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GAY, LAICITÀ DELLO STATO, BIOETICA: PER I VALDESI, UN SINODO “SVOLTA"

Tratto da: Adista Notizie n° 66 del 11/09/2010

35740. TORRE PELLICE (TO)-ADISTA. Un Sinodo che segna una svolta nella storia della Chiesa valdese, quello che si è da poco concluso nella consueta cornice di Torre Pellice (22-27 agosto). Dalla benedizione delle coppie omosessuali, alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, passando per l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche, sono tante e scottanti le questioni su cui l’assemblea sinodale è stata chiamata ad esprimersi. E dirompenti le decisioni assunte.


“Smascherare i demoni del nostro tempo”

I lavori si sono aperti con la predicazione della pastora Letizia Tomassone che, partendo dal testo di Luca 10,17-24, in cui si racconta della missione di 70 discepoli inviati da Gesù, ha sottolineato come l'annuncio cristiano, da subito, si apra ad una dimensione universale nella quale i discepoli sperimentano “la gioia di chi vede l'umanità liberata dagli spiriti maligni che la tengono imprigionata”. Un annuncio di liberazione che può però perdere la sua forza se il messaggero si sovrappone al messaggio, se si confonde il Vangelo con una cultura - quella occidentale, come insegna il colonialismo -, se le Chiese non operano scelte quotidiane all'altezza della loro predicazione: “Quanto siamo infatti attenti – ha chiesto la Tomassone - a quali banche usiamo per i nostri conti, se investono o meno nel commercio di armi o di diamanti insanguinati? Quanto siamo attenti alla raccolta differenziata o all’uso dell’energia?”. “Il compito di un Sinodo, di una Chiesa, di ogni credente e dei ministri che oggi accogliamo - ha proseguito - è proprio quello di dare un nome e di smascherare, denunciandoli, i demoni che si oppongono alla venuta del Regno”, che la pastora, anticipando uno dei temi caldi del Sinodo, ha identificato nell’omofobia “che esclude e ripropone la separazione tra i puri e gli impuri”, oltre che “nell’indifferenza di fronte al dolore umano, nello sfruttamento avido della natura e dei popoli”.

I lavori sono poi entrati nel vivo il 23 agosto con la presentazione della relazione della commissione d’esame sull’operato della Tavola Valdese: tra i temi più sentiti l’immigrazione e l’accoglienza degli stranieri nelle comunità locali. “L'immigrazione - ha sottolineato Paolo Naso, politologo e coordinatore del progetto 'Essere Chiesa insieme' della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) - ha portato in Italia non meno di 300-400mila evangelici provenienti dall'Africa, dall'Asia, dal Sudamerica. Circa i 2/3 delle Chiese locali metodiste e valdesi registrano una importante presenza di immigrati: dati significativi ma, nel nostro Paese, ampiamente ignorati”. “Si tratta di una grande ricchezza e di una sfida che si rinnova costantemente”, gli ha fatto eco Mirella Manocchio, pastora delle chiese di Gorizia e Udine costituite per metà da credenti provenienti dal Ghana. “Una presenza, quella dei nostri fratelli e delle nostre sorelle africane, che ha cambiato il nostro modo di pensarci come Chiesa, la nostra liturgia e molte delle nostre consuetudini precedenti per permetterci di annunciare insieme l'evangelo di Gesù Cristo: è una sfida a incontrarsi senza che gli uni si impongano sugli altri”.

Una sfida condivisa da mons. Piergiorgio Debernardi, vescovo di Pinerolo e membro della Commissione per l'Ecumenismo e il Dialogo della Cei, intervenuto come di consueto ai lavori del Sinodo. È infatti sul fronte dell’accoglienza di fratelli e sorelle immigrati che secondo mons. Debernardi si gioca “la credibilità del nostro essere cristiani”: “La loro presenza - ha sottolineato - ci obbliga ad essere vigili, perché il nostro Paese sia sempre accogliente e non ceda ad una politica discriminatoria”.

Un’attenzione, quella al tema dell’immigrazione, ribadita anche nell’ambito dei festeggiamenti per il 150.mo anniversario dell’Unità d’Italia. “Libertà civile e cittadinanza sono le parole chiave del Risorgimento, concetti che si applicano perfettamente anche al nostro presente, per esempio rispetto ai nuovi cittadini italiani giunti nel nostro Paese con l'immigrazione”, ha sottolineato il pastore metodista Massimo Aquilante, presidente della Fcei: “Chi sminuisce il 150.mo dell'Unità vuole in realtà ignorarne i valori: la realizzazione di una democrazia compiuta, la giustizia sociale, i diritti delle persone, la libertà religiosa, la laicità”. Valori che invece vanno ripensati rispetto alle sfide del nostro tempo. “Parlare di libertà religiosa oggi significa confrontarsi con le politiche dell'immigrazione”, ha proseguito: “Per rispondere ai problemi che si presentano oggi in Italia bisogna affrontare le questioni dei diritti fondamentali. Lo Stato oggi ha il dovere di creare degli spazi, in cui tutti i soggetti siano paritetici, per garantire precisamente questo diritto e questa libertà”.

