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Archivi vaticani e nazifascismo: nuove rivelazioni su silenzi e complicità della Chiesa

Archivi vaticani e nazifascismo: nuove rivelazioni su silenzi e complicità della Chiesa

Tratto da: Adista Notizie n° 21 del 30/05/2020

40272 ROMA-ADISTA. Sono bastati pochi giorni di apertura degli archivi segreti vaticani relativi alla Seconda guerra mondiale e quindi al pontificato di Pio XII, per riaccendere la discussione sul ruolo che gioco il Vaticano rispetto alla Shoah. Il tema e delicato e il perche e facilmente intuibile: quando la ricerca storica si mischia con il giudizio politico o morale, o s’intreccia con passioni e scelte di governo avvenute in passato ma che continuano a dividere, il terreno diventa scivoloso. D’altro canto era facilmente prevedibile che l’apertura degli archivi vaticani per gli anni che vanno dal 1939 al 1945 a lungo attesa dagli storici, non potesse costituire l’atto conclusivo del caso Santa Sede-Shoah, ma semmai il momento in cui la ricerca storiografica poteva finalmente contare su un materiale decisivo per proseguire la propria indagine.

Ambiguità senza soluzione?

Non va dimenticato, per comprendere il contesto e a volte la virulenza delle polemiche, che una delle cause della querelle su papa Pacelli – anche se non l’unica – e data dalla volontà del Vaticano di portare a termine il processo di beatificazione di Pio XII; in sostanza la ricerca storica, in tale prospettiva, dovrebbe servire a dire una parola definitiva sul fatto che Pacelli opero attivamente in favore degli ebrei durante le persecuzioni e che il suo silenzio non fu in realtà tale, ma una scelta strategica tesa a salvare più vite umane.

Il vizio della discussione e insomma gia rivelato in partenza: se la ricerca storica conosce in anticipo le conclusioni cui deve giungere, il sospetto di un uso strumentale della storia non puo che dilatarsi. E sul fronte opposto, quanti intendono “processare” Pio XII a suon di reperti d’archivio magari forzando giudizi e parole su singoli fatti che proverebbero una inappellabile “colpevolezza” perdendo pero di vista il quadro d’insieme, commettono più o meno lo stesso errore. Il capitolo Pacelli-Shoah sembra invece destinato a rimanere per sempre avvolto nell’ambiguità, incerto, vi si troveranno tradimenti e atti di generosità e gli storici continueranno a indagare su un periodo tanto cruciale e drammatico per restituircene la complessità.

Promessa mantenuta!

Tuttavia ora un passo avanti e stato compiuto: papa Francesco aveva promesso l’apertura degli archivi del pontificato di Pio XII e la promessa e stata mantenuta. Dal 2 marzo scorso gli storici hanno potuto cominciare a visionare l’immensa mole di materiale documentale (comprendente le carte private del papa e quelle della Segreteria di Stato), ma pochi giorni dopo – causa coronavirus – hanno dovuto interrompere li proprio lavoro. Eppure e bastato questo primo assaggio per far comprendere come dagli archivi potranno ancora emergere sorprese interessanti.

I silenzi della Santa Sede

E infatti accaduto che lo storico tedesco Hubert Wolf dell’Università di Munster, grande conoscitore degli archivi vaticani, a capo di un gruppo di ricercatori tedeschi, ha rintracciato importanti documenti capaci di provare in modo indiscutibile, secondo quanto egli stesso ha dichiarato, che la Santa Sede fosse gia a conoscenza dello sterminio degli ebrei nel 1942. Non solo: gli alti funzionari vaticani non avrebbero voluto passare questa informazione alla Casa Bianca e quindi agli Alleati che proprio alla Santa Sede chiedevano conferma di certe notizie relative alla strage in corso raccolte per altra via. L’annuncio di Wolf e stato probabilmente un po’ sensazionalistico tanto più se si considera che dopo pochi giorni il lavoro e stato interrotto a causa dell’epidemia. Cionondimeno la vicenda e ricca di particolari interessanti.

In sintesi e emerso quanto segue. Nel settembre del 1942, Myron Taylor, che rappresentava all’epoca gli Stati Uniti presso la Santa Sede, chiede al Vaticano se fosse in grado di confermare attraverso fonti proprie, l’informativa proveniente dall’ufficio di Ginevra della “Jewish Agency for Palestine” nella quale si parlava dello sterminio degli ebrei del ghetto di Varsavia e di imponenti massacri in Ucraina vicino a Leopoli. Le notizie nelle mani degli americani sono fondate ma da valutare, ancora incerte, imprecise nei dettagli, se non altro per la portata di quello che descrivono. Dalle carte consultabili negli archivi risulta che Pio XII lesse il rapporto consegnato da Myron Taylor. Ma non finisce qua. A Roma, infatti, erano gia arrivate ben due conferme circa la sostanziale fondatezza dei fatti agghiaccianti riportati dal “Jewish Agency for Palestine”. L’arcivescovo di Leopoli, mons. Andrey Szeptycky, scriveva in una lettera gia qualche mese prima che almeno 200mila ebrei erano stati sterminati dai nazisti; c’e poi traccia di un colloquio avvenuto fra il conte Malvezzi, funzionario dell’IRI e mons. Giovan Battista Montini; Malvezzi spiegava al futuro Paolo VI come in Polonia contro gli ebrei «incalcolabili eccidi sono operati ogni giorno». Montini informo a sua volta il Segretario di Stato, il card. Luigi Maglione, della conversazione avuta con l’uomo d’affari; Maglione, infine, rispose a Myron Tayolor che il Vaticano, pur ricevendo notizie simili non era in grado di confermarle, di verificarne l’attendibilità.

