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IL CLIMA CAMBIA. NON IL VATICANO. UN CONVEGNO DÀ SPAZIO AI ‘NEGAZIONISTI' DELL'EFFETTO SERRA

Tratto da: Adista Notizie n° 33 del 12/05/2007

33865. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Chi sperava che la Chiesa cattolica assumesse un ruolo profetico nell’impegno mondiale contro i cambiamenti climatici sarà rimasto deluso dalla conferenza organizzata a Roma, il 26 e 27 aprile, dal Pontificio consiglio Giustizia e Pace su “Cambiamenti climatici e sviluppo”. Le preoccupazioni per il deterioramento a livello planetario delle condizioni ambientali hanno sempre faticato a fare breccia nei palazzi vaticani ma c’era chi sperava (v. Adista n. 20/07) che questo seminario ad alto livello, il primo di questo genere organizzato dalla Santa Sede, potesse segnare un punto di rottura. La scelta dei relatori e lo sviluppo del dibattito, invece, hanno confermato che la linea del Vaticano è quella di un cauto scetticismo nei confronti delle previsioni degli scienziati, dando credito a quanti sostengono che la difesa dell’ambiente vada a nuocere allo sviluppo, soprattutto dei Paesi poveri.Come ha chiarito a conclusione dei lavori il card. Renato Martino, il Vaticano “non esprime una posizione ufficiale” sul rapporto tra i cambiamenti climatici e le attività dell’uomo, ma si limita ad auspicare che la comunità scientifica “continui il suo preziosissimo lavoro, finalizzandolo ad una adeguata comprensione e ad un illuminante chiarimento delle cause”. Non è quindi sufficiente, secondo la Santa Sede, il consenso raggiunto dagli scienziati di tutto il mondo sul fatto che le attività dell’uomo – e in particolare le emissioni di anidride carbonica, cresciute in maniera esponenziale dall’inizio della Rivoluzione industriale – stiano avendo un impatto significativo sul clima del nostro pianeta, con un aumento della temperatura stimato tra 1 e 7 gradi °C, in media, nel corso di questo secolo (tenendo presente che, oltre la soglia dei 2 gradi °C, l’ampiezza e la grandezza degli effetti, secondo gli scienziati, crescerebbe in modo pericoloso, se non irreversibile; v. Adista n. 84/06). Martino, anzi, in una dichiarazione ad Avvenire, mette in guardia dal rischio dal “pericolo dell’allarmismo” insito nelle previsioni degli ambientalisti e la scelta degli oltre 80 tra scienziati, politici ed attivisti invitati a prendere parte al seminario, che si è svolto a porte chiuse, sembra aver rispecchiato proprio questa impostazione. 

 

