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Sondaggi fra palestinesi e israeliani: speranze e timori, ma basta guerra

Sondaggi fra palestinesi e israeliani: speranze e timori, ma basta guerra

Tratto da: Adista Notizie n° 40 del 23/11/2024

42040 TEL AVIV-ADISTA. Sul futuro dei rapporti tra israeliani e palestinesi, «le indagini condotte in Israele, Cisgiordania e Gaza offrono spiragli di speranza, tra molti motivi di disperazione». La frase introduce un articolo del quotidiano israeliano Haaretz (“Il 45% degli ebrei israeliani preferisce la guerra alla pace. E i palestinesi?”, 9/11) in cui vengono riferiti i risultati di vari sondaggi – i più sono di centri di ricerca residenti in Israele e Palestina, che qui non citeremo, se non in un caso, per non appesantire la lettura – somministrati alle due popolazioni negli ultimi 3 mesi, con qualche incursione in tempi precedenti, utile a una comparazione evolutiva.

La soluzione del conflitto più gettonata in ambito internazionale, conosciuta come “due popoli, due Stati”, ha l’opposizione del 68% degli ebrei israeliani e il favore del 21% (media fra il 39% degli ultra-cinquantacinquenni, l’8% degli inchiestati tra i 18 e i 34 anni, il 3% tra gli ebrei ortodossi e l’1% tra gli ultraortodossi). Inoltre il 42% del 68% dei contrari ebrei sostiene la creazione di un unico Stato a supremazia ebraica tra il fiume Giordano e il mare.

Sostiene invece la soluzione dei due Stati il 40% dei palestinesi che vivono in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme Est. Tra loro c’è stato addirittura – segnala il quotidiano – «un aumento significativo del sostegno a questa soluzione rispetto a prima della cosiddetta guerra del 7 ottobre, mentre tra gli ebrei israeliani c’è stato un calo». E i palestinesi preferiscono la soluzione a due Stati rispetto all’alternativa di uno Stato dominato dai palestinesi tra il Giordano e il mare (33%) o di un unico Stato democratico per ebrei e arabi (25%). Ma quando, a settembre, è stata posta loro la domanda, senza menzionare Israele – in altre parole, si chiedeva ai palestinesi dei Territori se sarebbero d’accordo ad accontentarsi di uno Stato nei territori occupati da Israele in Cisgiordania e a Gaza – il sostegno è salito al 59% (un altro sondaggio, condotto dall’Istituto per il progresso sociale ed economico-ISEP con sede a Ramallah, ha rilevato un sostegno ancora più alto: 62% in Cisgiordania, 83% nella Striscia).

«Un unico raggio di luce è emerso – afferma Haartez a questo punto – quando la domanda è stata posta in modo più ampio». La domanda era: «Se la scelta è tra una guerra regionale che includa Israele, l’Autorità Palestinese, il Libano, lo Yemen e forse l’Iran, e un accordo di pace regionale che includa un accordo palestinese-israeliano basato sulla soluzione dei due Stati e sulla normalizzazione araboisraeliana, qual è la sua preferenza?».

Il 65% dei palestinesi ha risposto che preferirebbe la pace regionale alla guerra regionale – «con una minima discrepanza, su questa domanda, tra i palestinesi della Cisgiordania e quelli di Gaza», segnala ancora il quotidiano –. Gli arabi di Israele hanno optato per la pace regionale all’89%. Tra gli ebrei in Israele, la pace «ha vinto ai punti sulla guerra, ma non per ko: 55% contro 45%».

Interessante un sondaggio condotto all’inizio di ottobre. Bisognava esprimere una preferenza fra uno Stato palestinese smilitarizzato, con un cosiddetto governo moderato e la supervisione di altri Stati arabi, e l’annessione della Striscia di Gaza. Il 55% degli ebrei israeliani ha scelto uno Stato palestinese smilitarizzato, contro il 45% che ha preferito l’annessione.

Quello che emerge dai sondaggi condotti tra i palestinesi negli ultimi mesi è anche una indubbia disparità tra gli abitanti della Cisgiordania e quelli di Gaza su quali politiche sia necessario adottare a breve termine, prima di un’eventuale soluzione dell’annoso conflitto. I gazawi, stanchi di guerra, sono meno favorevoli alla lotta armata, mentre i palestinesi della Cisgiordania pensano che al momento ciò che è più utile ai gazawi è il conflitto con Israele. Illuminate il risultato di un altro sondaggio somministrato a settembre ai residenti di Gaza su quale «strategia nazionale oggi». Il 7% ha risposto “escalation”, il 93% “de-escalation”. In Cisgiordania la situazione è inversa: due terzi si sono detti favorevoli all’“escalation”.

Rileva in merito a quest’ultimo risultato Obada Shtaya, dell’Istituto per il progresso sociale ed economico-ISEP di Ramallah che ha condotto il sondaggio, «nell’ultimo semestre Israele è riuscito a radicalizzare la Cisgiordania». E aggiunge: «È la prima volta che si può dire, sulla base dei dati, che la Cisgiordania sta per esplodere». E la differenza tra la Cisgiordania e Gaza è evidente anche nel grado di sostegno agli attacchi del 7 ottobre 2023. I sondaggi mostrano un forte calo del sostegno dei gazawi all’assalto di Hamas: oggi si aggira tra il 20% e il 40%, a seconda dei sondaggi, e se anche in Cisgiordania si registra un calo, esso è più moderato: evidentemente si è convinti, come emerge da un altro sondaggio, che «la forza è l’unico modo per porre fine all’occupazione».

In calo la stella di Hamas a Gaza

Altro oggetto dei sondaggi degli ultimi mesi è il gradimento di cui gode Hamas nella Striscia di Gaza. Gradimento nient’affatto maggioritario. A settembre, al sondaggista che chiedeva chi avrebbero preferito al governo della Striscia «il giorno dopo», poco più di un terzo ha risposto Hamas, in significativo calo rispetto a un’indagine di maggio dove favore e contrarietà ad Hamas più o meno si pareggiavano. Nel mezzo altri due sondaggi hanno mostrato la freddezza dei gazawi verso un governo di Hamas: ad agosto era favorevole solo il 6%, e ancor meno a settembre, il 4%. E lì dove è stato chiesto «cosa dovrebbe fare Hamas dopo la guerra», solo un terzo dei gazawi ha risposto che dovrebbe avere un ruolo significativo; gli altri hanno indicato un ruolo simbolico per l’organizzazione. Non così in Cisgiordania, dove più della metà dei palestinesi afferma che Hamas dovrebbe svolgere «un ruolo di primo piano sia nel governo che nella resistenza dopo la guerra».

È dal 2006 che i palestinesi non vanno alle urne. All’epoca, Hamas ebbe il 46% dei voti a Gaza e poco meno tra i palestinesi in generale (44%). Oggi, dai dati raccolti, «ci sono molte tendenze positive», dice a Haaretz Shtaya, che ne indica due: «Uno è che i palestinesi vogliono le elezioni immediatamente. Due, nelle future elezioni, Hamas e Fatah otterranno insieme il 30%. I palestinesi sono pronti al cambiamento. Oggi a Gaza, la percentuale di persone che pensano di votare per un nuovo candidato è del 60%». Quella data è comunque troppo lontana per poter comprovare i dati dei sondaggi, com’è ancora sempre troppo lontano il giorno della pace. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza

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