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Il papa e la  Curia fra sinodo, finanze a rischio, Giubileo e nomine

Il papa e la Curia fra sinodo, finanze a rischio, Giubileo e nomine

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 08/01/2022

40918 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. La pandemia sta incidendo anche sul governo della Chiesa universale rallentando il già non facile cammino di riforma e riorganizzazione della Curia romana promosso da papa Francesco. Fra le altre cose il covid ha messo ulteriormente in crisi le traballanti entrate finanziarie: sono diminuite infatti le offerte a causa del virus e delle sue conseguenze sulla vita civile e sociale, lo stesso dicasi per le risorse provenienti dalle Conferenze episcopali, è calato drasticamente il numero di pellegrini e visitatori di tanti luoghi d’arte e di culto, non solo a Roma fra l’altro, ma anche per esempio in Terra Santa. Fatto, quest’ultimo, ricordato dallo stesso pontefice nel corso del discorso pronunciato in occasione della benedizione «urbi et orbi» del giorno di Natale.

L’altra grande preoccupazione di Francesco resta il sinodo generale in programma per il 2023, che dovrà aprire – almeno nelle intenzioni – la Chiesa all’ascolto della società contemporanea dando voce alle aspettative e ai bisogni dei popoli di questo tempo. Per la verità i sinodi precedenti celebratisi sotto questo pontificato non lasciano ben sperare: tutti – da quelli sulla famiglia all’assise sull’Amazzonia – avevano generato grandi aspettative all’inizio, ma si sono chiusi con risultati minimalisti lasciando emergere il volto di una Chiesa fortemente divisa al suo interno, in cui ormai si contrappongono visioni differenti del mondo e del cristianesimo, non di rado chiusa in un tradizionalismo esasperato.

Oppure è stata la Santa Sede a frenare il cambiamento all’ultimo momento per paura di generare nuove spaccature, come nel caso del sinodo sull’Amazzonia con la possibile apertura ai laici alla guida di comunità di fedeli nelle regioni dell’America Latina dove è forte la carenza di sacerdoti. È vero che il prossimo sinodo è dedicato proprio alla partecipazione alla vita della Chiesa – uno snodo fondamentale, a questo punto – e arriva dopo che il papa ha riformato l’istituto rendendolo, di fatto, un organismo con potere decisionale e non più meramente consultivo (già così per l'Amazzonia, ma l'assise era regionale, in quel caso), quindi molto dipenderà dal livello di partecipazione che si svilupperà nel corso di questi due anni; di tutto questo Bergoglio ha in ogni caso parlato nel tradizionale discorso per gli auguri di Natale, rivolto alla Curia il 23 dicembre scorso.

Il Giubileo sotto la guida Gualtieri-Fisichella

Ma andiamo con ordine. Dei problemi finanziari che assillano le casse vaticane c’è stato un accenno significativo del papa nel discorso “natalizio” rivolto ai dipendenti del Governatorato, cioè dello Stato vaticano: «E per quanto riguarda il lavoro, come vi dicevo un anno fa, abbiamo cercato di garantire l’occupazione; ci siamo impegnati a non lasciare nessuno senza lavoro». «Certo – ha aggiunto Francesco – la gestione del periodo di chiusura non è stata facile; so che c’è stato qualche problema, lo so; spero che si possano trovare soluzioni soddisfacenti attraverso il dialogo, cercando di venirsi incontro, sempre nel rispetto dei diritti dei lavoratori e del bene comune». Garantire livelli occupazionali e salari in una situazione insieme di crisi e riassetto finanziario non è semplice, e i problemi traspaiono dalle parole del pontefice.

Nel frattempo il Vaticano, d’intesa col Governo e col Comune di Roma, punta molte delle sue carte sul Giubileo del 2025, pandemia permettendo. La preparazione dell’evento è stata affidata dal papa a un vecchio volto della Curia, esperto in relazioni politiche con l’Italia, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione. Per comprendere le aspettative che circondano Oltretevere il prossimo Giubileo, si tenga conto che, come informava un comunicato vaticano, Fisichella in vista del nuovo incarico aveva già incontrato «i Superiori della Segreteria di Stato, dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e della Segreteria per l’Economia». Sarà insomma anche una questione d’affari come quasi sempre è avvenuto in passato.

