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Matrimoni e unioni civili, l’Italia è già cambiata. Ma Chiesa e Governo guardano dall’altra parte

Matrimoni e unioni civili, l’Italia è già cambiata. Ma Chiesa e Governo guardano dall’altra parte

Tratto da: Adista Notizie n° 21 del 17/06/2023

41496 ROMA-ADISTA. Il processo di secolarizzazione sta cambiando profondamente anche la società italiana, ne muta abitudini sociali, costumi, comportamenti. Così assistiamo a una crescita – certificata dagli ultimi rilevamenti dell’istat – dei matrimoni civili, delle seconde nozze, dei divorzi consensuali, delle unioni civili. Cambia insomma volto anche la famiglia considerata baluardo della “tradizione” e usata, spesso a sproposito, per propagandare una visione conservatrice della vita sociale e del rapporto con la fede e con la Chiesa-istituzione. Lentamente e quasi sotterraneamente, dunque, il Paese prosegue sul cammino della modernizzazione, nonostante i rigurgiti reazionari del governo guidato da Giorgia Meloni e un episcopato che non ha dato in questi anni grandi segni di apertura ignorando anche quelle indicazioni minime provenienti da papa Francesco circa la necessità e anzi l’urgenza, di porsi in ascolto della società e dei bisogni nuovi che andava esprimendo, mettendo da parte le consunte condanne e i pregiudizi verso chi viene considerato comunque un peccatore, si tratti di omosessuali, divorziati, single con figli o quant’altro. Parallelamente, crollano le vocazioni e anche i battesimi, per esempio in quella che era considerata una delle diocesi più grandi del mondo, ovvero Milano.

Un quadro, quello che emerge dalle indagini statistiche, che mostra una società più dinamica di quanto non si pensi, ma che preferisce compiere le proprie scelte senza sbandierarlo troppo. Al contempo, tuttavia, dalla ricerca, esce una conferma chiara delle difficoltà che incontrano i giovani nel mettere su famiglia; sposarsi, infatti, resta un miraggio per tante coppie soprattutto a causa dei problemi legati alle condizioni economiche e alla mancanza di lavoro stabile. Il report «Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi, anno 2021», del marzo scorso, mostra anche i dati relativi a una parte del 2022, mentre il raffronto vero con il passato va fatto con l’anno 2019, l’ultimo pre-pandemia; il 2020, infatti, è stato condizionato fortemente dalla “clausura” forzata e dai timori relativi alla diffusione del coronavirus. I numeri dicono che nel 2021 sono stati celebrati in Italia 180.416 matrimoni, l’86,3% in più rispetto al 2020, anno in cui, appunto a causa della crisi pandemica, molte coppie avevano rinviato le nozze. L’aumento non è stato però sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente (la variazione rispetto al 2019 è infatti pari a -2,0%). I matrimoni religiosi, quasi triplicati rispetto al 2020, sono però decisamente in calo (-5,1%) rispetto al periodo pre-pandemico.

Le nozze civili “salvano” il matrimonio

Dal rapporto, emerge dunque che nei primi nove mesi del 2022, si è assistito a un lieve aumento dei matrimoni, +4,8% rispetto allo stesso periodo del 2021, dovuto esclusivamente alla crescita dei matrimoni civili (+10,8%). Crescono in misura marcata (+32,0%) le unioni civili. Mettendo a confronto il 2022 con il 2021, crescono soprattutto i secondi matrimoni, +15,6%, mentre i primi matrimoni aumentano in misura molto più contenuta, +2,1% e, tra questi, l'aumento è dovuto esclusivamente al rito civile (+8,2%). I primi matrimoni religiosi mostrano, infatti, una diminuzione del 2,0%. Le unioni civili, a loro volta, aumentano di un terzo nei primi nove mesi del 2022. Tra i giovani, spiega l’Istat, c’è sempre meno desiderio o possibilità di convolare a nozze. Il protrarsi degli anni di studio, le difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e il sempre maggior numero di coloro che rimangono in famiglia fino alla soglia dei 35 anni, determina un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze, amplificato dalla crisi economica. Sul posticipo del primo matrimonio incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali.

