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Comunione e matrimoni interconfessionali: i vescovi tedeschi vanno avanti

Comunione e matrimoni interconfessionali: i vescovi tedeschi vanno avanti

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 07/07/2018

39436 BONN-ADISTA. «È importante per noi procedere nella ricerca ecumenica di una più profonda comprensione e di una unità dei cristiani ancora maggiore, e ci sentiamo obbligati a andare avanti con coraggio». Con queste parole i vescovi tedeschi hanno deciso di pubblicare il dibattuto documento sul tema della concessione della comunione al coniuge non cattolico di una coppia mista, sul quale papa Francesco aveva chiesto di attendere tempi più maturi. A una prima impressione, dunque, sembrerebbe che i vescovi tedeschi abbiano fatto uno scatto in avanti “disubbidiente”. Nella problematica questione (v. Adista Notizie nn. 13, 17, 19, 22/18), sollevata nell’ultima assemblea plenaria della Conferenza episcopale lo scorso febbraio – durante la quale avevano approvato una bozza di testo contenente delle linee guida sul tema –, essi sono infatti andati in direzione diversa rispetto alle ultime istruzioni di papa Francesco. Quest’ultimo, si ricorderà, dopo un primo momento in cui aveva dato loro la facoltà di decidere in autonomia purché con spirito unanime, aveva poi deciso di fare marcia indietro, invitando a una «riflessione puntuale e ben condivisa»; dal canto suo, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, in una lettera ufficiale di Ladaria – datata 25 maggio e scritta in accordo col papa – al card. Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca e membro del C9, rilevava «che il testo del sussidio solleva una serie di problemi di notevole rilevanza. Il Santo Padre è perciò giunto alla conclusione che il documento non è maturo per essere pubblicato». Le cose sono andate in modo diverso, ma non si è trattato di un atto di disobbedienza: tutt’altro.

I vescovi, a sorpresa, hanno pubblicato il sussidio, che è intitolato “Camminare con Cristo – sulle orme dell’unità. Matrimoni interconfessionali e partecipazione comune all’eucaristia”, si pone, ha affermato il consiglio permanente della Conferenza episcopale, riunito dal 19 al 21 giugno a Bonn, come guida nella responsabilità dei singoli vescovi. Il presidente della Conferenza episcopale tedesca ha informato che, in un recente colloquio con papa Francesco, ha spiegato che la lettera del card. Ladaria della fine di maggio «fornisce indicazioni e un quadro di interpretazione», e che il testo pastorale approvato a febbraio con la maggioranza dei due terzi dei vescovi tedeschi «contiene anche una dimensione universale» e ha lo scopo di orientare i «singoli vescovi» che hanno responsabilità in materia, motivando dunque in questo modo il fatto che il documento non venga pubblicato come documento della Conferenza stessa, che comunque riprenderà in mano la questione nella prossima assemblea di settembre: «A questo scopo – afferma Marx – offriamo al Santo Padre e alla Curia Romana la nostra collaborazione». «La comunione eucaristica e la comunione ecclesiale – sottolineano i vescovi – sono legati inseparabilmente. Ci stiamo impegnando per trovare un aiuto spirituale per l’esame di coscienza in singoli casi di accompagnamento spirituale di coniugi interconfessionali, che sentono un bisogno spirituale serio di ricevere l’Eucarestia. In virtù del Battesimo, della fede e del sacramento del matrimonio, i coniugi sono reciprocamente molto legati e dividono tutta la loro vita. Per noi vescovi si tratta qui di decidere se in un matrimonio interconfessionale il coniuge protestante possa accedere alla Comunione».

