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FUORIROTTA 1979

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 31/03/2007

È un anno di grandi mutamenti dello scenario internazionale: l'Inghilterra svolta a destra, con la vittoria di Margaret Thatcher; il Nicaragua va a sinistra, con la cacciata del dittatore Somoza e l'ingresso a Managua (20 luglio) delle truppe sandiniste; l'Iran non si capisce bene dove vada quando il 17 gennaio, dopo mesi di proteste popolari, lo Shah Reza Pahlavi fugge dal Paese (lo si capirà in poche settimane, con l'avvento al potere dell'ayatollah Ruhollah Khomeyni); e l'Europa va alle urne: tra il 7 e il 10 giugno, nei 9 Stati Cee si tengono le elezioni del primo Parlamento Europeo.

In Italia, la crisi politico istituzionale, dopo la morte di Moro, esplode in tutta la sua violenza. Si va verso la fine della "prima" Repubblica, mentre, orfana del suo stratega, la politica del compromesso storico naufraga definitivamente: il 31 gennaio il IV governo Andreotti si dimette. E Pertini scioglie le Camere. Alle elezioni del 3-4 giugno, a pagare il disastroso esito dell'esperienza dell'unità nazionale e della vicenda Moro è il Pci, che perde 4 punti percentuali. Non paga dazio invece Francesco Cossiga. Alcuni dopo il pugno di ferro usato contro il movimento del '77 e la gestione del caso Moro lo consideravano politicamente spacciato. Ma dopo ben 8 mesi di crisi, il 12 agosto è proprio lui a varare un esecutivo passato alla storia per il contestatissimo decreto antiterrorismo (dicembre) che amplia i poteri della polizia e limita le libertà individuali. Ma Br e Prima Linea proseguono la strategia degli omicidi e delle gambizzazioni. Nella lunga lista delle vittime anche il sindacalista Guido Rossa, ucciso dalle Br perché considerato un delatore. I suoi funerali, accompagnati da un'imponente manifestazione, sanciscono la frattura definitiva tra mondo operaio e lotta armata.

Ma il 1979 è anche l'anno di enigmatici omicidi, ulteriore conferma di una crisi che scuote alle radici gli assetti del Paese. Come quello di Mino Pecorelli, colpito il 20 marzo a Roma da quattro colpi di pistola uno dei quali - significativamente - in bocca. Con il sul suo settimanale "Op", il giornalista, personaggio al centro di oscuri intrecci tra la politica, criminalità e servizi segreti, stava approfondendo gli scenari collegati al delitto Moro ed aveva informazioni sul memoriale dello statista Dc ritrovato l'anno prima (mutilo) a via Montenevoso. Poi, l'11 luglio, l'omicidio di Giorgio Ambrosoli - liquidatore della potente Banca privata di Michele Sindona - assassinato l'11 luglio da un killer assoldato dallo stesso Sindona (frattanto fuggito negli Usa). E ancora, il 21 luglio, l'assassinio a Palermo - per mano di mafia - del capo della squadra mobile Boris Giuliano (indagava sul traffico di droga tra Palermo e gli Usa, sull'affare Sindona e sulla scomparsa di Mauro De Mauro).

I temi del dibattito ecclesiale sono diversi: la revisione del Concordato, oggetto dei lavori parlamentari; ma anche l'aborto, perché si inizia a parlare di un referendum abrogativo e c'é chi paventa il ripetersi del clima di scontro del 1974. Intanto papa Wojtyla sta per compiere il primo anno di pontificato e dà alle stampe la sua prima enciclica, Redemptor Hominis, che trova positiva accoglienza anche all'interno del mondo ecclesiale progressista. Il pontificato non ha infatti ancora assunto con chiarezza la strada della restaurazione. Ma ci sono già parecchi segnali: come il legame che il papa stringe con Comunione e Liberazione, in occasione dell'udienza generale concessa al movimento il 31 marzo; o la repressione che continua a colpire il fermento ecclesiale: nel 1979 cadono il redentorista tedesco Bernhard Haering, forse il più autorevole teologo moralista del post-Concilio, il teologo domenicano francese Jacques Pohier, il teologo olandese Edward Schillebeeckx e quello tedesco Hans Küng. Severamente richiamata anche la Compagnia di Gesù guidata da padre Pedro Arrupe. Ma qualcuno spera ancora, e in giugno 500 preti sposati spagnoli scrivono al papa per chiedergli di poter continuare il loro ministero. Sul tema del celibato, anche una lettera al papa firmata da 30 sacerdoti di 12 diocesi francesi. Ma nella Chiesa soffia anche il vento del cambiamento: le comunità ecclesiali si accendono di speranze per la rivoluzione sandinista, cui forte è l'apporto dei credenti e della Chiesa popolare. E grande eco ha la III Assemblea dell'episcopato latinoamericano che si svolge a Puebla (Messico) tra gennaio e febbraio. Intervenendo ai lavori (28 gennaio), il papa aveva attaccato frontalmente la Teologia della Liberazione (ricevuto in udienza dal papa, a marzo, mons. Oscar Arnulfo Romero sperimenterà sulla sua pelle la profonda incomprensione di Wojtyla per la Chiesa schierata a fianco degli oppressi). Ma il documento finale dell'Assemblea - pure "depurato" a Roma degli aspetti più innovativi - conferma l'opzione preferenziale per i poveri, la denuncia delle ingiustizie sociali, l'importanza delle comunità di base e dei ministeri laicali. Poi, in dicembre, il via libera della Camera all'installazione in Italia dei Missili Pershing e Cruise voluti dalla Nato in funzione antisovietica scuote il mondo cattolico: Sinistra Indipendente, Acli, Cisl, Comunità di Base, Agesci, Pax Christi e Cristiani per il Socialismo si preparano alla mobilitazione. (v. g.)

