UN VERTICE CHE NON HA LEGITTIMITÀ NÉ RAGION D’ESSERE. LA RISPOSTA DELLE ASSOCIAZIONI AL G8
Tratto da: Adista Notizie n° 79 del 18/07/2009
35120. ROMA-ADISTA. Un vertice che non ha alcuna legittimità, una vetrina politica da cui non scaturirà nessuna proposta realmente incisiva. È questo il G8 dell’Aquila visto dai movimenti che hanno dato vita al Gsotto, il Forum della società civile svoltosi in Sardegna tra il 2 e il 6 luglio scorsi (v. Adista n. 76/09), come laboratorio di proposte alternative al modello di sviluppo dominante.
Tappa del Forum “Crisi di Civilizzazione e ricerca di nuovi paradigmi” - “pensatoio globale itinerante” promosso dalle organizzazioni indigene, dalla rete dei popoli senza Stato, da associazioni e intellettuali di diverse parti del mondo, che ha iniziato il suo cammino a Belém, nell’ultima edizione del Forum Sociale Mondiale -, il Gsotto ha visto la partecipazione di oltre 100 esperti di 70 organizzazioni di più di 40 Paesi del mondo, tutti concordi nel dire che “la crisi ecologica, economica, sociale e di civilizzazione a cui stiamo assistendo è il condensato di un sistema che ha visto il profitto e la competizione come valori trainanti”, come si legge nella ‘Carta di Montevecchio’, il documento approvato a conclusione dell’iniziativa.
“È a rischio la stessa sopravvivenza umana – ha dichiarato Roberto Espinosa, del Coordinamento delle Organizzazioni Indigene Andine (Caoi) – perché la nostra ‘Terra madre’ è stata saccheggiata da un modello di Stato-nazione che espropria, privatizza, controlla”. “Parlare di sviluppo sostenibile non è più sufficiente. Per le popolazioni indigene l’unico sviluppo possibile è quello che, facendo tesoro del passato, costruisca alternative alla rapina delle risorse naturali, dall’estrazione del petrolio all’oro delle miniere. Queste alternative ci sono, sono state proposte e vanno imposte ai governi. È necessario che cambi l’idea stessa di sviluppo, che non può prescindere dal buen vivir, inteso come una buona qualità della vita per tutti i viventi in un rapporto d’armonia con la natura. Va rifiutata l’idea di una vita ridotta a merce, l’idea del produttivismo a tutti costi legato all’aumento dei consumi”.
L'esaurimento delle risorse energetiche e naturali, il cambiamento climatico, la scomparsa delle tradizioni locali, l'attacco ai diritti sociali e del lavoro sono, secondo i promotori del Forum, “titoli generali che nascondono uno dei massimi punti di caduta di un modello di sviluppo insostenibile, che sta oramai incidendo sulla vita concreta di miliardi di persone”: “Esistono però – si legge ancora nella ‘Carta di Montevecchio’ – strategie e proposte concrete che i movimenti sociali stanno elaborando e sperimentando quotidianamente dal basso che mettono al centro la responsabilità delle persone, delle comunità e delle istituzioni, per mettere limiti alla capacità delle multinazionali e delle aziende di aggirare le loro responsabilità etiche e legali. Esistono migliaia di pratiche alternative che nascono nei territori che parlano di economia locale e solidale, di sovranità alimentare, di produzione di energie sostenibili, di un'economia sganciata da fonti fossili, di un modo partecipato, orizzontale, democratico per decidere su un futuro comune”. Per questo, continuano le organizzazioni del Gsotto, “non riteniamo che il vertice del G8 sia il luogo legittimo dove discutere di tutto questo”: “Troppo grandi le responsabilità nella costruzione di questo modello di sviluppo, nell'incapacità di prevedere le crisi attuali, nelle promesse mai mantenute per poter ridare legittimità ad un vertice che nei fatti ha perso ogni ragione d'essere”.
Dello stesso avviso la Rete aquilana ‘3e32’, nata al fine di collegare le diverse realtà e i comitati creatisi a seguito del sisma del 6 aprile scorso. A tre mesi esatti dal terremoto che ha devastato L’Aquila e la sua provincia, nella notte tra il 5 e il 6 luglio scorsi, una fiaccolata ha percorso le vie deserte della città per ricordare le vittime e chiedere verità e giustizia. All’iniziativa hanno partecipato circa 5mila cittadini del capoluogo abruzzese: unica nota stonata, come si legge in un comunicato diffuso dalla Rete il 6 luglio, “l'inopportuna presenza delle forze dell'ordine, che hanno 'blindato' il corteo con un eccessivo dispiegamento di forze armate”. “L'assedio militare del corteo – continuano – è una chiara conseguenza della decisione di spostare il G8 a L'Aquila e dell'ulteriore militarizzazione che essa ha causato ad una città già devastata e assediata, che non ha portato benefici, ma solo disagi ad una popolazione già provata”. “È per questo che ancora una volta siamo costretti a denunciare il chiaro tentativo di innalzare la tensione alla vigilia del summit, tentativo confermato dall'ondata di arresti avvenuti in tutta Italia questa mattina. Condanniamo la politica di 'sicurezza' approvata con straordinario tempismo dal governo che permette di compiere arresti preventivi in violazione dei più elementari diritti umani”.
L’8 luglio scorso inoltre – mentre sulla collina Roio, visibile dalla caserma di Coppito che ospita i capi di Stato, appariva l’enorme scritta “Yes, we camp!”, per sottolineare come, mentre si svolge il circo mediatico del G8, i cittadini de L'Aquila continuino a vivere in tenda – si è tenuto, nel campo allestito dal comitato 3e32, il “Forum per la Ricostruzione Sociale” al quale hanno partecipato rappresentanti dei movimenti territoriali vicentini (No Dal Molin) e campani (No alla discarica di Chiaiano) oltre a p. Alex Zanotelli che ha denunciato come il problema centrale a L'Aquila, e nel resto del mondo, sia “il profitto, che è diventato più importante dei diritti, della Madre Terra, della vita stessa”.
“Il progetto di Berlusconi – gli ha fatto eco Paolo Beni, presidente nazionale Arci – di far diventare questo incontro tra i Grandi della Terra un megaspot per il suo governo si è infranto contro una realtà molto diversa”. “La ricostruzione poteva essere l’occasione per un processo partecipativo teso a ridisegnare la città secondo criteri che favorissero la socialità, la sostenibilità ambientale, la coesione comunitaria. Esattamente come andrebbe fatto per il mondo dopo la crisi. Sta avvenendo il contrario, in una situazione di incertezza che distrugge l’animo e in un clima di militarizzazione ogni giorno più pesante”. (ingrid colanicchia)
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