Non si tratta, tuttavia, a ben vedere, di un atto di “disubbidienza” rispetto alla «maggiore riflessione» chiesta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e dal papa. Lo stesso Ladaria, il 27 giugno, in una intervista a Crux, alla vigilia della propria nomina cardinalizia in occasione del concistoro del 28, ha affermato che la sua lettera del 25 maggio «non era proprio una frenata ma un invito a riflettere, soprattutto a partire dall’idea che è una questione talmente seria, che una Conferenza episcopale di un Paese deve agire tenendo presente la Chiesa intera, in modo che si arrivi a una soluzione, ma di tutta la Chiesa. È un punto decisivo, se ognuno percorre una propria strada si rischia di creare confusione. Quindi, ripeto, non è stata una frenata, ma un invito a riflettere perché si tratta di un punto che non riguarda solo un Paese o una diocesi, ma la Chiesa universale. E questa era anche la preoccupazione del Santo Padre». Anche il papa, il 21 giugno, aveva tenuto a precisare che la lettera della Cdf non era da leggersi come una «frenata ecumenica». D’altra parte, le linee guida proposte erano più restrittive del diritto canonico, e non intendono affatto concedere a tutti indiscriminatamente la comunione. Il punto di riferimento dei vescovi è il decreto conciliare Unitatis redintegratio per il quale «la piena co- munione eucaristica rimane l’obiettivo dell’ecumenismo”. «Un matrimonio interconfessionale che unisce sacramentalmente, in parte realizza già la comunità ecclesiale cheauspichiamo”, dice il documento dei vescovi. Altro riferimento è il Diritto Canonico: nel can. 844 §4 esso afferma che i protestanti nella Chiesa Cattolica possono essere ammessi alla Comunione a determinate condizioni, valutando «Secondo il giudizio del vescovo diocesano o della conferenza episcopale, una (...) urgente emergenza». I vescovi tedeschi spiegano che «non possiamo trascurare (...) che una “grave emergenza spirituale” possa sorgere se un sincero desiderio di comunione non è soddisfatto». Offrire un’opportunità per porre fine a questa situazione è «in questi casi individuali, un dovere pastorale, che consolida il vincolo del matrimonio e permette agli sposi di sapere che gli ostacoli che dividono la Chiesa non infrangono il vincolo del loro matrimonio».

Altri puntelli dei vescovi tedeschi sono le encicliche Ecclesia de Eucharistia e Ut unum sint di Giovanni Paolo II, che aveva già indicato la possibilità per i non cattolici di ricevere la comunione. Tuttavia, questo riferimento non è esclusivamente alla situazione oggettiva, «ma anche all’atteggiamento individuale delle persone che chiedono di ricevere un sacramento nella Chiesa cattolica».

I pastori ricordano anche il dibattito sulla concessione della comunione ai divorziati risposati e l’importanza data da papa Francesco, in Amoris laetitia, alla decisione di coscienza dei fedeli, sviluppando così una “ermeneutica” per l’accesso alla Comunione nei matrimoni interconfessionali.

Su questa continuità del documento dei vescovi tedeschi con il magistero pontificio conviene anche il teologo liturgista Andrea Grillo. Già «ad una prima rapida lettura il documento della Conferenza episcopale tedesca sulla “partecipazione all’Eucaristia” del coniuge non cattolico appare molto più ricco e articolato di quanto non apparisse dalle ricostruzioni parziali fornite o dalle notizie di stampa o dalle prese di distanza ufficiale», commenta. «Tutta la polarizzazione sul canone 844 non è centrale nel documento, che valorizza invece lo statuto di “Chiesa domestica” e di “piccola Chiesa” della famiglia. Appare invece come una lineare conseguenza di Amoris Laetitia sul piano ecumenico. Credo che il lavoro della Conferenza episcopale sia di alta qualità e che solo una visione miope e statica della tradizione possa considerarlo immaturo. È piuttosto un segno lampante di una Chiesa che cerca di uscire dalla immaturità di categorie inadeguate all’annuncio della comunione in Cristo».

Il cardinal Reinhard Marx in una foto [ritagliata] di Dieter Schmitt del 2009, tratta da Wikimedia Commons, GNU Free Documentation License  

 

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