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La teologa Tenace contro il diaconato femminile riscuote applausi in Vaticano

La teologa Tenace contro il diaconato femminile riscuote applausi in Vaticano

Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 05/03/2022

40981 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Si è svolto dal 17 al 19 febbraio il Simposio vaticano sul sacerdozio (v. Adista Notizie n. 7/22) organizzato dalla Congregazione per i vescovi insieme al Centro di ricerca e di antropologia delle vocazioni, dal titolo “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, con l’obiettivo di «rispondere in modo più ampio e profondo ai problemi attuali della vita sacerdotale», come spiegato dal prefetto del dicastero, il card. Marc Ouellet. Cinquecento i partecipanti fra vescovi, preti, laici e religiosi, che si sono confrontati sul ruolo del presbitero e sui rapporti fra ministri ordinati e laici.

Nel corso del Simposio è stato trattato anche il tema dei ministeri delle donne nella Chiesa. Tema affrontato, in particolare, dall’intervento sul diaconato femminile della teologa dogmatica Michelina Tenace, italiana ma vissuta tanti anni in Francia, consacrata, docente di Teologia Dogmatica all'Università Gregoriana e a capo del dipartimento di Teologia fondamentale nel 2018, che ha fatto parte della prima commissione di ricerca sul diaconato delle donne nella storia della Chiesa. Un intervento, molto applaudito in sala ma anche dal card. Ouellet, che merita riportare come espressione della chiusura vaticana ai ministeri femminili, e sul quale pubblicheremo, sul prossimo numero di Adista Documenti, alcuni commenti.

Tenace è partita dalla prima commissione sul diaconato femminile, istituita da papa Francesco nel 2018: «È stato un evento che si voleva all’interno, all’interno – ha ripetuto – della riflessione teologica della Chiesa cattolica e perciò, ribadisco, non ha fallito il suo compito, ha avuto ripercussioni di cui abbiamo cominciato a vedere i primi segni: il motu proprio Spiritus Domini del 2021». «Fuori di questa ottica di ricerca interna il compito della commissione è stato inteso in un modo riduttivo e improprio come se si trattasse – ha sottolineato Tenace – di trovare gli argomenti storici per ripristinare un ministero femminile attestato con la parola diaconessa nei primi secoli».

La commissione, prosegue, aveva il compito di studiare, «ma non di ripristinare». Perché «non si legge la Scrittura per giustificare una corrente di pensiero e lo studio della tradizione non vuole riattualizzare qualcosa del passato. La Scrittura va letta nello Spirito, la rivelazione, e la tradizione va letta nella lettera, la storia, il rischio altrimenti è di tradire la novità che lo Spirito porta in ogni momento della storia». Per questo, «Non bisogna forse chiederci piuttosto di quale ministero il popolo di Dio oggi ha bisogno? Il coraggio riguarda la novità per oggi, non il restauro di qualcosa del passato», che è un tentativo «anacronistico», a fronte della ricerca di novità, «profetica», in quanto «deve tener conto del cammino di crescita all’interno di cambiamenti culturali, sociali, teologici». La prima commissione, dedicata all’indagine storica, ha fissato alcuni dati incontestabili: «C’erano diaconesse nella prima Chiesa, c’era un rito proprio di questo ministero, la presenza delle diaconesse è poi scomparsa nella Chiesa latina». Ciò non significa che le donne siano scomparse: «La santità delle donne è stata riconosciuta senza nessuna discriminazione; la diaconia, il servizio, si è svolto eccome! Eccome, senza ministero istituito. Allora per quale motivo bisogna riflettere sulla storia dei ministeri non dati alle donne? Perché bisogna riflettere su ciò che non è stato dato?». Perché l’assenza delle donne dai ministeri «ha coinciso con una deriva maschilista, clericalista della Chiesa, che non ha fatto risplendere il suo vero volto di umanità nuova, dove uomini e donne sono rivestiti della stessa dignità di figli». Istituire ministeri per le donne è urgente, dunque, «non per un riconoscimento della dignità delle donne, ma per un riconoscimento della vera identità della Chiesa».

