
Fermare la guerra con la forza del diritto. L’appello di tre associazioni cristiane
Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 13/05/2023
41463 ROMA-ADISTA. “CostituenteTerra”, “ChiesadituttiChiesadeipoveri”, “Laudato Sì” promuovono assieme l’appello “Per un’alternativa all’Impero-Le guerre promesse”. Elaborato da Raniero La Valle (referente delle prime due realtà), Domenico Gallo (magistrato) e Mario Agostinelli (presidente di Laudato Si’), il testo affronta l’attuale scenario caratterizzato da guerra e crisi ecologica, proponendo una via di uscita basata sulla forza del diritto e non su quella delle armi. L’appello pubblicato nel sito si può firmare scrivendo a: ripudiosovrano@gmail.com.
Il testo delinea anzitutto lo scenario geopolitico dell’attuale conflitto, che attualmente pare concentrarsi sulla Crimea che la Russia considera parte del suo territorio (anche in forza del referendum popolare del 2014 che ha sancito il suo ritorno alla Russia, benché non riconosciuto come legittimo dall’Occidente), ma la cui riconquista è considerata dall’Ucraina come il suggello della sua vittoria nella guerra in corso, e della corrispondente sconfitta della Russia. A sostegno dell’Ucraina ci sono le potenze euro-atlantiche: dagli Stati Uniti col loro imponente sostegno finanziario, militare e di intelligence, al Regno Unito con munizioni ad uranio impoverito, alla Germania con i carri armati Leopard, alla Francia (pur dichiaratasi contraria a farsi vassalla degli Usa), all’Unione europea, fino all’Italia con armi rimaste ignote, non avendo il governo voluto rivelare il segreto che copre la loro fornitura all’Ucraina.
Egemonia mondiale
Tutto ciò, scrivono gli estensori dell’appello, porta a ritenere che la eventuale sconfitta della Russia non sarebbe la sconfitta in una guerra locale, ma provocata da una coalizione di Stati che si pongono esplicitamente l’obiettivo di esercitare una egemonia polito-militare a livello mondiale: «La visione del mondo che ci viene proposta con grande insistenza, e che ci viene attribuita come connaturale alla nostra civiltà e alla nostra storia, è la visione del mondo propria dell’Occidente, anzi dell’“Occidente allargato”, che ha oggi il suo centro in America, la sua potenza militare negli Stati Uniti e nella Nato, la vocazione a estendersi fino agli estremi confini della terra. È in nome dei suoi valori che siamo chiamati alle armi, per “mettere il nostro mondo saldamente sulla strada di un domani più luminoso e pieno di speranza”, come promette oggi il presidente Biden nell’illustrare la “Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”». Quello che viene postulato dagli Stati Uniti è «un unico potere che si protende alla totalità del mondo, nella presunzione che questo debba avere un unico ordinamento politico, economico e sociale, corrispondere a un unico modello di convivenza umana». Proposto sin dall’attentato alle Torri Gemelle del 2001, questo modello «sarebbe riassumibile in tre termini: Libertà, Democrazia e Libera Impresa; dunque un modello che mette insieme una definizione antropologica, una indicazione di regime politico e una forma obbligatoria di organizzazione economico-sociale». Poiché gli Stati Uniti non vogliono fare tutto questo solo per conto loro, ma coinvolgono la loro rete di alleanze, «la cosa ci riguarda; e da partners e alleati, e non da sudditi o “vassalli”, come ha detto Macron, dobbiamo decidere se questa è la visione del mondo che abbiamo anche noi, se questo è il mondo che vogliamo costruire e qual è la nostra idea dello “stato del mondo” in cui ci troviamo a operare».
Una scommessa ad altissimo rischio: «Perché il mondo non ci sta a questa riduzione, a questa assimilazione sotto lo scettro di un sovrano universale, e inevitabilmente resisterà. Le conseguenze saranno devastanti, a cominciare dalla guerra in Ucraina. Se la nostra scelta sarà che essa deve continuare con nessun altro esito che la sconfitta della Russia, se assecondiamo la proclamazione di Zelensky “Crimea o morte”, la previsione più sicura è che la Russia non si farà sconfiggere, non si farà umiliare o distruggere, e ciò vorrà dire che metterà in gioco tutte le sue forze e passerà a una guerra a tutto campo».