Del resto, il neosindaco di Roma, Roberto Gualtieri, è già stato nominato, su proposta del presidente del Consiglio Mario Draghi, Commissario straordinario per il Giubileo; nel frattempo però, già all’inizio di dicembre, Fisichella e Gualtieri si erano incontrati per cominciare a programmare gli investimenti. Non è un caso: per il 2025 Roma riceverà infatti 2 miliardi di euro, una cifra importante per una capitale ormai ridotta allo stremo da anni di crisi profonda. Certo il rimedio che si profila all’orizzonte ha un sapore antico, il Giubileo come occasione per interventi straordinari. Un po’ il revival di quanto avvenne nel 2000? Si vedrà, in ogni caso forse sarà di nuovo un patto trono (Stato)-altare a salvare Roma.

Da rilevare infine che il papa ha commissariato la basilica patriarcale di Santa Maria Maggiore, ancora nella capitale, per gestirne in modo razionale e trasparente l‘ingente patrimonio immobiliare e finanziario.

Il mega dicastero cambia guida

Sul fronte della riforma della Curia, invece, va sottolineata l’uscita di scena del card. Peter Turkson, ghanese, dalla guida del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. In tal modo l’Africa perde l’ultimo posto di prestigio di cui era titolare in Curia; vedremo se il papa riequilibrerà gli incarichi anche da un punto di vista geopolitico (sta crescendo viceversa il peso dell’Asia).

Il dicastero, creato nel 2016, che riassume in sé quattro ex dicasteri comprendenti in pratica tutti i campi d’azione della dottrina sociale, era stato sottoposto l’estate scorsa a una ispezione per verificarne il funzionamento – come sta avvenendo per tutti gli organismi vaticani – guidata dal cardinale americano Blase Cupich, arcivescovo di Chicago. L’indagine aveva rilevato difficoltà e carenze organizzative e di coordinamento fra le varie componenti del dicastero; per ora il nuovo prefetto «ad interim per la gestione ordinaria», è il gesuita card. Micheal Czerny, e Segretario sarà invece suor Alessandra Smerilli, entrambi già membri dell’organismo. Con questa nomina, suor Smerilli è ora la donna che in Curia ricopre l’incarico più alto. Per il futuro, invece, si parla della figura del card. Francesco Montenegro, ex arcivescovo di Agrigento (molto attivo sul fronte Lampedusa-migranti) come possibile nuovo prefetto, ma l’indiscrezione fino ad ora non ha trovato conferme.

Una Curia di lotta e di governo

In quanto al sinodo, papa Francesco, di fronte alla Curia, ha riaffermato come l’assise, «che ci vedrà impegnati per i prossimi due anni», ha senso solo nell’ascolto dell’altro, mentre «il clericalismo che come tentazione – perversa – serpeggia quotidianamente in mezzo a noi ci fa pensare sempre a un Dio che parla solo ad alcuni, mentre gli altri devono solo ascoltare ed eseguire. Il Sinodo cerca di essere l’esperienza di sentirci tutti membri di un popolo più grande: il Santo Popolo fedele di Dio, e pertanto discepoli che ascoltano e, proprio in virtù di questo ascolto, possono anche comprendere la volontà di Dio, che si manifesta sempre in maniera imprevedibile».

Tuttavia ha aggiunto: «Sarebbe sbagliato pensare che il Sinodo sia un evento riservato alla Chiesa come entità astratta, distante da noi. La sinodalità è uno stile a cui dobbiamo convertirci innanzitutto noi che siamo qui e che viviamo l’esperienza del servizio alla Chiesa universale attraverso il lavoro nella Curia romana». Poiché, ha detto ancora il papa, «la Curia – non dimentichiamolo – non è solo uno strumento logistico e burocratico per le necessità della Chiesa universale, ma è il primo organismo chiamato alla testimonianza, e proprio per questo acquista sempre più autorevolezza ed efficacia quando assume in prima persona le sfide della conversione sinodale alla quale anch’essa è chiamata. L’organizzazione che dobbiamo attuare non è di tipo aziendale, ma di tipo evangelico».

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