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IMPOSTARE LA PACE

Tratto da: Adista Contesti n° 11 del 31/01/2009

DA ANNI UN GESUITA STATUNITENSE  INTRATTIENE UNA FITTA CORRISPONDENZA CON GLI ATTORI PRINCIPALI DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE.

Questo asrticolo Di claire schaffer-duffy è stato pubblicato  sul settimanale cattolico Usa “national catholic reporter” (14/01/2009). Titolo originale: “jesuit priest corresponds with hamas”

 

Il prete gesuita P. Raymond Helmick, prolifico scrittore di lettere, negli ultimi tre anni, ne ha inviate quasi 20 a Khalid Mishal, fondatore e leader politico del movimento palestinese Hamas, sollecitandolo ad abbandonare l’attivismo militante, ad unirsi con Fatah, il rivale politico di Hamas, e ad organizzare i palestinesi in una campagna disciplinata di resistenza nonviolenta all’occupazione israeliana.

“Le vostre armi militari sono troppo modeste per resistere a quelle di Israele, ma quello che Israele non può reggere è la mobilitazione di un popolo che rifiuta, senza ricorso alla violenza, qualsiasi cooperazione con i suoi invasori”, ha scritto Helmick in una lettera del febbraio 2006, alcune settimane dopo che Hamas aveva vinto le elezioni parlamentari palestinesi.

Le missive a Mishal sono l’ultimo capitolo dello straordinario impegno di Helmick con i maggiori intermediari del conflitto israelo-palestinese, un impegno portato avanti in primo luogo tramite lettere e, in rare occasioni, con incontri. Negli ultimi venticinque anni, il prete ha scritto ai leader politici palestinesi e ad ufficiali di Stato di diverse amministrazioni Usa e israeliane, compreso Yasser Arafat: il presidente Clinton e entrambi i Bush, i segretari di Stato Colin Powell e Condoleezza Rice e i primi ministri israeliani Yitzhak Rabin e Ariel Sharon.

Le lettere e i rapporti, che riempiono tre volumi, costituiscono uno dei testi per un corso sul Medio Oriente che Helmick, professore di teologia, tiene al Boston College.

“La risoluzione del conflitto è un processo di interpretazione”, ha detto Helmick. “Sono sempre molto ansioso di analizzare, interpretare e vedere quali opzioni un popolo ha e di parlare di questo con loro… Una volta che vi sia un’alternativa alla violenza, la violenza non è più una strada legittima. Arafat l’aveva capito. Gli israeliani lo capiscono. Hamas lo capisce. Certo, devono credere che le altre opzioni siano reali e che ciò comporta molta esplorazione”.

Il prete 77enne ha una lunga storia di osservazione e di mediazione dei conflitti in forma ufficiosa. Ha lavorato con le fazioni belligeranti in Irlanda del Nord, Libano e Yugoslavia. A Washington ha contribuito a creare lo U.S. Institute of Peace e successivamente ha prestato servizio come docente associato nel Programma di Diplomazia preventiva al Centro di Studi Strategici e Internazionali. Entrambi gli incarichi gli hanno guadagnato l’accesso a chi attuava i piani nella politica estera americana. Con il rev. Jesse Jackson ha contribuito al rilascio di tre prigionieri americani tenuti a Belgrado durante il conflitto in Kosovo, nel 1999.

Ma è il conflitto israelo-palestinese ad aver consumato gran parte dell’attenzione di Helmick. Se ne è interessato grazie al suo amico ebreo Richard Hauser, un sociologo, e alla moglie di Hauser, Hephzibah Menuhin, pianista concertista e sorella del grande violinista Yehudi Menuhin. Il prete e la coppia hanno fondato il Centro per i Diritti Umani e le Responsabilità di Londra, che nel 1973 ha ospitato una delegazione palestinese inviata da Arafat per contattare ebrei europei.

Helmick ha incontrato più volte il leader palestinese nel 1986, due anni prima che il governo Usa riconoscesse ufficialmente l’Olp, e per i due decenni successivi ha continuato la corrispondenza con lui, dando la sua opinione sulle opzioni per la pace durante le negoziazioni sugli accordi di Oslo e di Camp David.

Nel suo libro Negotiating Outside the Law: Why Camp David Failed (“Negoziare al di fuori del Diritto: perché Camp David è fallito”), Helmick afferma che i colloqui per la pace del 2000 soffrivano di una debolezza strutturale: il fatto di non tenere conto del diritto internazionale. “La disparità di potere definisce questo conflitto alla base. Se il conflitto non viene affrontato in conformità al diritto, l’unica alternativa è una procedura basata sui rapporti di potere e quindi determinata dalla superiorità politica e militare. Ciò fa di ogni accordo null’altro che un diktat”, ha spiegato. “Il diritto - ha aggiunto - non tutelerebbe l’occupazione, ma proteggerebbe i diritti degli israeliani così come dei palestinesi”.