Accanto a una visione unipolare, scrivono però gli estensori dell’appello, «c’è anche una realtà multipolare; purtroppo l’Occidente non è arrivato a comprenderlo, sia che tenda al dominio sia che professi l’ideale democratico: esso è infatti ancora convinto che una sola cultura, la sua, abbia la soluzione ai problemi del mondo e che gli possa somministrare, come diceva Raimundo Panikkar, “la terapia dell’uomo planetario e della città pianeta”, che è di per sé prevaricante».
D’altra parte, «anche se non ha senso l’idea che la Russia voglia invadere l’Europa, non c’è dubbio che esiste un nazionalismo russo, che esalta le spinte identitarie: e sono i due nazionalismi, russo ed ucraino, che alimentano una guerra ad oltranza come quella per il Donbass e addirittura per la Crimea. Ma proprio per questo non si può pensare che la regola del mondo sia la lotta tra gli Imperi, e che il suo ordine futuro stia nella vittoria e nel predominio di un Impero solo su tutti».
La via del diritto e del negoziato
La via maestra è allora sempre e solo «quella del diritto, della ricerca di accordi, del negoziato e della pace». «Avere un’altra visione del mondo vuol dire mettere in campo altre strategie che non quelle della fine, vuol dire non considerare utopico partire da un altro principio, vuol dire sposare la Terra, restaurare l’integrità e la vitalità della natura, rovesciare le pratiche del geocidio. Un altro modo di essere Occidente vuol dire riconoscere che sacro non è il territorio ma il popolo, sacra non è la sovranità ma è il limite che la rende compatibile con le altre, sacro non è il confine ma il varco, sacra è la donna come fonte di tutte le differenze, sacro non è l’essere per sé, ma l’essere con gli altri e per gli altri».
«Il nostro appello è a dar vita a questo nuovo Occidente a partire dall’Italia con l’Europa, non in concorrenza o “competizione” con gli Stati Uniti, ma proprio restando loro amica ed alleata per costruire insieme “un mondo libero, aperto, prospero e sicuro”, come essi lo vogliono, e aiutandoli a evitare gli errori, come quello che fanno, e che facevano ben prima dell’offesa di Putin, col volere la fine della Russia». In questo senso, «l’Europa ha le risorse per affrontare queste sfide, per dire in faccia al mondo che la guerra non è l’ultima parola della storia, e che l’unica risposta alla tragedia dei migranti è proprio quella che nessuno vuole ammettere, ma è l’unica adeguata e anche l’unica vera, ossia quella che inevitabilmente prevarrà nel lungo periodo: l’apertura delle frontiere, la via aperta agli esodi collettivi, il trasporto dei profughi sulle navi di linea, non più assimilato al “traffico di esseri umani”, il riconoscimento e l’effettivo esercizio dello ius migrandi e del diritto di mettere dovunque radici, che è stato tra i primi diritti umani universali affermati dall’Occidente all’alba della modernità». «L’Italia, con un atto solenne del suo Parlamento può convocare le Nazioni a una Conferenza che non distribuisca profitti di guerra né ridisegni la mappa di Amici e Nemici, ma istituisca la pace e la renda permanente garantendo di mantenere ciò che promette. Abbiamo la grande riserva del costituzionalismo realizzato: la comunità delle Nazioni è ancora chiamata a farsi Costituente della Terra, per promuovere un più avanzato costituzionalismo mondiale, e anche per far scaturire dalla fucina del costituzionalismo le scintille di molte Costituzioni radicate negli ordinamenti locali. Sarebbe gloria e vittoria dell’Occidente se il diritto delle persone e dei popoli e il ripudio della guerra ne fossero le norme fondanti. Proprio la sfida e la tragedia della guerra in Ucraina hanno mostrato come questo sia ancor più necessario».
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