IL BIASIMO DEL POPOLO HONDUREGNO SUL “CARDINALE GOLPISTA”: È L’ARCIVESCOVO DEI RICCHI
Tratto da: Adista Documenti n° 87 del 05/09/2009
DOC-2175. TEGUCIGALPA-ADISTA. Agli occhi del popolo honduregno, l’arcivescovo di Tegucigalpa Oscar Rodriguez Maradiaga è ormai, dopo il suo sostegno al governo de facto di Roberto Micheletti (v. Adista nn. 76, 79, 83 e 85/09), il “cardinale golpista” o il “cardeMal”. Quanto al resto dell’episcopato, l’unico vescovo che abbia avuto il coraggio di pronunciarsi contro il golpe è stato quello di Santa Rosa de Copán, mons. Luis Alfonso Santos. Eppure, i cattolici che militano nella Resistenza non sono stati del tutto abbandonati. Se la Conferenza dei religiosi e delle religiose ha preso posizione contro il colpo di Stato - e da alcune congregazioni sono giunti comunicati molto netti -, in mezzo al popolo, attivi nella lotta, si incontrano anche alcuni sacerdoti. Ne offre un esempio Fausto Milla, parroco di Santa Rosa de Copán, già sequestrato dagli squadroni della morte negli anni ’80 e oggi costretto nuovamente a nascondersi, ma non tanto da rinunciare a partecipare alla grande marcia che l’11 agosto ha riversato un fiume di gente a San Pedro Sula e a Tegucigalpa. “Credo che nella storia dell’Honduras – ha dichiarato a Radio Progreso, la radio dei gesuiti in prima fila nella diffusione di informazioni su quanto sta realmente accadendo nel piccolo Paese centroamericano – non si sia mai assistito ad una repressione del genere, in una forma così pubblica, sotto gli occhi di tutti”. E il rischio è che “l’indignazione del popolo trasbordi, probabilmente in maniera disordinata”, perché “è impossibile continuare a sopportare tutto questo. A volte non lasciano passare neppure l’acqua ai feriti che si trovano in carcere. Violare i diritti umani fondamentali, per questi gruppi guidati da Billy Joya (leader degli squadroni della morte negli anni ’80 e oggi consigliere di sicurezza di Micheletti, ndr), è un dovere. Ma il popolo si è alzato in piedi, è colmo di indignazione ed è deciso a continuare a lottare pacificamente, fino al limite estremo”.
Alla grande Marcia Nazionale di Resistenza Popolare dell’11 agosto era presente un altro prete molto amato, José Andrés Tamayo, di origini salvadoregne, noto nel Paese per la sua lotta in difesa delle foreste e leader del Mao (Movimento ambientalista di Olancho), oggi minacciato di espulsione dal governo: “Il popolo – ha dichiarato – sta dimostrando tutta la sua energia e la sua volontà di eliminare questo abuso del colpo di Stato. Il popolo non ha più paura, si è impegnato con fedeltà, ha imparato a resistere”. Anche Andrés Tamayo è obbligato a nascondersi. Durante la pacifica occupazione di una strada del dipartimento di Olancho, i militari hanno tentato di catturarlo e solo con l’aiuto dei manifestanti, a loro volta aggrediti e minacciati con i fucili, è riuscito a fuggire. “Ogni giorno c’è più violenza - ha commentato poi il prete a Revistazo.com - e i militari cercano di intimidire il popolo perché non scenda a manifestare”. Rispetto al ruolo della Chiesa, Tamayo è durissimo: “Quando il card. Rodríguez ha dato lettura del comunicato della Conferenza Episcopale”, ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Giorgio Trucchi dell’Associazione Amicizia e Solidarietà Italia-Nicaragua, ha permesso “che una rete televisiva golpista utilizzasse la sua immagine e il suo ruolo nella società per i propri fini”. E “invece di parlare con la gente, con los de abajo (quelli che stanno in basso, ndr), e cercare di capire i loro sentimenti di fronte al golpe, il cardinale si è allontanato e ha preferito, come ha sempre fatto, mantenersi legato alle opinioni di los de arriba (quelli che stanno in alto, i potenti, ndr). Dopo quel comunicato, non a caso, né lui né gli altri vescovi sono tornati a parlare”. E “lo stesso avviene con la base”, con i preti “trincerati nei loro templi”, timorosi “per l’aspetto economico e per la loro sicurezza personale”.
Il cardinale screditato
Così non una parola ha speso il cardinale per condannare le violenze, le sparizioni forzate, gli arresti indiscriminati, le torture a cui si sta sempre più abbandonando il governo de facto. Troppo impegnato forse, come denuncia su Telesur (in un articolo dal titolo Cincuenta días de mentiras golpistas bendecidas por el Cardenal Oscar Rodríguez) Juan Antonio Mejía Guerra, membro del Fronte di Resistenza contro il golpe, ad accompagnare gli eventi familiari dell’oligarchia: “Nessun altro pastore appare tante volte nelle pagine di società e cultura dei quotidiani honduregni come il cardinale, celebrando battesimi o matrimoni delle famiglie dell’oligarchia, partecipando al compleanno di questo o quell’imprendito-re, suonando il flauto al tè della famiglia tal dei tali, ecc.”. Ma all’arcivescovo Mejía Guerra non perdona neppure la menzogna sul presunto saccheggio delle casse dello Stato da parte di Zelaya: se tale saccheggio fosse vero, “i golpisti non avrebbero trovato che debiti. E invece, malgrado la sospensione degli aiuti degli organismi multilaterali al governo golpista, questo finora non ha avuto bisogno neppure di svalutare la moneta o di posticipare pagamenti interni, ecc.”. Ad aver saccheggiato lo Stato - secondo Mejia Guerra - è invece proprio il cardinale, il quale, secondo “l’Acuerdo Ejecutivo n. 046-2001, firmato dall’ex presidente Carlos Flores Facussé, anche lui golpista, riceve mensilmente, dal 2001, la quantità di 100mila lempiras presa dal bilancio della casa presidenziale”, ragione per cui “il cardenal Rodríguez è stato denunciato da avvocati del Movimento per la Dignità e la Giustizia”.
A soccorrere lo screditato cardinale ci ha pensato però la presidenza del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano: in un comunicato firmato dal presidente dell’organismo Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida (Brasile), dai due vicepresidenti Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Mérida (Venezuela), acerrimo nemico di Hugo Chávez, e Andrés Stanovnik, arcivescovo di Corrientes (in Argentina), dal segretario generale José Leopoldo González González, vescovo ausiliare di Guadalajara (Messico), e dal presidente del Comitato economico Emilio Aranguren Echeverría, vescovo di Holguín (Cuba), i vertici del Celam rivolgono al cardinale il loro “saluto fraterno” e la loro “sincera espressione di solidarietà”: “Abbiamo presentato all’altare del Signore la nostra preghiera per sua Eminenza, per i membri della Conferenza Episcopale e per tutto il popolo honduregno affinché il Signore della vita vi dia saggezza e coraggio necessari perché, utilizzando i mezzi costituzionali, attraverso un dialogo sincero, si consolidino la pace e la riconciliazione da tutti desiderata”.
Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, l’articolo apparso su El Faro Digital, e rilanciato dall’agenzia Adital il 12 agosto, sulla partecipazione di Fausto Milla alla grande marcia dell’11 agosto. (claudia fanti)
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