Va detto, per completezza, che tutta questa vicenda era gia stata riassunta dal gesuita p. Giovanni Sale nel volume pubblicato nel 2006 dal titolo: Il Novecento fra genocidi, paure e speranze. Padre Sale aggiunge alcuni particolari e ne tralascia altri, ma la sostanza non cambia. Tuttavia manca ancora un tassello.

La nota della discordia

Dalle ricerche di Wolf e venuta alla luce pure una nota interna al Vaticano, scritta da mons. Angelo Dell’Acqua – futuro cardinale – nella quale si suggerisce estrema prudenza nel valutare le notizie degli eccidi riferite da Taylor, perché gli ebrei tendono a “esagerare”. Anche l’arcivescovo di Leopoli Szeptycky non e giudicata una fonte del tutto attendibile poiché gli orientali «non sono un esempio in fatto di sincerità». E pure se i fatti in questione fossero veri, rileva Dell’Acqua, e bene essere prudenti nella risposta; questa, infatti, potrebbe essere utilizzata dagli americani in termini propagandistici, esponendo a gravi rischi la Santa Sede, e infine gli stessi ebrei potrebbero vedere ulteriormente inasprirsi le persecuzioni contro di loro.

Antisemitismo in Vaticano?

Per Wolf e la prova che una certa dose di antisemitismo guidasse le scelte vaticane in quei frangenti e a ulteriore conferma cita un fatto. A meta degli anni ‘60 Paolo VI, per mettere la parola fine intorno alle polemiche sul ruolo di Pio XII, fece pubblicare 11 volumi di documenti degli archivi segreti vaticani relativi alla Seconda guerra mondiale; il lavoro fu curato da 4 padri gesuiti. La questione e che nella mole di documenti contenuti negli 11 volumi la nota di Dell’Acqua non c’è. Per Wolf e la prova regina, la “pistola fumante” che gli “Atti” pubblicati da Paolo VI sono inattendibili o incompleti mentre il testo di mons. Dell’Acqua – che rappresenta una piccola ma significativa summa dei problemi legati al tema Vaticano-Shoah – rappresenterebbe in modo non ulteriormente discutibile in quale misura il pregiudizio antisemita animava la politica vaticana del periodo.

Il Vaticano sapeva?

Mentre la prima conclusione sembrerebbe fondata, la seconda lo e solo in parte: paura degli eventi, pregiudizio, prudenza diplomatica, dubbi reali sulle fonti convivono nelle risposte interlocutorie che il Vaticano restituisce all’esterno, mentre e evidente che comunque a Roma giungevano da più parti e in modo incalzante notizie che confermavano il livello di ferocia che stavano raggiungendo le persecuzioni contro gli ebrei. Fra l’altro secondo quanto Wolf ha dichiarato alla stampa tedesca, dagli archivi vaticani sarebbe emerso pure del materiale fotografico relativo allo sterminio degli ebrei sempre risalente allo stesso periodo. Un particolare che, se confermato, rappresenterebbe certo un evento di rilievo.

La denuncia dei vescovi tedeschi

Infine vale la pena per ora soltanto accennare ad altri due elementi che fanno da corollario a questa storia (e meriterebbero certo un approfondimento a parte). Nelle settimane scorse, in concomitanza con l’anniversario della fine del secondo conflitto mondiale e di fatto in contemporanea con l’apertura degli archivi vaticani, la Conferenza episcopale tedesca ha pubblicato un documento con il quale, in modo definitivo, condanna il comportamento dei vescovi cattolici durante la seconda guerra mondiale. Si parla esplicitamente, fra le altre cose, di complicità col regime nazista: «Non pronunciando un chiaro “no” alla guerra – affermano i vescovi della Germania – ma rafforzando, da parte della maggioranza, la volontà di prosecuzione del conflitto, sono diventati complici nella guerra». Quando le armate di Hitler entrarono a Parigi, si legge nel testo, le campane di tutte le chiese tedesche suonarono a festa.

L’Italia e le leggi razziali

Sul versante italiano, invece, va ricordato come la ricerca storica, anche di parte cattolica, ha approfondito il nodo del rapporto fra Chiesa e leggi razziali, gli studi in corso stanno precisando meglio la complessità di un passaggio storico fondamentale nel quale neanche la Chiesa di Pio XI fu esente da omissioni e tardive prese di coscienza.

* "Corridoio e scaffali all'interno dell'Archivio segreto vaticano" - foto [del 2015] di Collettivo - Video of Vatican Television Center, tratta da it.wikipedia.org, licenza Creative Commons

 

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