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A MILANO NON SI È CAPACI DI DIALOGARE CON CHI STA AI MARGINI

- Tettamanzi

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 3 del 03/01/2009

“Vorrei riflettere con voi sul fondamentale tema del dialogo, vera e propria emergenza del nostro tempo, a Milano e non solo”. L’invito è stato lanciato dall’arcivescovo di Milano, card. Dionigi Tettamanzi, nel “Discorso alla Città”, pronunciato per la solennità di San’Ambrogio, il 5 dicembre scorso. In apertura, Tettamanzi ha chiesto ai cittadini di farsi guidare, nella loro condotta, dal “paradigma ambrosiano dell’uomo sapiente, che in momenti a volte oscuri e critici, resta immutabile nell’animo”, coltiva “ideali forti” e rimane “radicato nella sua carità e quindi nella sua apertura agli altri”.

Della capitale del business italiano, il testo di Tettamanzi ha messo in luce l’estremo individualismo – Milano “pare che si presenti come una grande città fatta da tante piccole isole, spesso non comunicanti tra loro” – e una generalizzata carenza di fiducia, che fomenta il conflitto. E così “tutti ci sentiamo più soli”. Egoismo e sfiducia nell’altro sarebbero, per il cardinale, alla base di una grave caduta del “dialogo autentico”, “che esige l’attenzione all’altro, la propensione ad ascoltarlo e perfino a comprenderlo, anche quando non se ne condividono le vedute”.

Ad inasprire il dibattito sono state le aperture del Discorso di Sant’Ambrogio verso i “nuovi” cittadini. Milano, ha spiegato Tettamanzi, è una città “da sempre chiamata all’incontro delle genti, delle culture, delle città: in questo si giocherà la sua identità e metterà in evidenza la sua anima”. Ed è inutile speculare sui timori dei milanesi sventolando la bandiera di un’identità minacciata perché, ha affermato, “il dialogo rafforza l’identità, la arricchisce, la rinnova, la proietta verso il futuro”. In tale direzione, il cardinale ha delineato i contorni di “una nuova sintesi culturale che caratterizzerà la Milano di domani. Una sola Milano: dei milanesi da generazioni e dei ‘nuovi’ milanesi”.

Tra le righe Tettamanzi chiedeva anche la realizzazione di nuovi luoghi di culto per favorire la preghiera ai cittadini non cattolici. Le sue parole hanno incontrato la netta opposizione della Lega (v. Adista n.91/08), impegnata in questi giorni nella sponsorizzazione di una moratoria contro la realizzazione di nuove moschee in Italia.

In un commento sul Portale della Comunità Ambrosiana, don Virgino Colmegna – presidente della Casa della Carità – ha sottolineato che “questo è anche un messaggio che restituisce fiducia a chi, come noi, opera sui confini per rilanciare una città che non esclude, ma che si misura con la cultura d’appartenenza e di solidarietà”.

Vicino al card. Tettamanzi anche il sociologo della Cattolica, Eugenio Zucchetti che, sempre sul Portale della Comunità Ambrosiana, ha osservato come la chiusura dei milanesi nei confronti dello straniero nasce da un “clima di incertezza, di insicurezza che regna nella città”, e che “genera sospetto, aggressività e paura”. Per Zucchetti “la città contemporanea, tra cui Milano, comincia a fare i conti con le cosiddette ‘classi pericolose’, quei gruppi da cui difendersi (gli altri, i diversi, le persone che non sanno o non sono in grado di mantenersi, di lavorare o di consumare a sufficienza)”. E così “più che protezione sociale si chiede sicurezza”.

Padre Lidio Zaupa – parroco stimmatino della comunità milanese di S. Croce –, raggiunto telefonicamente da Adista, ci ha detto: “C’è una domanda che il Cardinale ha posto nel suo discorso che mi interroga: ‘Sappiamo dialogare a Milano?’. È proprio vero, a Milano si fatica ad incontrarsi, a parlarsi, a convivere. I milanesi sono ottimi protagonisti, culturalmente preparati, ma ognuno gestisce in proprio il suo patrimonio. E le ‘piccole isole’ non esistono solo a livello sociale ma anche ecclesiale. L’impegno della Chiesa ambrosiana per i prossimi anni sarà proprio quello di creare condizioni per parlare a tutti, specialmente ai musulmani, ai rom e ai terzomondiali, spesso rimasti ai margini del tessuto sociale ed ecclesiale”.

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