Esperti controversi

Ad aprire i lavori sono stati l’Ambasciatore francese per l’Ambiente Laurent Stefanini e il ministro per l’Ambiente britannico David Miliband, impegnati – soprattutto il secondo – a promuovere nei propri Paesi politiche stringenti di riduzione delle emissioni. Tra i relatori della prima giornata anche il climatologo Stefan Rahmstorf, membro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, che ha parlato della “Dinamica dei gas serra”: per lui, la correlazione tra CO2 atmosferico e riscaldamento globale è “provata al 99%”. Ma accanto a lui gli organizzatori del seminario hanno messo Antonino Zichichi, membro della Pontificia Accademia delle Scienze, che nega la validità dei modelli matematici utilizzati per calcolare la crescita delle temperature mondiali.La scelta di relatori dichiaratamente di parte e di dubbia attendibilità è stata ancora più netta per la fondamentale seconda sessione, quella dedicata a “Cambiamenti climatici e sviluppo economico”. Erano invitati a parlare l’economi-sta Indur Goklany, lo scienziato Craig Idso e l’esperto di questioni energetiche Claudio Rafanelli. Il primo, vicedirettore per le politiche scientifiche e tecnologiche dell’ufficio di analisi del Dipartimento degli Interni statunitense, è uno dei principali artefici della politica ambientale dell’amministrazione Bush. Goklany non nega la responsabilità umana del riscaldamento planetario, ma è convinto che il “benessere globale netto è maggiore se il mondo è più ricco e più caldo”: “Con un riscaldamento attorno ai 2 gradi il bilancio sarà positivo”, sostiene, e, sulla base di questa convinzione, rifiuta i parametri imposti dal protocollo di Kyoto, perché ridurrebbero la libertà economica e quindi la capacità dell’uomo di adattarsi, grazie al progresso e alla tecnologia, alle trasformazioni climatiche. Il suo ultimo libro porta l’ottimistico titolo The Improving State of the World (“Il miglioramento dello stato del mondo”; Cato Institute, Washington, DC, 2007) e in esso Goklany scrive che, piuttosto che cercare di contrastare l’effetto serra, bisognerebbe cercare di stimolare lo sviluppo economico dei Paesi più poveri e vulnerabili.Ancora più dubbio il profilo dell’altro relatore, Craig Idso. È il fondatore, nonché presidente del consiglio di amministrazione, del “Centro studi sull’anidride carbonica e i cambiamenti globali”, con sede a Tempe, in Arizona, e fa parte di una famiglia tutta dedicata a smentire le basi scientifiche del cambiamento climatico. Suo padre, Sherwood Idso, è attualmente presidente del Centro studi mentre suo fratello, Keith Idso, ne è il vicepresidente. Tutti e tre sono strettamente associati con alcuni dei principali istituti e centri di ricerca ‘scettici’ nei confronti del riscaldamento globale, finanziati, direttamente o indirettamente, dalla multinazionale del petrolio Exxon Mobil e dalla Western Fuels Association, un’associazione che riunisce numerose aziende elettriche statunitensi proprietarie di centrali a carbone. Il Centro studi degli Idso preferisce non rivelare i propri finanziatori ma documenti pubblici mostrano che tra il 1998 e il 2005 ha ricevuto, a vario titolo, 90.000 dollari dalla Exxon Mobil. Sherwood Idso è anche affiliato alla Greening Earth Society – di cui fa parte anche Sylvan Wittwer, consigliere di amministrazione del Centro studi – e con il George C. Marshall Institute. Si tratta di altri due istituti dedicati a screditare i fondamenti scientifici del cambiamento climatico: il primo è stato interamente finanziato, per molti anni, dalla Western Fuels Association, con cui divideva anche gli uffici di Arlington, Virginia, mentre il secondo ha ricevuto 630.000 dollari dalla Exxon. La multinazionale del petrolio ha speso quasi 16 milioni di dollari per seminare nell’opinione pubblica il dubbio che il riscaldamento globale non esista o, se esiste, non sia pericoloso.Non ci sarebbe, in sé, niente di discutibile nell’invitare scienziati schierati sui due fronti di un dibattito scientifico aperto: ma la questione del cambiamento climatico è, per la stragrande maggioranza degli scienziati, assodata al di là di ogni ragionevole dubbio. Uno studio del 2004 (pubblicato da Naomi Oreskes sulla rivista Science) ha scoperto che, su 928 articoli pubblicati su riviste scientifiche tra il 1993 e il 2003, nessuno metteva in dubbio che i cambiamenti climatici siano dovuti all’attività dell’uomo, né presentava prove a sostegno dell’ipotesi contraria. E questo accadeva prima del quarto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), un organismo istituito nel 1988 da due agenzie delle Nazioni Unite per studiare i rischi collegati all’effetto serra. Pubblicato nel febbraio 2007, il rapporto del gruppo di lavoro sui Fondamenti scientifici del cambiamento climatico, scritto da circa 600 scienziati di 40 Paesi e rivisto e approvato da altri 620 studiosi e dai rappresentanti di 113 governi, conclude che il riscaldamento su scala mondiale è “inequivocabile”. 

