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Cardinali e abusi: gli scheletri nell’armadio del conclave
Tratto da: Adista Notizie n° 18 del 10/05/2025
42238 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Il 28 aprile, durante la quinta congregazione, i cardinali hanno tracciato una sorta di identikit del prossimo papa, che sarà chiamato ad affrontare, in particolare, tre sfide: evangelizzazione, rapporto con le altre fedi e questione degli abusi. Una triade non scontata, soprattutto per quanto gli abusi, fenomeno la cui dimensione sistemica è andata sempre più evidenziandosi nel corso di questi ultimi anni.
È dunque interessante indagare il rapporto dei cardinali con questo tema. Tema già protagonista nella fase pre-Conclave, con il caso del card. Juan Luis Cipriani, arcivescovo emerito di Lima, in Perù, che, pur accusato di abusi sessuali lui stesso e per questo sanzionato nel 2019 da papa Francesco con l’interdizione a indossare l’abito cardinalizio e a partecipare al Conclave, si è fatto vedere a Roma ai funerali del papa e all’uscita degli incontri tra cardinali (v. notizia precedente). Una presenza, la sua, che ha suscitato l’indignazione dell’organismo di vittime BishopAccountability, guidato da Ann Barrett Doyle. È molto preoccupante, afferma l’organismo, il fatto che a Cipriani sia stato permesso di partecipare facendo riferimento alla Universi Dominici Gregis, che prevede la partecipazione al Conclave dei cardinali «non legittimamente impediti». «Se la punizione imposta dal papa stesso per l'aggressione sessuale ai danni di un minore da parte di un cardinale non costituisce un “legittimo impedimento”, cosa diavolo lo può essere?», si chiede BishopAccountability. Includere un abusatore nelle riunioni «scredita le loro parole».
Del resto, un’altra figura controversa si aggira in Vaticano, il card. Roger Mahony, già arcivescovo di Los Angeles (1985-2011), esempio di malgestione dei casi di abuso e di protezione di sacerdoti pedofili, tanto che nel 2013 il suo successore, mons. José Gomez, mai nominato cardinale, ha privato Mahony dei suoi incarichi pubblici. Questo non è bastato tuttavia a far scemare la credibilità del cardinale in Vaticano: ha presenziato alla cerimonia della chiusura della bara di papa Francesco, il 25 aprile, perché è tra i "cardinali presbiteri" più anziani nel Collegio. Una ragione derogabile. Perché non ha fatto un passo indietro, si chiede la rivista gesuita conservatrice online Catholic World Report (25/4), come fece nel 2018, dopo le proteste pubbliche per la sua infelice nomina a legato pontificio per le celebrazioni del 150.mo anniversario della diocesi di Scranton, in Pennsylvania?
E poi ci sono tutti gli altri, i cardinali elettori che, nel loro percorso ecclesiastico, non hanno brillato per una gestione cristallina dei casi di abuso. Di qui l’iniziativa Conclave Watch varata dall’organizzazione americana Snap (Survivors Network of those Abused by Priests), che presenta i loro profili, in continuo aggiornamento. «Gli ultimi tre papi hanno tutti insabbiato gli abusi sessuali da parte del clero», si legge sul sito di Conclave Watch. «Non possiamo permettercene un quarto».
I cardinali segnalati da Conclave Watch
Fino al momento in cui scriviamo sono venti i profili di cardinali segnalati da Snap. Si parte dal camerlengo, il card. irlandese Kevin Farrell, naturalizzato statunitense, incaricato della gestione del Vaticano nella fase di interregno pre-Conclave. Molte testate lo citano per la sua appartenenza ai Legionari di Cristo – per quanto egli se ne sia allontanato nei primi anni ‘80 e abbia sempre affermato di non aver incontrato che un paio di volte il fondatore Marcial Maciel Degollado, nonché di essere stato all’oscuro della doppia vita e delle perversioni di quest’ultimo – ma più ancora per il suo incarico a fianco del card. Theodore McCarrick, dimesso dallo stato clericale da papa Francesco per abusi su minori e adulti e recentemente deceduto. Gli abusi, ampiamente noti già negli anni ‘90, non avevano impedito a McCarrick di diventare nel 2000 arcivescovo di Washington grazie a papa Wojtyla. Ed è proprio in quel contesto che Farrell, già vicario generale nella medesima arcidiocesi, diventa nel 2001 ausiliare di McCarrick. Possibile che non sapesse nulla? Quando nel 2016, dopo nove anni da vescovo a Dallas, papa Francesco lo chiama in Vaticano come prefetto del Dicastero per i Laici e gli conferisce la berretta rossa, facendone il cardinale statunitense di più alto rango in Vaticano, il caso McCarrick sta per esplodere in tutta la sua virulenza, raggiungendo l’apice nel 2018; Farrell si dichiarò sempre all’oscuro di tutto. In una intervista all’Associated Press (31/7/18), affermò che nessuno lo aveva messo al corrente: «Non l'ho mai sospettato nemmeno per un istante. Ora la gente può dire “Beh, devi essere proprio uno stupido a non averlo notato”. Devo essere proprio uno stupido, ma non credo di esserlo. Ed è per questo che sono furioso».