 

L’amore dono di Dio. In qualsiasi forma

A conclusione di un lungo ed articolato dibattito, il 26 agosto il Sinodo ha approvato (con 105 voti favorevoli, 9 contrari e 29 astenuti) la benedizione di coppie dello stesso sesso, “laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni”. Il Sinodo si legge nel documento, riconosce “le differenze nel percorso di integrazione e riconoscimento delle persone omosessuali nelle chiese locali”, ed invita “al rispetto delle diverse sensibilità dei membri di Chiesa” ma al tempo stesso “esprime con forza la sua convinzione che le parole e la prassi di Gesù, così come esse ci sono testimoniate negli Evangeli, non possono che chiamarci all’accoglienza di ogni esperienza e di ogni scelta improntate all’amore quale dono di Dio, liberamente e consapevolmente vissuto e scelto”. Di conseguenza, il Sinodo chiede alle chiese di approfondire la riflessione sulla realtà omosessuale all’interno delle chiese stesse e della società. Chiede inoltre che, “ove sorelle e fratelli membri della nostra Chiesa o appartenenti ad una Chiesa evangelica richiedano la benedizione di una unione omosessuale, si proceda nel cammino di condivisione e testimonianza e, laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni, essa si senta libera di prendere le decisioni conseguenti, rimanendo in costruttivo contatto con gli appositi organismi”.

Una scelta che non ha mancato di suscitare polemiche. Di decisione “rozza e contraddittoria” ha parlato il senatore del PdL Lucio Malan, unico valdese in Parlamento. “Un colpo di mano imposto ai membri del Sinodo con fretta irragionevole”, ha commentato, senza “porre alcun confine all'apertura. Non si vede infatti su quale base si potrebbe ora rifiutare la benedizione della Chiesa a unioni poligamiche, incestuose o adulterine. Non verrà fatto perché non è trendy come l’omosessualità e nessuno lo richiederà, ma non vedo strumenti logici in base ai quali ci si potrebbe rifiutare”.

Una reazione prevedibile se si considera che già a fine luglio Malan figurava tra i primi firmatari di un “Appello al Sinodo per la fedeltà alla nostra confessione di fede” - pubblicato sul settimanale evangelico Riforma - in cui si chiedeva all’Assemblea sinodale di ricordare, esaminando la questione omosessualità, “i numerosi passi biblici che la condannano” e di temperare “la tendenza a ritenerli semplicemente riflessi di una società non abbastanza evoluta”, invitando a considerare che “il principale di questi passi, Lv 18, che riassume tutti i divieti biblici in materia sessuale, ne include solo sei: incesto, rapporti durante il ciclo mestruale, adulterio, sacrificio dei primogeniti, omosessualità, accoppiamento con animali”.

 

Mai un punto ai ragionamenti. Solo virgole

Ma quella delle benedizioni omosessuali non è l’unica decisione destinata a suscitare polemiche. Il Sinodo ha infatti detto sì alla ricerca sulle cellule staminali embrionali (limitatamente agli “embrioni ‘sovrannumerari’ altrimenti destinati alla distruzione”), approvando a stragrande maggioranza l’orientamento di fondo del documento “Cellule staminali. Aspetti scientifici e questioni etiche”, elaborato dalla Commissione bioetica della Tavola Valdese. “Qualsiasi soluzione si voglia dare a una questione così annosa e controversa - si legge nel documento - a noi sembra evidente che la blastocisti non possieda alcuna caratteristica che permetta di identificarla con un essere umano”. Meglio quindi, continua il documento, rinunciare a ogni “atteggiamento pregiudizialmente difensivo” e guardare al progresso scientifico “in una prospettiva laica, in grado di coglierne i limiti e le potenzialità emancipative”.

E non è finita. Il Sinodo ha anche approvato un ordine del giorno sull'affissione del crocifisso nelle aule scolastiche in cui esprime dispiacere per il fatto che il governo italiano, anziché conformarsi al parere della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo del 3 novembre 2009 - che ha dichiarato l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane lesivo del diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche - ha presentato ricorso alla Grande Camera.

Profondamente addolorato per le conclusioni cui è giunto il Sinodo si è detto mons. Debernardi: “L’orizzonte attuale, così confuso - ha commentato -, ci spinge a ribadire, con forza e senza compromessi né cedimenti, valori etici irrinunciabili come la sacralità della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e il concetto di famiglia fondato sul matrimonio tra uomo e donna”.

“Abbiamo vissuto cinque giorni intensi di confronto e scontro, su temi importanti che investono sia la vita della Chiesa che quella delle persone”, ha detto a conclusione dei lavori la pastora Maria Bonafede, riconfermata il 27 agosto alla carica di moderatore della Tavola valdese (vice moderatore è stata eletta la laica Daniela Manfrini). “Il Sinodo - ha proseguito - ci ha dimostrato che il modo di procedere è quello di non perdere mai di vista il valore dell'accoglienza” “Che cos’è la fede se non l'incontro? L’incontro che cambia, trasforma e arricchisce la vita di chi la riceve. ‘Sinodo’ vuol dire esattamente questo: camminare insieme, ascoltando la parola di Dio, ma anche le parole e i silenzi delle persone. Abbiamo bisogno gli uni degli altri”. “Vogliamo essere una Chiesa che vive nel confronto e del confronto - ha concluso la Bonafede -, senza mai mettere un punto ai ragionamenti, ma una virgola”. (ingrid colanicchia)

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