
Transizione ecologica e pace. O barbarie. La fine del Green Deal europeo
Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 15/06/2024
DOC-3319. ROMA-ADISTA. Doveva essere una svolta epocale: quando nel novembre del 2019 la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva lanciato il Green Deal europeo, aveva dichiarato che sarebbe stato «come lo sbarco dell'uomo sulla Luna», facendo dell’Europa il primo continente a raggiungere la neutralità climatica. E quando il 15 gennaio 2020 anche il Parlamento europeo aveva votato a favore dell'accordo, la sua richiesta era stata addirittura quella di obiettivi più ambiziosi.
Ma se il sogno era quello di promuovere un nuovo modello di produzione, in una forma circolare tale da consentire il taglio delle emissioni climalteranti, la riduzione dell'inquinamento e il rispetto della biodiversità, tutto è sostanzialmente rimasto sulla carta. E non solo l’obiettivo di far ripartire l’economia mettendo in primo piano la transizione ecologica è miseramente fallito, sotto i colpi delle varie lobby e dell’avanzata dei partiti nazionalisti, ma oggi, quasi cinque anni dopo il lancio di quel piano ambizioso, se c’è un new deal in Europa, questo non riguarda affatto la riconversione ecologica dell’economia, bensì una nuova corsa alle armi – il War Deal – in funzione anti-russa. Tanto più che, impegnandosi nella fornitura a Kiev di armi sempre più pesanti ed evocando – come ha fatto il presidente francese Emmanuel Macron – un intervento diretto nel conflitto, l’Europa è già di fatto entrata in guerra.
Così la stessa von der Leyen che aveva parlato del Green Deal come di una rivoluzione, e che già nel settembre dello scorso anno, pronunciando a Strasburgo il Discorso sullo Stato dell’Unione, aveva ridotto la dimensione ambientale a vantaggio di quella industriale, a fine febbraio, parlando al Parlamento europeo, ha pensato bene di lanciare un appello a investire nelle armi e nella difesa: «Dobbiamo convincere i nostri finanziatori, sia pubblici sia privati a sostenere la nostra industria della difesa».
Eppure, come ricorda Luiz Marques, collaboratore del Dipartimento di Storia dell’Istituto di Filosofia e Scienze umane dell’Unicam (Università statale di Campinas), sulla base di due rapporti pubblicati dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e da Copernicus, «l’Europa è il continente con il riscaldamento più rapido del pianeta», cosicché l’emergenza climatica, con tutte le relative conseguenze, dovrebbe essere, al contrario di quanto sta avvenendo, l’indiscussa priorità numero uno della Ue. Difficile, tuttavia, che il risultato delle elezioni europee dell’8-9 giugno vada in questa direzione.
Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, l’intervento di Marques, pubblicato il 13 maggio dal Jornal da Unicam, seguito dall’articolo, uscito il 19 maggio su Comune-info, di Paolo Cacciari e Aldo Femia, i quali, commentando l’affossamento del Green Deal – dovuto alla «contraddizione insanabile tra la logica di mercato e l’accettazione dei limiti biogeofisici del pianeta» –, evidenziano proprio come «il prezzo del fallimento della transizione energetica ed ecologica» sarà «la guerra combattuta a pezzi a scala mondiale». In chiusura, la traduzione del discorso pronunciato dal Segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici Simon Stiell il 10 aprile 2024 alla Chatham House di Londra. Sulla pagina dell’UN Climate Change si trova la trascrizione in lingua originale. È possibile guardare il video integrale su Youtube.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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