Certo, né lui né Mahony sono mai stati condannati per alcun reato, ma certo questo “rumore di fondo”, come lo definisce il World Catholic Report, non indica quel cambio di passo nell’autocritica e nella “pulizia” da parte del Vaticano.
Gli altri diciannove profili segnalati da Snap, alcuni dei quali denunciati per aver violato le prescrizioni del documento Vos estis Lux Mundi (www.conclavewatch.org/cardinals) comprendono anche personaggi di rilievo come il card. Luis Antonio Tagle, uno dei “papabili” più favoriti. Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, «non ha preso provvedimenti in merito agli abusi noti e ha rilasciato dichiarazioni pubbliche preoccupanti che hanno minimizzato l'attenzione dei media sugli abusi nella Chiesa. Nel 2017, Tagle e altri leader della Caritas – spiega Snap – sono stati informati della precedente condanna di padre Luk Delft per abusi su minori, ma a Delft è stato permesso di continuare a ricoprire il ruolo di Direttore di Caritas nella Repubblica Centrafricana, dove in seguito sono emerse nuove accuse di abuso. Nel 2021, il dicastero di Tagle è stato incaricato di indagare sul vescovo Patrick Dunn per presunto insabbiamento in Nuova Zelanda. Invece di affrontare la denuncia, l’anno dopo Tagle ha elogiato pubblicamente Dunn. Da allora, le vittime non hanno ricevuto alcun aggiornamento sul caso».
Altro “illustre”, il card. Robert Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi. Come provinciale degli Agostiniani, «permise a padre James Ray, un sacerdote allora accusato di abusi su minori e il cui ministero era stato limitato dal 1991, di risiedere presso il convento agostiniano di St. John Stone a Chicago nel 2000, nonostante la sua vicinanza a una scuola elementare cattolica. Da vescovo di Chiclayo, tre vittime si sono presentate alle autorità civili nel 2022, dopo che non si era registrato alcun progresso nel loro caso canonico presentato tramite la diocesi. Hanno affermato che Prevost non ha aperto un'indagine, ha inviato informazioni inadeguate a Roma e che la diocesi ha permesso al sacerdote di continuare a celebrare la messa».
Il card. Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede, «reintegrò Peter Kramer come sacerdote dopo che gli fu ordinato di sottoporsi a terapia per una condanna per pedofilia nel 2000. Müller non informò la diocesi e Kramer fu accusato di abusi nella sua nuova parrocchia nel 2007». Ebbe a dichiarare ai media che la colpa nei casi di abuso ricadeva esclusivamente sull'autore: «"Se un insegnante abusa di un bambino, la colpa non è né della scuola né del Ministero dell'Istruzione". Nel 2016, Fritz Wallner, ex presidente del consiglio diocesano laico di Ratisbona, in Germania, affermò che Müller, in qualità di vescovo di Ratisbona, aveva "sistematicamente" "ostacolato le indagini sugli abusi" nel coro dei ragazzi "Regensburger Domspatzen"», guidato per trent’anni dal fratello di Joseph Ratzinger, Georg. Sotto la guida di Müller, prosegue Conclave Watch, «la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) è stata messa sotto inchiesta nel 2015 per irregolarità finanziarie che riguardavano centinaia di migliaia di euro di "entrate amministrative", tra cui quelle derivanti da casi di abusi sessuali su minori. Fonti hanno riferito a The Pillar che "decine di migliaia di euro di fondi dipartimentali erano tenuti in contanti nei cassetti degli uffici e utilizzati come fondi discrezionali privi di giustificativo dai funzionari" e che una somma di 200.000 euro era stata depositata sul conto personale di Müller anziché sul conto del dicastero. Nel 2017, Müller è stato rimosso dall'incarico di Prefetto della CDF in seguito alle rivelazioni di un arretrato di 2.000 casi di denunce di abusi e alle critiche dell'ex membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e sopravvissuta agli abusi l’irlandese Marie Collins, per un livello "inaccettabile" di resistenza alle raccomandazioni della commissione. In una lettera aperta, Collins ha rivelato che la CDF di Müller ha ignorato o bloccato le riforme approvate dal papa per la protezione dei bambini e l'assistenza alle vittime», come l'istituzione di un tribunale per giudicare i vescovi per abusi e negligenza, auspicata da Francesco.
