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DICO: IL MIEAC APRE ALLA "VIA ITALIANA" SULLE UNIONI DI FATTO

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 31/03/2007

33817. ROMA-ADISTA. Il ventaglio di posizioni e punti di vista che riempie il dibattito sul disegno di legge, in discussione al Parlamento, sul riconoscimento dei "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi" è estremamente variegato e ricco di sfumature, anche tra le organizzazioni ecclesiali: dal rifiuto totale del dialogo ai contenuti del manifesto per le famiglie "Più famiglia" preparato da 5 "saggi" cattolici (Giovanni Giacobbe, Carlo Casini, Francesco D'Agostino, Luigi Alici, Domenico Delle Foglie) e sottoscritto da tutti i movimenti e le associazioni ecclesiali (tranne l'Agesci, che non aderì nemmeno al Comitato "Scienza e Vita"), anche in vista della manifestazione del 12 maggio, fino alla presa d'atto della necessità di una soluzione giuridica in relazione alle mutate condizioni e situazioni della società italiana.

In questo senso va il "Contributo per la riflessione" del Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica (Mieac), che tratta la questione dei Dico e della tutela della famiglia in maniera organica, affrontandone i nodi controversi.

"La presenza nel Paese – si legge nel documento – di situazioni diversificate di convivenza esige che si trovino soluzioni giuridiche in grado di riconoscere una serie di diritti e di doveri e forme di tutela non assimilabili a quelle previste per il matrimonio", sottolineando la peculiarità della "via italiana" come "più equilibrata rispetto agli orientamenti prevalenti a livello europeo". Ai cattolici impegnati in politica il compito di "lavorare per trovare punti di convergenza, cercando di salvaguardare il più possibile i principi ispiratori, che non possono essere mai considerati in maniera generica e astratta, ma devono trovare vie di mediazione in interventi legislativi". "In questo caso – continua il documento – l'esercizio da parte dei laici in ordine alle realtà terrene spetta alla retta coscienza dei singoli", mentre alla comunità ecclesiale spetta il compito di "considerare come ambito primario di intervento quello educativo e culturale, contribuendo innanzitutto ‘a monte', ‘preventivamente' a creare consapevolezza, discernimento, impegno di vita". Di seguito il testo integrale del documento, pubblicato sul sito internet del Mieac www.impegnoeducativo.it.

Il dibattito sviluppatosi nel Paese a proposito del Riconoscimento dei diritti e dei doveri delle persone stabilmente conviventi ha assunto toni molto accesi, generando forme di contrapposizione, che hanno di fatto impedito un sereno e costruttivo dialogo tra sostenitori delle diverse posizioni, in modo da chiarire e precisare i diversi aspetti del problema. Probabilmente, in tale contesto, il disegno di legge può prestarsi a possibili fraintendimenti ed essere percepito come attacco al modello di famiglia, previsto dalla Costituzione. Negli articoli 29, 30 e 31, infatti, si riconoscono i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, ai quali la legge assicura ogni tutela giuridica e sociale. A questo scopo vengono previste forme di agevolazioni economiche e altre provvidenze, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Appare evidente che la famiglia delineata dalla Costituzione repubblicana non può essere confusa con le situazioni di convivenza che, comunque, come fenomeno sociale di grande rilevanza, attendono di essere in qualche modo tutelate da parte del legislatore, soprattutto in relazione alle situazioni di maggiore fragilità e precarietà, come testimonia il crescente fenomeno dei divorzi e delle separazioni.

Tuttavia, oggi, in un contesto sociale profondamente mutato, dove il ricorso ai legami deboli denuncia la difficoltà ad assumere impegni di lunga durata, la presenza nel Paese di situazioni diversificate di convivenze, esige che si trovino soluzioni giuridiche in grado di riconoscere una serie di diritti e di doveri e forme di tutela, non assimilabili a quelle previste per il matrimonio. La legge, infatti, ha una funzione regolativa dei rapporti sociali, perché non siano lasciati all'arbitrio e alla casualità. È un dato oggettivo che la famiglia e il matrimonio abbiano subito un deterioramento, non certo imputabile ad una legge non ancora in vigore, quanto piuttosto al venir meno di un orizzonte di valori condivisi che facevano da collante sociale. I dati Istat ci dicono che fra le nuove famiglie una su quattro è fondata sulla convivenza. Mentre per chi pensa al corpo sociale, e alla famiglia in esso, come una realtà stabile, persistente, capace di assicurare protezione e cura in maniera sistematica e duratura, è auspicabile che anche questo 1 su 4 possa liberamente decidere di sposarsi, la comunità non può ignorare di tutelare la parte più debole di ogni relazione, situazione, contesto sociale.

