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​​Lo strabismo del cattolicesimo Usa che ha votato Trump. Un problema per i vescovi

​​Lo strabismo del cattolicesimo Usa che ha votato Trump. Un problema per i vescovi

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 16/11/2024

42032 ROMA-ADISTA. I cattolici, come i protestanti, hanno votato in larga maggioranza per Donald Trump. E questa una delle prime certezze – corroborate da numeri e sondaggi – emerse dalle elezioni americane. Non solo: l’altro fatto di cui tenere conto è che l’aborto non è stata una questione dirimente nemmeno per l’elettorato cristiano. In effetti, in ben 7 Stati (Maryland, Missouri, Arizona, Colorado, New York, Montana e Nevada), sono state approvate, attraverso referendum, altrettante normative che proteggevano il diritto all’aborto. D’altro canto anche in questo caso i rilevamenti d’opinione avevano descritto un quadro abbastanza chiaro già prima del voto: la gran parte dell’elettorato cattolico era contrario a leggi che stabilissero a livello statale, un divieto assoluto dell’aborto (dunque sposano posizioni “pro-choice”).

Economia e immigrazione sono stati i temi più urgenti in base ai quali hanno compiuto le loro scelte anche gli elettori che si riconoscono nelle Chiese cristiane. In particolare, più favorevoli al neo presidente Trump si sono dimostrati cattolici e protestanti bianchi di sesso maschile. Di certo, tuttavia, si può parlare di un cambiamento complessivo nell’elettorato cattolico che, di norma, a ogni tornata elettorale presidenziale, si divideva abbastanza equamente fra i due candidati, scegliendo con strette maggioranze l’uno o l’altro dei contendenti. Ora si è verificato un netto spostamento nel campo conservatore, tanto che c’è chi accredita una parte dell’elettorato cattolico come segmento ormai stabile del consenso di Trump, al pari della galassia evangelica. In questo quadro anche per la conservatrice Conferenza episcopale degli Stati Uniti il risultato non sembra di facile o scontata gestione (vista la posizione pro-choice della maggioranza dei cattolici): per i vescovi Usa, infatti, la questione aborto, intesa come difesa della vita, è sempre stata messa al primo posto fra quelle che dovevano determinare la scelta del voto. E, in tal senso, il partito repubblicano è stato sempre considerato il partito “pro-life” per eccellenza.

Tuttavia, allo stato attuale delle cose, sembra difficile che Trump e la sua futura squadra di governo s’imbarchino in una battaglia che rischia di restituire ossigeno al tramortito partito democratico e che risulterebbe perdente anche all’interno del proprio elettorato. In questo senso è interessante la prima reazione ufficiale dei vescovi che, attraverso una nota ufficiale del loro presidente, mons. Timothy Broglio, oltre alle congratulazioni di rito al neo eletto, affermano: «La Chiesa cattolica non è allineata con nessun partito politico, e nemmeno la Conferenza episcopale. Non importa chi occupa la Casa Bianca o detiene la maggioranza a Capitol Hill, gli insegnamenti della Chiesa rimangono immutati e noi vescovi non vediamo l'ora di lavorare con i rappresentanti eletti del popolo per promuovere il bene comune di tutti. Come cristiani e come americani, abbiamo il dovere di trattarci a vicenda con carità, rispetto e civiltà, anche se potremmo non essere d'accordo su come gestire questioni di politica pubblica. Come nazione benedetta da molti doni, dobbiamo anche preoccuparci di coloro che sono fuori dai nostri confini e desiderosi di offrire assistenza a tutti».

Il voto cattolico si sposta a destra

Secondo l’exit poll realizzato dal Washington Post, Trump ha conquistato il voto cattolico nazionale con un margine di 15 punti: 56% contro 41%. Un dato che dimostra una vittoria molto più ampia per Trump tra gli elettori cattolici rispetto agli exit poll del Post del 2020, che vedevano Trump con un vantaggio di soli cinque punti sul presidente Joe Biden, 52% contro 47%. Un altro sondaggio, particolarmente accurato, dell’Associated Press, ha mostrato Trump in testa tra gli elettori cattolici, ma con un margine inferiore di sette punti rispetto al sondaggio del Post. Secondo questi dati, infatti, Trump ha avuto la meglio nel voto cattolico con circa il 52 percento rispetto al 45 percento di Kamala Harris. Tuttavia, da questo secondo rilevamento emergono altri aspetti interessanti: il 61% degli elettori cattolici ha affermato che l'aborto dovrebbe essere legale in tutti o nella maggior parte dei casi e solo il 38% ha detto che dovrebbe essere illegale in tutti o nella maggior parte dei casi. Inoltre, è emerso che gli elettori cattolici erano equamente divisi sulla questione se l'aborto dovesse essere illegale dopo 15 settimane di gravidanza, con il 49% a favore di tale prospettiva e il 49% contrario.

