spesa politica. Intanto noi lettori vediamo di allargare al massimo l'impegno.

*  Giancarla Codrignani è saggista, già parlamentare della Sinistra Indipendente

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