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FUORIROTTA - 1976

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 10/03/2007

Più della paura poté il coraggio della speranza, il coraggio del pluralismo democratico e della rottura di uniformità calate dall'alto. E contra spem il '76 osò l'attraversamento del guado, accompagnato da una Chiesa in ascolto dei segni dei tempi, inciampi e ritardi compresi. Sulla riva, in stallo più che in attesa, un Paese sfiancato: la crisi del governo Moro, osteggiato dai socialisti al contempo ‘gelosi' e ‘diffidenti' circa le aperture al Pci, e da gran parte della stessa Dc dove sostanzialmente fallisce il rinnovamento annunciato da Zaccagnini, conduce alle elezioni politiche anticipate, mentre imperversano corruzione politica (uno per tutti, lo scandalo Lockheed), disoccupazione, svalutazione della lira, fuga dei capitali all'estero, ristagno della produzione, terrorismo, mafie e poteri occulti vari (le Br uccidono il Procuratore generale della Repubblica Francesco Coco e i neofascisti di Ordine nuovo il giudice Vittorio Occorsio, una bomba esplode ancora una volta a Brescia causando un morto e 8 feriti, Edgardo Sogno viene arrestato a Torino per trame contro la sicurezza dello Stato). Sullo sfondo, lo scenario di un Occidente dove in nome dell'anticomunismo si consumano immani delitti, come il golpe militare del 24 marzo in Argentina, la cui ferocia si rivelerà attraverso migliaia di uomini e donne desaparecidos, eliminati perché amavano la democrazia.

La comunità ecclesiale si interroga, dovunque dilaga il dibattito sulla necessità di nuove mediazioni tra fede e storia e la parte più illuminata dell'episcopato coglie la provocazione dei tempi attraverso Epu ("Evangelizzazione e promozione umana"), il primo Convegno ecclesiale ideato per "tradurre in italiano" il Concilio, per superare lo stallo e mettere in ascolto della storia e tra di loro tutte le componenti del mondo cattolico. Certo, nella serenità dell'ascolto reciproco - voluto in particolare dall'anima del Convegno, ovvero il segretario della Cei, mons. Enrico Bartoletti, che muore a pochi mesi dall'inizio di Epu – irrompe ancora una volta ‘la paura del comunismo' eccitata dalla campagna elettorale stile '48 messa in piedi dalla Dc e dai conservatori vari, che, memori del risultato delle amministrative del '75 temono "il sorpasso" da parte del Pci. Berlinguer, nel clou della campagna elettorale ‘rassicura' circa il suo voler rimanere sotto l'ombrello della Nato, ma a molta Chiesa interessa di più il clima etico-politico generale di una vittoria del Pci in un anno in cui, fra l'altro, divampa il dibattito e la mobilitazione femminista sulla legalizzazione dell'aborto. Le elezioni, si sa, finirono con il recupero della Dc, con la buona ma ‘inutile' affermazione del Pci, con l'ennesimo incarico di governo ad Andreotti mentre la linea di apertura a sinistra di Moro-Zaccagnini al Congresso Dc di marzo passava d'un soffio con il 51,5% dei voti. A latere, l'avvento di Craxi alla segreteria del Psi.

Ma nel frattempo la questione ecclesiale si era fatta tutt'uno con la questione politica del Paese, nel bene e nel male. Suggello di tale intreccio, le candidature di cattolici democratici di spicco come indipendenti nelle liste del Pci e il conseguente, rovente dibattito. Paolo VI, accennandovi indirettamente, parlò di "tradimento", e in un discorso alla Cei invitò in sostanza a votare ancora Dc, nonostante la discutibilità della "perfetta rappresentanza" dei principi cristiani. E nonostante la non ‘perfetta rappresentanza' fosse intesa in molta parte del mondo cattolico come, stavoltà sì, ‘tradimento' degli stessi principi attraverso un malgoverno e una corruttela disperante, i vescovi sfornavano raccomandazioni in tutta Italia contro ogni rottura dell'"unità" ecclesiale, ancora identificata da molti con l'unità politica dei cattolici. Ma la Chiesa suggellata da Epu è quella, almeno nella linea di tendenza, che cerca l'unità intorno alla Parola e non su uno schieramento politico. È la Chiesa dei centinai di cattolici, sacerdoti, quadri e dirigenti Acli, Azione Cattolica, Cisl, Fuci, Agesci, Comunità di Base che in una lettera esprimono solidarietà ai cattolici candidati nel Pci. È la Chiesa anche della diocesi di Torino guidata dal card. Michele Pellegrino, Chiesa che a meno di un mese dalle elezioni organizza un convegno intitolato "Per un pluralismo nelle scelte politico-sociali dei cattolici" (a novembre dello stesso anno Pellegrino si dimette adducendo ragioni di salute, ma sono in molti a pensare che sulla sua scelta pesino pressioni della Curia vaticana). È la Chiesa, ancora, del vescovo di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi, che segna il '76 con due lettere aperte, una a Zaccagnini e l'altra a Berlinguer. La prima, a 3 mesi dalle elezioni, per ricordare che non le etichette ma le politiche concrete qualificano l'essere ‘cristiano'. La seconda, dopo le elezioni, per richiamare alla "liberazione dell'uomo" come senso per il Paese dell'incontro tra "cristiani" e Pci. (m. r. r.)

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