Il sondaggio ha poi messo in luce, che gli elettori cattolici si fidavano di Trump più di Harris sull'immigrazione con un enorme margine di 25 punti, 57% contro il 32 %. Ha anche mostrato come i cattolici si fidavano maggiormente di Trump sull'economia con un margine di 19 punti, 55% contro 36%. Ancora, il 59% dei cattolici era preoccupato che Harris fosse troppo estremista e il 58% la pensava allo stesso modo su Trump.

Polarizzazioni e differenze

Gli elettori cattolici di 10 Stati chiave per l’elezione del presidente degli Stati Uniti – Arizona, Florida, Georgia, Michigan, Nevada, Carolina del Nord, Ohio, Pennsylvania, Texas e Wisconsin – intervistati dalla rete televisiva Nbc, hanno detto di aver votato per Trump con un margine di 15 punti, con il 56% dei voti andato all'ex presidente e solo il 41% alla vicepresidente Kamala Harris. Il vantaggio di Trump è stato ancora più ampio tra gli elettori cattolici bianchi, con il 60% che ha sostenuto l'ex presidente e il 37% che ha appoggiato Harris. Secondo quest’ultimo sondaggio, i cattolici rappresentavano il 22% degli elettori in quegli Stati, mentre i cattolici bianchi ne rappresentavano il 15%.

Sia Trump che il suo candidato alla vicepresidenza, il senatore cattolico dell'Ohio James David Vance, secondo il settimanale cattolico inglese The Tablet, hanno corteggiato pesantemente il voto cattolico nelle ultime settimane prima del voto. A fine ottobre, Trump ha definito Harris «distruttiva per il cristianesimo» e ha detto che i cattolici sono «trattati peggio di chiunque altro». Nella stessa settimana, Vance ha pubblicato un editoriale sul Pittsburgh Post-Gazette, accusando Harris di «pregiudizio contro i cattolici».

Sul fronte opposto, il periodico cattolico progressista americano, National Catholic Reporter, ha commentato così l’esito del voto: «Sopporteremo Donald Trump e i suoi adulatori. Il suo tempo passerà. Purtroppo, causerà danni significativi. Tuttavia, possiamo, anzi dobbiamo, limitare questo danno attraverso la nostra incessante determinazione. Come testimoni attivi di giustizia e misericordia, trasformeremo l'oscurità in luce e la debolezza in forza per noi stessi e per gli altri. Ogni atto d'amore, ogni gesto di gentilezza e guarigione costruisce la nazione che, per ora, sembra sfuggirci». «La speranza non è un semplice sentimento», si legge ancora nell’editoriale del NCR. «La speranza è una scelta che facciamo ogni giorno. Quando scegliamo la speranza, incarniamo l'essenza della nostra chiamata cristiana: una chiamata a essere agenti di cambiamento e testimoni dell'amore di cui la nostra nazione ha così disperatamente bisogno, ora più che mai».

La prudenza di Parolin

A margine di un’iniziativa all’Università Gregoriana di Roma, lo scorso 7 novembre, Il Segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, ha rilasciato alcune dichiarazioni sull’elezione di Donald Trump improntate alla prudenza: «All’inizio del suo mandato, gli auguriamo tanta saggezza perché questa è la virtù principale dei governanti secondo la Bibbia». «Io credo – ha aggiunto – che deve lavorare soprattutto per essere presidente di tutto il Paese, quindi superare la polarizzazione che si è verificata, che si è avvertita in maniera molto molto netta in questo tempo». A nome della Santa Sede, il cardinale ha auspicato che il nuovo presidente Usa «possa davvero essere un elemento di distensione e di pacificazione negli attuali conflitti che stanno insanguinando il mondo». Su come Trump possa contribuire alla pace, ha però aggiunto: «È difficile pronunciarsi su questi aspetti, vedremo che proposte farà, perché molti appunto sono rimasti sempre incerti. Per esempio quella famosa frase: “Il giorno dopo terminerà la guerra…”, ma come? Nessuno ha saputo mai dire e neppure lui ha dato indicazioni concrete su come. Vediamo adesso che cosa proporrà dopo che si sarà insediato». Per ottenere il risultato della fine dei conflitti, «Ci vuole tanta umiltà, tanta disponibilità – ha detto ancora il cardinale – ci vuole davvero la ricerca degli interessi generali dell’umanità, piuttosto che concentrarsi su interessi particolari. Io me lo auguro». Quindi interrogato sull’annuncio fatto da Trump di dare vita alla più grande deportazione della storia di migranti una volta eletto, Parolin ha affermato: «Noi siamo per una politica saggia nei confronti dei migranti e quindi che non si arrivi a questi estremi. Il Papa ha dato indicazioni molto precise, molto chiare su questo tema. Credo che sia l’unica maniera per affrontare il problema e risolverlo in maniera umana». 

*Foto presa da Flickr, immagine originale e licenza 

 

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