Il rito civile stravince nelle seconde nozze

In generale, guardando ai dati completi relativi al 2021, si consolida un evento, già rilevato, nel recente passato, che mostra più di tanti discorsi il cambiamento in atto: più di un matrimonio su due è ormai celebrato con rito civile, pari al 54,1%. La quota dei matrimoni civili osservata nel 2020 (71,1%) aveva registrato un eccezionale aumento a causa delle misure di contenimento dell'emergenza sanitaria, che hanno colpito soprattutto le celebrazioni con rito religioso. Nel 2021 tale quota si ridimensiona (54,1%) riallineandosi all'andamento crescente osservato negli anni pre-pandemici (52,6% nel 2019). Il rito civile è – secondo quanto riferisce il rapporto dell'Istat – chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (95,0%), essendo in molti casi una scelta obbligata, e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (91,9% contro il 48,2% dei matrimoni di sposi entrambi italiani). La scelta del rito civile va però diffondendosi anche nel caso dei primi matrimoni (43,1% nel 2021). Considerando i primi matrimoni tra sposi entrambi italiani (89,0% del totale dei primi matrimoni) l'incidenza di quelli celebrati con rito civile è del 37,5% nel 2021 (33,4% nel 2019 e 20,0% nel 2008). Per tale tipologia di coppia è spiccata la variabilità territoriale: si riscontrano incidenze di celebrazioni con rito civile più basse nel Mezzogiorno (25,4%) e più alte nel Centro (47,5%) La scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni, tendenzialmente in crescita rispetto al passato (62,7% nel 2008, 40,9% nel 1995), mostra una lieve contrazione nel 2021, risultando l'opzione prescelta dagli sposi nel 73,4% dei casi (74,7% nel 2020). Ancora, è significativo che nel 2021 i divorzi consensuali presso i Tribunali siano stati 34.225. Questa tipologia di divorzi registra l'aumento più consistente con il + 31,7% rispetto al 2020 quando erano stati 25.982. Complessivamente i divorzi nel 2021 sono stati 83.192 con un aumento del 24,8% rispetto al 2020 quando erano stati 66.662 (nel 2019 erano stati 85.319).

Ogni anno più di 2mila unioni omosessuali

«Nel 2021 – si legge nel rapporto – sono state costituite 2.148 unioni civili tra coppie dello stesso sesso presso gli Uffici di Stato Civile dei Comuni italiani, che con un aumento del 39,6% rispetto al 2020 (anno di generale contrazione) tornano sostanzialmente ai livelli del 2019 (2.297 unioni civili). Il 34,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). Tra le regioni in testa si posiziona la Lombardia con il 21,8%; seguono Lazio (13,8%) ed Emilia-Romagna (10,1%)». «Considerando i tassi per 100mila residenti – prosegue l’Istat – la Toscana si colloca al primo posto (5,6 per 100mila) seguita dal Lazio (5,2) e dalla Lombardia (5,0). Emerge con particolare evidenza il ruolo attrattivo di alcune metropoli. Nel 2021 l’8,5% delle unioni civili si è costituito nel comune di Roma e il 6,6% in quello di Milano. Si conferma anche nel 2021 la prevalenza di unioni tra uomini (1.225 unioni, il 57,0% del totale), pur se in diminuzione rispetto sia all’anno precedente (62,4%) sia all’anno pre-pandemico (62,2%). La ripartizione con la più alta incidenza delle unioni tra uomini è il Sud (59,3%) mentre tra le regioni spicca l’Umbria (68,6%)».

Diocesi di Milano, crollano battesimi e vocazioni

Il processo fin qui descritto, trova riscontro anche nelle indagini portate avanti e pubblicate nello scorso mese di maggio, da una diocesi importante come quella di Milano che riassume in sé due caratteristiche significative: da una parte quella di essere una delle Chiese locali storicamente più strutturate e vivaci della penisola, dall’altra di convivere con un territorio dove i mutamenti sociali hanno effetti più rapidi e consistenti. I battesimi, a Milano, sono passati da poco più di 35 mila nel 1995 a poco oltre i 10 mila nel 2022; una tendenza che ha cominciato a essere marcata a partire dal 2005. Per i matrimoni in chiesa si è passati dai circa 18mila annui degli anni Novanta, ai 4mila attuali. Non va meglio sul fronte delle vocazioni, dove anzi si registrano numeri che dovrebbero destare allarme in primis fra le gerarchie cattoliche: «A oggi i preti ambrosiani sono 1.694 – non troppo lontani i tempi (1.998) in cui si diceva 1.100 parrocchie per 2.200 presbiteri –, già diminuiti a 1.737 nel 2020 e che caleranno, entro il 2040, fino al numero previsto di 1.050-1.055», afferma l’indagine diffusa dalla diocesi. «Ma ciò che fa più impressione – si osserva ancora – è l’età media del clero ambrosiano nel 2040: sostanzialmente, dei 1.050 sacerdoti, 767 saranno sotto i 75 anni (in realtà quelli possibilmente attivi si attesteranno sui 750) e solo 94 saranno quelli sotto i 40 anni. Il che significa che, nella grande maggioranza delle realtà diocesane (parrocchie, comunità pastorali, cappellanie), non vi sarà la presenza di un sacerdote giovane. A Milano, per esempio, si prevede che gli under 40 saranno solo 14. Naturalmente, due dei dati cruciali sono rappresentati dalle cifre relative agli ingressi in Seminario (6 nel 2022) e alle ordinazioni: per il 2023 sono 15 i candidati, ma il numero medio annuale oscillerà intorno ai 12, come cifra tendenziale, tra i 17 di una previsione ottimistica e i 7 della pessimistica». 

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