Raymond Burke, prefetto emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, rappresentante della frangia più conservatrice e tradizionalista della Chiesa. Come vescovo di La Crosse, «ha mantenuto nel ministero attivo una percentuale maggiore di sacerdoti con denunce di violenza sessuale rispetto a qualsiasi altro vescovo degli Stati Uniti, anche dopo ammissioni dirette e documentate di colpevolezza. Non ha mai denunciato alla polizia o alle autorità civili nessuno delle decine di preti autori di reati a La Crosse. Come arcivescovo di St. Louis, Burke ha trasferito decine di preti predatori, comprovati, confessati e accusati in modo credibile, provenienti da tutti gli Stati Uniti, in strutture ecclesiastiche o residenze private». Sul fronte progressista, il cardinale di Chicago Blase Cupich «ha ripetutamente minimizzato la crisi degli abusi del clero e non è riuscito ad agire con decisione contro i noti abusatori. Mentre guidava il comitato per gli abusi della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB) (2002-2005, 2008-2011), ha minimizzato il problema, affermando falsamente nel 2010 che gli abusi non si verificavano più. Dopo il rapporto del Procuratore Generale dell'Illinois del 2023, ha negato di essere a conoscenza di 62 sacerdoti e frati religiosi accusati di abusi, nonostante la sua stessa arcidiocesi ne avesse fornito i nomi. Come vescovo di Spokane, non è intervenuto quando sette preti accusati vivevano nel campus della Gonzaga University . Nel 2017, ha trasferito segretamente p. Richard McGrath, OSA, nonostante un'indagine di polizia in corso sul possesso di materiale pedopornografico e sugli abusi sessuali su minori da parte di McGrath, rimuovendolo solo dopo che le forze dell'ordine hanno denunciato il caso.
Uno dei candidati del fronte conservatore, l’arcivescvovo di Budapest Péter Erdő, «non è riuscito a garantire trasparenza, responsabilità e cura pastorale nella gestione delle accuse di abuso contro don Balázs, accusato in modo credibile di aver abusato sessualmente di diversi minori. Nonostante un rapporto del 2015 del sopravvissuto Attila Pető – corroborato da altre vittime e riconosciuto come "fondato" dall'arcidiocesi – Erdő ha imposto al sacerdote una sospensione segreta di dieci anni nel 2016 senza avvisare le vittime né il pubblico. Il caso è stato rivelato solo attraverso l'esposizione mediatica».
Anche il Segretario generale del Sinodo card. Mario Grech compare nell’elenco. «In qualità di vescovo di Gozo, Malta, non ha denunciato alle autorità civili i responsabili di abusi noti e ha ritardato la rimozione di sacerdoti accusati in modo credibile di abusi sessuali su minori. Vittime e sostenitori hanno criticato la sua gestione di diversi casi, tra cui uno in cui un sacerdote dimesso dallo stato clericale è stato formalmente informato della sua rimozione solo due anni dopo la decisione del Vaticano. Numerosi sopravvissuti ai terribili abusi nell'orfanotrofio Lourdes Home hanno parlato apertamente. Grech ha preso provvedimenti in merito alle loro denunce solo dopo che i media hanno riportato i crimini commessi, nonostante la diocesi avesse condotto una propria indagine, tenuta segreta per sette anni».
Le altre segnalazioni sul sito di Conclave Watch riguardano il card. Daniel DiNardo, arcivescovo emerito di Galveston-Houston, USA; Timothy Dolan, arcivescovo di New York, USA; il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede card. Víctor Manuel Fernández, l’arcivescovo emerito di Washington Wilton Gregory, il card. James Harvey, arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura; il card. Gérald Lacroix, arcivescovo di Québec, Canada, il card. di Tonga Soane Patita Paini Mafi, Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Reinhard Marx di Monaco (nel maggio 2021, Marx inviò a Francesco una lettera di dimissioni, rifiutate, da arcivescovo per la sua responsabilità personale nella gestione scorretta degli abusi. Tre i casi malgestiti nell’arcidiocesi di Monaco), Robert McElroy di Washington, Sergio da Rocha arcivescovo di São Salvador da Bahia (Brasile), Joseph Tobin di Newark, USA.
E Zuppi?
Nel database di Snap non compare, per ora, il card. Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani e arcivescovo di Bologna. Non bisogna dimenticare che Zuppi, nel configurare la strategia di lotta agli abusi della Chiesa italiana, ha escluso la creazione di una commissione indipendente d’inchiesta, unica garanzia di uno sguardo obiettivo e super partes per fare luce sulla situazione reale degli abusi nel nostro Paese. E ha mostrato di continuare a considerarli casi isolati, opera di poche mele marce. Decisamente, non una buona credenziale per un papa che abbia tra le sue priorità questo impegno.
«Ciò di cui abbiamo bisogno dal prossimo papa sono azioni significative, non ulteriore retorica», ha affermato Ann Barrett Doyle. «Abbiamo bisogno che promulghi una legge ecclesiastica universale che elimini definitivamente dal ministero pubblico tutti i molestatori di minori che hanno dimostrato di essere dei veri responsabili, che renda pubblici i nomi delle migliaia di sacerdoti finora ritenuti colpevoli secondo la legge ecclesiastica». D’altronde, Vos estis Lux mundi è una «mezza misura»: «il clero non è ancora tenuto a denunciare gli abusi alle autorità civili e tutto ciò che viene detto nel confessionale resta sacrosanto»; «Non richiedeva trasparenza nei confronti del pubblico, né divulgazione al pubblico, e non comportava nemmeno la segnalazione alle forze dell'ordine. In un certo senso, era una continuazione di ciò che abbiamo sempre avuto».
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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