Ma «è la Chiesa che ha bisogno delle donne e le deve chiamare al servizio», dichiara Tenace. «È sulla base di questa chiamata della Chiesa che le donne potranno rispondere “sì” e mettere a frutto i loro doni per il bene di tutti. Se la Chiesa non chiama, il ministero rischia di essere considerato un diritto». E servire, afferma la teologa, «non è un diritto, è un dovere». L'ambito del discernimento della Chiesa sui ministeri delle donne, dunque, è «il bene del popolo di Dio in contesti geografici, culturali, ecclesiali tanto diversi».

Ma «per non essere una risposta dettata dall'onda di un'ideologia (parentesi: “femminista” significa argomentare sul diritto), la riflessione sui ministeri ha dovuto tornare alla fonte», il Battesimo; «Nulla manca a un battezzato, entrato come nuova creatura nella morte e nella resurrezione di Cristo, e già partecipe del suo sacerdozio». E poiché la dignità del battezzato è la dignità di tutti, uomini e donne», bisogna ripartire da lì. «Infatti la dignità – spiega – non riguarda solo il servizio sacerdotale. Per questo è una contraddizione pensare che il sacerdozio concesso alle donne sarebbe un modo di riconoscere la loro dignità. Il servizio si determina dal bisogno, dalla richiesta, dall’urgenza della carità. Di cosa hanno bisogno gli uomini e le donne di oggi? Di testimonianza, di riconciliazione, di comunione, di formazione, di condivisione. Per questo la Chiesa riconosce carismi e chiama servizi perché questi servizi edificano il corpo nella carità. Dunque non si tratta di ripristinare il diaconato delle donne. Sarebbe troppo poco se si limitasse alle funzioni che hanno avuto le diaconesse rimaste conosciute nel passato. Si tratta di fare di più: ascoltare lo Spirito, cosa suggerisce lo Spirito oggi alla Chiesa, perché, citazione già fatta da suor Alessandra, sia ripristinato il volto maschile e femminile dell’umanità verso il Regno». Altrimenti il sacerdozio comune rischia di rimanere un’espressione senza carne, oppure «altro pericolo, la promozione dei laici, dunque delle donne, consiste il più delle volte nel farli entrare nella zona d’ombra del sacerdozio ministeriale, il più vicino possibile all’altare, e della celebrazione eucaristica. Celebrazione considerata l’unica realtà degna, perché lì soltanto agisce il Cristo in persona», nato bambino ebreo maschio. «Per rivelare la dignità dell’umanità femminile nasce da una donna piena di grazia, diventata la prima redenta in cielo nella dimora della trinità».

La questione del ministero delle donne soffre dunque di due riduzioni: «La riduzione della dignità di ogni ministero alla dignità del sacerdozio ministeriale, e la riduzione della dignità del sacerdozio ministeriale al sacerdozio di Cristo in quanto maschio». Questa riduzione non corrisponde alla fede perché «è in quanto persona di natura umana e divina che il Figlio è il Salvatore di tutti, uomini e donne». Ne consegue che uomo e donna «esprimono una diversità complementare rispetto al generare: secondo il proprio genere gli uomini generano, le donne mettono al mondo; così, simbolicamente, uomini e donne partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo che ha affidato la Chiesa a coloro che generano, in virtù del sacerdozio ministeriale, e a coloro che mettono al mondo, in virtù del sacerdozio comune, in una reciproca dipendenza e sostegno». Ne consegue, conclude la teologa, che «la riflessione sui ministeri delle donne nella Chiesa non può prescindere da una teologia rinnovata sulla persona umana, un’antropologia che considera il maschile e il femminile secondo la vocazione, secondo la creazione, e questa antropologia del maschile e del femminile deve essere il fondamento della riflessione sui ministeri, nel contesto di una ecclesiologia di comunione in un cammino di sinodalità».

Insomma, la teologa non dà affatto per scontato una apertura al diaconato femminile, anzi: «Vorrei finire con il titolo che ha dato al suo libro uno dei membri della Commissione, Bernard Pottier, solo che al titolo aggiungerei un punto interrogativo: il titolo in francese è Le diaconat feminin, jadis et bientot. Lo tradurrei “Il diaconato femminile nel passato e presto?”, punto interrogativo».

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