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Azione Contro la Fame: con la guerra in Ucraina, allarme sicurezza alimentare nel mondo

Azione Contro la Fame: con la guerra in Ucraina, allarme sicurezza alimentare nel mondo

Una crescita esponenziale dei prezzi del grano e di altri generi di prima necessità, in relazione agli aumenti del costo dei carburanti e, quindi, del trasporto dei beni: queste le ragioni che, a tre mesi dall’inizio delle ostilità russe in territorio ucraino, spingono Azione Contro la Fame (ACS) – organizzazione umanitaria internazionale da 40 anni in prima fila nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo – a lanciare l’allarme. L’occasione è la pubblicazione di un’accurata analisi dell’impatto della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare nei Paesi a basso reddito in cui il ACF è attiva.

La portata del pericolo che questa guerra arrecherà alla sicurezza alimentare delle popolazioni più fragili del pianeta è legata al fatto che Russia e Ucraina rappresentano tra i principali esportatori di grano in Paesi come Egitto, Libia, Algeria, Yemen, Libano, Iraq, Nigeria, Sudan, Senegal e Bangladesh, afferma ACS in una nota. Il prezzo del grano aumenterà vertiginosamente, si avverte, e di conseguenza anche la fame.

«Ora, anche a causa della guerra in Ucraina», approfondisce ACF, «l'obiettivo "Fame Zero" appare un traguardo lontano, anche in ragione dell’incremento del costo degli aiuti umanitari». Secondo Isabelle Robin, direttore regionale delle operazioni per l'Africa centrale, «con l'aumento dei prezzi, Azione contro la Fame potrebbe non essere in grado di acquistare e trasportare la quantità di prodotti, alimentari e non, prevista».

Nel documento ACS lancia alcune importanti proposte: innanzitutto, chiede «un aiuto umanitario immediato capace di far fronte ai bisogni e di evitare le carestie». In secondo luogo invita a «rafforzare la sovranità alimentare ed economica degli Stati», sostenendo l'agroecologia contadina contro il modello dell’agribusiness, dimostratosi oggi ampiamente inadeguato ai bisogni dei più poveri; aumentando la sostenibilità dei sistemi alimentari, oggi troppo impattanti perché sbilanciati verso una dieta proteica; respingendo i tentativi di alcune lobby «di sostenere il modello agroindustriale», insostenibile per la sicurezza alimentare e a livelli climatico ambientale; aumentando la produzione di cereali per l’alimentazione umana, sottraendola a quella animale (il 47%) o per i combustibili.

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