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Introduzione

Introduzione

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 30/12/2023

Un numero speciale di Adista interamente dedicato a un vescovo... Non capita spesso... Forse una sola volta prima di questa: era il 2012 e dedicammo una monografia al card. Carlo Maria Martini, appena scomparso. Ma in quel caso si trattava di una figura di portata internazionale, eccepiranno alcuni; di un prelato che era stato cardinale nell’arcidiocesi più importante dopo Roma, più volte indicato come possibile “papabile” in conclave, sottolineeranno altri. Eppure, padre Raffaele Nogaro, che il 31 dicembre compie 90 anni, per noi non ha avuto e non ha una rilevanza minore di Martini. Anzi! Per questo, se per molti sarà forse risultato curioso imbattersi in questo fascicolo, per altri, che conoscono bene Adista e padre Raffaele, probabilmente meno.

Per noi padre Raffaele è stato, insieme al card. Martini, la figura più significativa dell’episcopato italiano del post Concilio. Anzi, Martini e Nogaro sono probabilmente due distinte facce della stesse medaglia, quella del rinnovamento conciliare (a queste due figure va aggiunta quella di mons. Luigi. Bettazzi, che si colloca in una posizione mediana). L’uno, Martini, misuratissimo, attentissimo agli equilibri ecclesiastici, eppure costantemente proiettato a delineare una Chiesa più attenta al rapporto con il mondo secolarizzato, più radicata nella fedeltà a una lettura rigorosa della Bibbia, più aperta ai cambiamenti, da realizzare attraverso prudenti passi avanti. L’altro, padre Nogaro, ugualmente mite e affabile nei modi, ma nettissimo a realizzarla questa Chiesa e non solo a prefigurarla, sia nelle parole che nelle scelte, insofferente – fino alla pubblica e clamorosa denuncia, senza diplomazie e senza le reticenze tipiche del mondo ecclesiastico – di ogni ingiustizia compiuta di fronte al Vangelo di Gesù, sia che si tratti del malaffare politico locale e nazionale, della vita degli innocenti vittime di tutte le guerre (anche quelle “preventive” o “umanitarie”), dello scempio del territorio e dell’ambiente nel nome del profitto, che della vita dei disperati che tentano di raggiungere i confini di quei Paesi che prima ne hanno depredato i luoghi di origine, costringendoli alla fuga; e poi li respingono alle frontiere o li lasciano morire in mare come umanità di scarto.

Padre Raffaele Nogaro (a lui essere chiamato “monsignore” o “eccellenza” non è mai piaciuto, e non lo faremo) in questi decenni è stato talmente rigoroso nella sua radicale mitezza, dentro e fuori la Chiesa da diventare una figura scomoda, quasi insopportabile perché totalmente incompatile e non omologabile sia per l’establishment ecclesiastico che per gran parte del mondo politico e imprenditoriale, che hanno più volte – spesso in maniera coordinata o sinergica – tentato di liberarsi di questo vescovo “anomalo”, attaccandolo ed emarginandolo all’interno dell’epicospato, oppure organizzando campagne stampa contro di lui, su quegli stessi giornali che poi, in altre occasioni, ne sminuivano o tacevano (o addirittura distorcevano) le parole o l’azione civile e pastorale.

Oggi ricostruire il percorso teologico e pastorale di padre Raffaele, le profetiche posizioni sull’ambiente, la pace, i diritti e la giustizia sociale non è affatto un’operazione apologetica: significa mostrare e dimostrare a tutti coloro che lo hanno conosciuto e ne hanno condiviso le aspirazioni e le azioni, come a coloro che lo hanno solo sentito nominare o non lo conoscono affatto, che un altro modo di essere Chiesa, anche all’interno dell’episcopato, è possibile e praticabile! E non solo in un contesto di maggiore tolleranza e apertura come quello attuale. Ma anche nei periodi dove più dura è stata la repressione contro le speranze germogliate dopo il Vaticano II, come sotto i pontificati di Wojtyla e Ratzinger. E che allo stesso modo anche in un territorio segnato da miseria, degrado politico e malaffare, secolare rassegnazione e vincoli clientelari è stato concretamente indicato e praticato un percorso di dignità e riscatto, di denuncia e solidarietà vera, contrapposta ad ogni subalternità figlia delle logiche perverse dei rapporti di potere e denaro.

In questo, se padre Raffaele ha avuto e ha in Adista (come sempre ha voluto ricordare) la certezza di una comunità di persone (chi la scrive, chi la legge, chi la diffonde) in sintonia con le sue profonde aspirazioni, Adista ha avuto e ha in padre Raffaele un modello di coerenza e coraggio che ne ha scandito in tutti questi anni i passi e le scelte quotidiane. Contrassegnandone inequivocabilmente la storia.

Tanti auguri, padre Raffaele!

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