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Da Caloia a Becciu, il Vaticano processa cardinali, broker e banchieri

Da Caloia a Becciu, il Vaticano processa cardinali, broker e banchieri

Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 17/07/2021

40733 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. In Vaticano si celebrano processi: quella che sembrava un’eccezione, un fatto più formale – a uso mediatico – che sostanziale, sta diventando un’abitudine che porta con sé notevoli trasformazioni istituzionali. È il caso del prossimo clamoroso procedimento giudiziario, la cui prima udienza è prevista per il 27 luglio, che vede 10 imputati fra i quali spicca, quanto meno per fama e per rango, il nome del card. Giovanni Angelo Becciu. Becciu è stato sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, poi prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi; sopravvissuto allo spoil system della stagione apertasi dopo il ritiro dalla scena del card. Tarcisio Bertone (ex segretario di Stato di Benedetto XVI), per diversi anni è stato il garante della Chiesa italiana ai vertici della Curia in una stagione in cui l’episcopato del Belpaese ha vissuto una fase di ripiegamento e di scarsa intesa con la Santa Sede. Tutto è precipitato, però, quando sono emerse presunte responsabilità del porporato di origine sarda nella vicenda dell’affare – si fa per dire – immobiliare londinese, ovvero nella compravendita di un immobile di lusso in Sloane Avenue con tutto quel che ne è seguito. Da quell’indagine, condotta dalla magistratura vaticana, è partito un filo di Arianna che ha svelato un sistema opaco e segreto di corruzione, favori, commissioni finanziarie; una rete di funzionari vaticani di medio-alto livello in stretto contatto con broker, di bucanieri dei sette mari della finanza globale e di istituti bancari elvetici che gestiva da anni, come fossero beni propri, i fondi della Segreteria di Stato; questa almeno l’ipotesi degli investigatori. Su quest’ultimo aspetto papa Francesco ha posto già un primo rimedio, sottraendo alla Segreteria di Stato la gestione delle risorse finanziarie e collocandole nel dicastero adatto, ovvero l’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica).

Rogatorie decisive

D’altro canto l’indagine su Sloane Avenue ha accelerato diverse riforme già in cammino, ha funzionato insomma da detonatore permettendo di arrivare in tempi rapidi ad alcuni obiettivi. L’altra grande spinta a muoversi senza esitazioni sul doppio terreno giustizia- finanza è venuta dalla crisi economica determinata dalla pandemia; se già le casse vaticane non vivevano una situazione florida, il covid-19 ha dato un bel colpo supplementare: si pensi, per esempio, alla chiusura dei Musei vaticani, al dimezzamento dell’annuale colletta per la Terra Santa denunciato da Francesco, alle perdite finanziarie sui mercati. E del resto che questo fosse il tasto dolente lo si evince dalla nota con cui il Vaticano dava notizia del processo: «Le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri Paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo, Slovenia, Svizzera), hanno consentito di portare alla luce una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che hanno generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre». L’ultimo riferimento è all’Obolo di San Pietro (in realtà da sempre utilizzato anche per le necessità della Santa Sede e della Chiesa).

Lo scambio di rogatorie con varie giurisdizioni è un altro segnale che le cose sono cambiate: inchieste così complesse sul piano finanziario hanno per forza di cose bisogno di un’ampia collaborazione internazionale fondata sulla credibilità e sulla fiducia reciproca (oltre che su accordi diplomatici). Il sistema giudiziario civile è stato insomma enormemente potenziato da Francesco e dai suoi più stretti collaboratori in questi anni per rispondere alla sfida dell’ammodernamento dello Stato vaticano (si pensi, per esempio, alla nomina di Giuseppe Pignatone, ex capo della Procura di Roma, alla guida del Tribunale vaticano). In tale direzione vanno pure altre riforme-lampo introdotte nei mesi scorsi, a ridosso del processo, dal papa: in particolare il motu proprio con il quale ha stabilito che anche i cardinali dovranno sottoporsi al giudizio di un tribunale ordinario composto da giudici laici (e non più da una corte presieduta da un altro porporato), quindi la legge anticorruzione di cui abbiamo dato conto su Adista, in ragione della quale capi dicastero e altri prelati con responsabilità rilevanti in Curia non possono possedere beni e investimenti di provenienza illecita o sospetta (per esempio fondi e investimenti in paradisi fiscali) o non conforme alla dottrina sociale cattolica. Si capirà che lo sforzo di adeguamento è imponente e stravolge sotto il profilo legislativo non solo un modello di governo e di amministrazione spesso anacronistico e infiltrato dal malaffare, ma di fatto le nuove norme mettono in discussione soprattutto metodi e abitudini consolidate e si vedrà proprio su questo terreno se la riforma di Francesco avrà efficacia o se sarà scritta sull’acqua.

D’altro canto, parallelamente, la Santa Sede ha riformato pure profondamente il Codice di Diritto Canonico, cioè la legge della Chiesa propriamente detta (v. Adista Notizie nn. 20, 22 e 23/21). Sono entrati a far parte della riforma del capitolo dedicato ai «delitti e alle pene » i reati relativi alla cattiva o negligente gestione del patrimonio e dei beni ecclesiastici e la corruzione in atti d’ufficio. Altrettanto e anzi con maggiore ampiezza e precisione è stato fatto in materia di abusi sessuali, l’altra grande piaga della Chiesa universale. Il tentativo, titanico, è quello di aggiornare il diritto canonico valido per la Chiesa universale ai tempi (e quindi ai reati, alle sanzioni, alla concezione della giustizia), mentre al contempo il Vaticano in quanto Stato approda un passo alla volta verso il diritto civile (superando la sola legge canonica) e a una forma possibile di Stato di diritto. Contraddizioni o pluralità di una realtà complessa? Si vedrà; nel frattempo 10 imputati sono stati chiamati in giudizio per rispondere di gravi reati nella gestione finanziaria (estorsione, abuso di ufficio, peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio ed autoriciclaggio, truffa, violazione del segreto d’ufficio, falso materiale di atto pubblico commesso dal privato e falso in scrittura privata, per citare i principali). «L’iniziativa giudiziaria – spiega la nota vaticana – è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Sua Santità Papa Francesco, nell’opera di trasparenza e risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stata contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale nei termini indicati nella richiesta di citazione a giudizio». In questo scenario è giusto ricordare il recente precedente del processo ad Angelo Caloia, ex presidente dello IOR (Istituto Opere di Religione) per un ventennio (1989-2009). Caloia è stato condannato a 8 anni e 11 mesi per riciclaggio e appropriazione indebita lo scorso gennaio. Di mezzo c’era, ancora una volta, una speculazione immobiliare in questa occasione realizzata gestendo il patrimonio immobiliare dello IOR. Un fatto sottovalutato dai media, e invece un evento importante, basti solo pensare alla vicenda IOR-Marcinkus-Sindona-Calvi. Di acqua, si direbbe, ne è passata sotto i ponti. 

Andrea Landini (1847-1935), Champagne Toast - foto [ritagliata] tratta da Wikioo.org - Enciclopedia of Infinite Art, immagine originale e licenza

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