Gli ‘scettici’ nella Chiesa

La ‘scientificità’ del cambiamento climatico non è, quindi, più in discussione e i pochi studiosi di avviso contrario nascondono spesso, come visto, pesanti conflitti d’interesse nelle pieghe del proprio curriculum. Eppure il Vaticano ha deciso di dare loro una platea di sicuro rilievo internazionale. È per questo motivo che uno dei teologi che ha preso parte al seminario ha scritto un’indignata lettera di protesta al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il rischio è che la Chiesa perda credibilità dando risalto all’opinione dei negazionisti e che le loro teorie vengano scambiate per quelle ufficiali del Vaticano. L’autore vuole rimanere anonimo (e non divulgare il testo della lettera) perché è importante anche solo che si parli, nella Chiesa, della questione ambientale e una critica troppo aspra rischia di “spaventare” la Curia e provocare una chiusura. Il seminario, infatti, ha anche presentato degli elementi positivi, soprattutto quando, il secondo giorno, hanno preso la parola alcuni vescovi direttamente impegnati, sul piano pastorale, con le conseguenze della trasformazione del clima. Mons. Christopher Toohey, della diocesi australiana di Wilcannia-Forbes, secondo quanto riporta l’agenzia Catholic News Service, ha ammesso che il contributo di amore per la vita della Chiesa potrebbe offrire guida e ispirazione di fronte all’emergenza ambientale ma è “per certi versi assente” nel dibattito mondiale. Anche mettendo tra parentesi le controversie scientifiche, “abbiamo un dovere cristiano di vivere vite semplici e responsabili”. Un concetto espresso anche da Benedetto XVI, che nel telegramma inviato in occasione del seminario si è augurato che questo aiuti a promuovere “stili di vita, modelli di produzione e consumo improntati al rispetto del creato e alle reali esigenze di progresso sostenibile dei popoli, tenendo conto della destinazione universale dei beni”.Nella Chiesa, secondo l’autore della lettera, non mancano coloro che vorrebbero una presa di posizione forte, magari addirittura un’enciclica, sulle questioni ambientali. Ma con ogni probabilità dovranno aspettare ancora a lungo.Il card. Martino, infatti, a conclusione dei lavori, ha ricordato come per la Chiesa “la natura non sia un assoluto, ma una ricchezza posta nelle mani responsabili e prudenti dell’uomo”. Quest’ultimo non va quindi “considerato un elemento di disturbo nell’equilibro ecologico”, come avverrebbe nelle tesi di alcuni ecologisti. Sarebbe questa una delle cause della prudenza nei confronti di chi sostiene la realtà del cambiamento climatico, insieme al timore delle potenziali conseguenze di una scelta ecologica: Martino teme che “per impedire il supposto disastro ambientale”, si ricorra al ‘controllo delle nascite’, promuovendo la diffusione di aborto e contraccezione. Allo stesso tempo, ha aggiunto, c’è il rischio che per difendere l’ambiente vengano limitate le possibilità di sviluppo dei Paesi più poveri.Alcune di queste riserve espresse da Martino trovano ampia eco in alcuni dei movimenti più conservatori, in particolare nei Legionari di Cristo. Questi ultimi erano molto ben rappresentati al convegno (almeno 6 su un’ottantina di partecipanti, tra membri della Congregazione e docenti dell’Università Europea di Roma e dell’ateneo Regina Apostolorum) e hanno dato ampio risalto alle tesi ‘scettiche’ del prof. Zichichi sull’agenzia Zenit a loro vicina.

Inoltre, tra i partecipanti del convegno brillava per la sua assenza Greenaccord, un’“associazione di ispirazione cristiana (…) nata per stimolare l’impegno di tutti gli uomini di buona volontà di qualsiasi credo o confessione religiosa, sul tema della salvaguardia della natura”, che organizza ogni anno un Forum internazionale per giornalisti cristiani “interessati ai temi della salvaguardia della Natura”, mentre non mancavano il Cespas (Centro Europeo di Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo, anch’esso vicino ai Legionari di Cristo) e l’Istituto Bruno Leoni, attorno a cui si raccolgono molti degli ‘scettici del clima’ italiani. (alessandro speciale)

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