DON SIRIO POLITI: "FEDELTÀ A DIO E ALLA SUA PAROLA, UNICO CONCORDATO POSSIBILE"

7655) Viareggio-adista. "Rivisti dal punto di vista della fede, giudico questi 50 anni una pura perdita, cioè un deterioramento della chiarezza di fede, della possibilità di un'autentica ricerca di Dio e quindi di un incontro con il messaggio cristiano, che è stato sicuramente sacrificato da motivazioni opportunistiche di potere. Si è affermato un potere temporalistico nella vita della chiese e nella sua organizzazione, a partire dalla gerarchia fino alla struttura delle parrocchie. Il potere dato al mondo ecclesiastico ha consentito possibilità di intrallazzi che forse sono ancora da scoprire in tutta la loro gravità. Questo per me è il punto importante: questi 50 anni possono essere stati carichi di impegni e realizzazioni temporalistiche, ma sicuramente hanno costituito una perdita dal punto di vista della fede.

(...) non sono dell'idea che l'attuale concordato debba essere aggiornato con uno nuovo. Penso ad un superamento di esso, perché credo che i rapporti tra chiesa e stato non devono essere regolati da un accordo giuridico. La chiesa non deve concordare con nessuno e non deve aspettare intese da parte di nessuno, perché il suo concordato lo deve realizzare soltanto con Dio, rimanendo fedele alla sua parola continuando l'opera di Cristo nel mondo. Questo è l'unico concordato. La fedeltà a Dio e alla sua parola non è possibile se la chiesa ripone la sua fiducia nelle sicurezze e nei vantaggi dei concordati; mentre la sua missione, per essere sincera ed autentica, esige un impegno costante per la verità e la giustizia. Tale compito può comportare, nei confronti dei governi, prese di posizione scomode e dure, che non debbono essere intralciate e condizionate dai concordati".

(da Adista nn. 1413-1414-1415 del 15 febbraio 1979)

PUEBLA: 50 VESCOVI LATINOAMERICANI SCRIVONO A MONS. OSCAR ROMERO...

7721) Puebla-adista (...) "Caro fratello. Riuniti qui a Puebla, noi vescovi di tutto il continente latinoamericano per tentare di dare un messaggio di incoraggiamento e di speranza a tutto il popolo di Dio, abbiamo vissuto con te e ci sono stati presentati una volta di più i patimenti e le speranze della tua chiesa locale e della grande maggioranza del popolo che vive nel tuo territorio. Vogliamo rivolgerci a te come fratelli ed incoraggiarti nella nobile lotta che conduci per il tuo popolo.

Sappiamo che il Signore ha collocato sulle tue spalle l'incarico pastorale dell'arcidiocesi di San Salvador nel momento in cui cominciava una ostilità, una vera persecuzione, in parole ed opere, contro ogni servizio della tua chiesa in favore della liberazione cristiana di molti salvadoriani miseri e oppressi, privi di solidarietà fraterna e ai quali, per tutto questo, veniva nascosto il volto di Dio, nostro padre.

Durante questi due anni abbiamo seguito con sentimenti di solidarietà il processo del tuo impegno pastorale con i poveri. Sempre più sei andato facendo tuoi i problemi e le lotte dei campesinos e dei lavoratori, con i quali una minoranza, attaccata alla ricchezza e al potere, non intende spartire in uguaglianza. Non solo hai saputo parlare in loro difesa, ma hai anche difeso coraggiosamente il diritto che essi hanno di formare le loro comunità e organizzazioni, che tu hai incoraggiato e favorito.

(...) In due anni nella tua arcidiocesi quattro sacerdoti sono stati assassinati insieme con diversi laici, più di dieci sono stati espulsi, sono stati compiuti attentati contro istituzioni ecclesiali, il popolo dei poveri - principale destinatario della missione della chiesa - è stato represso in maniera crescente, e la missione della tua chiesa verso i poveri è stata continuamente ostacolata con minacce ai catechisti e ai delegati della parola, rendendo in tal modo pericolosa la convocazione delle comunità cristiane. In mezzo a tutto ciò, accusato e diffamato con tutti coloro che cercano le vie della giustizia, ti sei mantenuto fermo, ben sapendo che bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini. (...)