Entro una settimana dalla vittoria elettorale di Hamas nel 2006, Helmick ha mandato al rev. Jackson la sua valutazione dell’elezione e ha proposto un incontro con Mishal, che vive in esilio a Damasco, in Siria. Jackson e Helmick avevano tentato, in precedenza, di instaurare un rapporto con Hamas quando facevano parte di una delegazione interreligiosa che nel 2002 visitò Israele ed i territori palestinesi. I delegati avrebbero dovuto recarsi a Gaza per una sessione con il leader spirituale di Hamas, Sheikh Ahmed Yassin, ma il loro viaggio saltò dopo che Hamas fece esplodere una bomba all’Università ebraica di Gerusalemme, come rappresaglia per l’attacco di un F-16 israeliano lanciato qualche giorno prima. In una appassionata lettera al religioso musulmano, Helmick lamentò che la bomba, un “atto di vendetta per la vendetta”, aveva reso loro impossibile incontrarsi.

“Che cosa volete dagli israeliani?”, aveva chiesto il prete cattolico. “Volete che insistano in questa ostile ricerca di vendetta o volete ottenere da loro compassione e giustizia? Siamo tutti responsabili per i nostri nemici, per le loro anime, e dobbiamo cercare di portarli alla giustizia e al pentimento. Ciò accadrà soltanto se voi agirete secondo uno standard morale più elevato del loro, imitando la compassione e la giustizia di Dio”.

Nonostante l’attacco dell’F-16 e il conseguente bombardamento, durante l’estate 2002 i palestinesi stavano valutando un cessate-il-fuoco unilaterale con Israele. La riluttanza di Hamas a firmare un documento per il cessate-il-fuoco era causata dal disaccordo sul riferimento del documento al confine israelo-palestinese, ha spiegato Helmick.

“Ho chiesto loro di escludere dal documento la questione del confine e di dichiarare il loro cessate-il-fuoco sulla base della compassione dell’islam. Che è poi ciò che alla fine hanno fatto, e, infatti, nei successivi quattro anni, Hamas si è mostrato responsabile, nei limiti che si è dato”, ha detto il prete. Nel 2004, gli israeliani hanno ucciso Yassin.

Jackson e Helmick alla fine incontrarono Mishal nel 2006. La guerra di Israele contro gli Hezbollah si era appena conclusa e la crisi del Libano aveva messo in ombra gran parte del viaggio. Helmick raccontò che gli americani furono ricevuti calorosamente a Damasco. L’incontro con il leader di Hamas e quattro membri del suo ufficio politico andò avanti fino alle 3 del mattino. “[Mishal] ci assicurò che il suo partito non intendeva assolutamente distruggere Israele. Il loro obiettivo era la creazione di uno Stato palestinese all’interno dei confini del 1967”, scrisse il prete sintetizzando il contenuto dell’incontro.

Secondo Helmick, però, Mishal, nel momento in cui è stato sollecitato a riconoscere esplicitamente la legittimità di Israele - una delle varie precondizioni di Israele per negoziare con Hamas - ha detto che non era ancora giunto il momento. Helmick attribuisce il rifiuto di Hamas a diversi fattori, tra cui la preoccupazione per uno squilibrio negli accordi di Oslo e l’incertezza sui confini di Israele. A Oslo, l’Olp aveva riconosciuto la legittimità dello Stato di Israele, mentre Israele aveva riconosciuto l’Olp come l’unico rappresentante del popolo palestinese. “Il riconoscimento non era simmetrico”, ha detto Helmick. “Gli israeliani non hanno riconosciuto il diritto del popolo palestinese ad uno Stato”.

Tra le numerose proposte esplorate nella corrispondenza di Helmick, emergono temi comuni. Per i palestinesi, egli si esprime con fermezza a favore di una resistenza nonviolenta e disciplinata all’occupazione, come unica opzione percorribile. Per gli americani e gli israeliani, chiede l’adesione alla norma di legge.

Le risposte alle lettere sono state di diverso tono. Vi sono stati riconoscimenti frettolosi e poche risposte specifiche. Nel 2002 una lettera ad Ariel Sharon, in cui il prete chiedeva esplicitamente se il primo ministro stesse perseguendo una politica di “trasferimento” nei confronti dei palestinesi, ottenne una nota di gradimento da parte del segretario di Sharon, Marit Danon, che ringraziava il prete americano per la sua “analisi approfondita”.

Più spesso il dialogo è stato a senso unico. Il silenzio non intimorisce Helmick, che ha detto di sapere che i leader politici non possono sviluppare nelle lettere a privati la loro politica.  Per Mishal, che era sopravvissuto ad un attentato da parte degli israeliani, già soltanto rispondere alle lettere sarebbe stato pericoloso.

Helmick ritiene che il bisogno di intessere un rapporto con Hamas sia più necessario che mai. “La recente incursione di Israele a Gaza è soltanto un ulteriore tentativo di eliminare Hamas dal quadro e di farlo prima che Bush lasci il suo posto. Ma Hamas sta guadagnando in forza politica. La sua popolarità sta crescendo a Gaza e in Cisgiordania”.

Il prete, quindi, continua a scrivere. Negli ultimi due mesi, ha mandato una dozzina di comunicati a tutti i maggiori attori, compreso il presidente eletto Barack Obama e Mishal. n

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