Alla luce della complessità del problema, è possibile prevedere un'assunzione di responsabilità a diversi livelli:

- Occorre, innanzitutto, che le comunità ecclesiali e le associazioni laicali intensifichino gli sforzi per rigenerare dal basso la comunità, perché ogni credente sappia riscoprire il valore della famiglia, sia aiutato a maturare una maggiore consapevolezza della responsabilità, e i giovani sappiano vivere, attraverso un forte radicamento evangelico, la dimensione della speranza e il coraggio delle scelte decisive della vita. La comunità non può affidarsi unicamente al valore taumaturgico delle leggi dello Stato, ma deve essere in grado di far maturare processi di interiorizzazione, capacità di discernimento, maturità umana, comportamenti coerenti, attenzione ai poveri e ai deboli e alle situazioni di marginalità e di sofferenza, attraverso itinerari di educazione all'etica della responsabilità e del bene comune.

- È compito della comunità ecclesiale e dei singoli credenti dare testimonianza evangelica del valore della famiglia attraverso una proposta ed un linguaggio che ne facciano cogliere in positivo tutta la pienezza per la vita di ogni persona e l'enorme importanza per l'intera società. L'adesione convinta a tale valore e la sua assunzione libera e responsabile è quanto deve stare a cuore ai discepoli del Signore i quali, pertanto, devono considerare come ambito primario di intervento quello educativo e culturale, contribuendo innanzitutto "a monte", "preventivamente" a creare consapevolezza, discernimento, impegno di vita.

- I credenti impegnati in politica devono assumere comportamenti coerenti con l'ispirazione ai valori in cui si riconoscono e, insieme, con la laicità delle istituzioni. È evidente che, in una società pluralista, possono convivere visioni diverse, con le quali occorre stabilire un dialogo aperto, franco e fecondo, attraverso il faticoso esercizio del discernimento, in modo da tener presente l'orizzonte del bene comune e ricercare soluzioni praticabili per dare risposte ai bisogni delle persone e alle situazioni che reclamano un intervento da parte del legislatore. In tale contesto è importante lavorare per trovare punti di convergenza, cercando di salvaguardare il più possibile i principi ispiratori, che non possono essere mai considerati in maniera generica e astratta, ma devono trovare vie di mediazione in interventi legislativi. In questo caso, l'esercizio dell'autonomia da parte dei laici in ordine alle realtà terrene spetta alla retta coscienza dei singoli. È bene tener presente che il parziale riconoscimento giuridico di alcune forme di unione che caratterizza la "via italiana" risulta più equilibrata rispetto agli orientamenti prevalenti a livello europeo.

- Nello stesso tempo, è auspicabile che si intensifichino sempre più gli sforzi per dare alla famiglia la sua centralità, come istituzione fondamentale della società, che va pertanto sostenuta con adeguate politiche attive, soprattutto le realtà più deboli e svantaggiate, mediante misure sul piano fiscale, modalità di conciliazione tra lavoro e famiglia, stabilizzazione del lavoro precario, politica della casa, attraverso un potenziamento di congedi parentali, asili nido e una rete di servizi che accompagnino i giovani in questa scelta di vita.

In ogni caso, si ritiene che un intervento legislativo in tale materia, particolarmente delicata per le sue implicazioni di carattere etico-sociale, deve ricadere nella responsabilità dell'intero Parlamento, luogo istituzionale dove il dibattito va riportato, in modo che le diverse sensibilità trovino spazio di confronto serio, di ampia riflessione e di verifica aperta, perché siano ricercate soluzioni compatibili con la Carta costituzionale, e individuate, nel rispetto delle prerogative insostituibili della famiglia, vie praticabili per la tutela dei diritti dei singoli e della collettività, fondate sui principi di solidarietà e sul rispetto della dignità di ogni persona.

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