Attraverso di te intendiamo rivolgerci a tutto il popolo di Dio che risiede nella tua arcidiocesi e a tutti i poveri del tuo paese, ai quali annunci la buona notizia di Gesù Cristo nella loro situazione concreta. Essi sono il corpo di Cristo nella storia, come hai spiegato nella tua seconda lettera pastorale. Essi sono stati presenti qui a Pueblo mediante la tua voce. (...) Si tratta di un popolo contro la cui oppressione e repressione hai detto e continuerai a dire: "Basta!", "cosi non può essere!". Si tratta di un popolo che, lo sappia o no, è il servo di Jahvè vivente e dolorante oggi. Con il suo dolore, con l'offerta della sua vita per la propria dignità, si va coalizzando una comunione che comporta germi di vita nuova per oggi e per il futuro per una società nuova, giusta, solidale, libera, fraterna e nella pace della riconciliazione tra fratelli come segno dell'amore del Padre, concretizzazione del Regno e promessa di unità definitiva.

Le nostre chiese e i nostri popoli, cha pure soffrono, lottano e sperano, sono parte di questa comunione che si raggiunge liberando e dando la vita. (...)

Con le nostre preghiere ricavi un fraterno abbraccio".

(da Adista nn. 1428-1429-1430 del 5 marzo 1979)

... E AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL NICARAGUA

7720) Puebla-adista (...) "Caro fratello. In questi giorni di convivenza qui a Puebla abbiamo ascoltato il grido delle sofferenze e delle speranze del popolo nicaraguense. Riuniti qui per trattare dell'evangelizzazione dei nostri popoli, per essere fedeli interpreti della buona notizia di Gesù ai poveri vogliamo ricordare con particolare affetto te e i tuoi fratelli nell'episcopato, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e il popolo del Nicaragua.

Ricordiamo ancora con profonda tristezza e santa ira il dolore, le violazioni e la morte di tanti uomini, donne, bambini e giovani umili e generosi, alcune vittime innocenti, tutti immolati per la giustizia e la libertà. Nelle nostre discussioni sulla dignità dell'uomo, sui diritti dei poveri e sul più fondamentale dei diritti, quello alla vita, la situazione del Nicaragua è stata assai presente tra noi, come esempio del martirio al quale le tirannie di ogni tipo sottomettono i popoli.

Ma in mezzo alla grandissima pena e all'indignazione per l'ingiustizia e il dolore che vivete, ci consola vedere voi e tutta la chiesa del Nicaragua solidale con il popolo, al pari di buoni pastori che non abbandonano le pecore; ci consola vedervi denunciare con coraggio profetico gli orrori inflitti a questo stesso popolo, al pari di Gesù e dei profeti; ci consola vedervi pronti ad allevare con tutti i mezzi della chiesa la miseria dei più umili, al pari del buon Samaritano; ci consola vedervi lucidi per evitare mali maggiori e proporre, partendo dalla fede cristiana, drastici cambiamenti nella guida politica del paese.

Per tutto questo vogliamo dirvi grazie, molte grazie. Vogliamo ringraziare per la testimonianza di un popolo e di una chiesa che, come il servo di Jahve, si stanno caricando dei peccati del loro paese con l'intento di piantare sulla terra il diritto e la giustizia. Se come cristiani dobbiamo reciprocamente incoraggiarci nella fede, in questo momento è la chiesa martirizzata del Nicaragua, insieme con altre chiese in tutto il sud e centroamerica, che ci conferma nella fede.

Possiamo soltanto offrirvi la nostra solidarietà nella denuncia dei crimini nel soccorso alle miserie materiali e morali, nell'annuncio di un nuovo Nicaragua nel quale la parola di Gesù sia veramente buona notizia, nel lavoro comune svolto nelle nostre chiese. Questa lettera, fratelli, vuole essere segno di tutto ciò, ed essere segno dell'impegno di accompagnarvi nei giorni difficili che ancora hanno davanti la chiesa e il popolo del vostro paese. Chiediamo al Signore che la vostra chiesa rimanga ferma nella difesa dei diritti dei figli di Dio e che la sua parola continui ad essere la parola chiara della verità che mantiene la speranza.

Speriamo vivamente che il sole ritorni a risplendere in Nicaragua e che il fragore della guerra si trasformi nel suono di pace delle campane e delle chitarre.

Speriamo in un Nicaragua nuovo, nel quale il popolo possa reggere il proprio destino, come espressione di uguaglianza fra tutti, di partecipazione e indipendenza reali, di solidarietà effettiva con tutti i popoli fratelli; (...).

Con le nostre preghiere ricevi un fraterno abbraccio".

(da Adista nn. 1428-1429-1430 del 5 marzo 1979)

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