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UN “GIOCATTOLO” TROPPO PERICOLOSO

- LA LEZIONE CHE BISOGNA TRARRE DAL DISASTRO DI FUKUSHIMA. INTERVISTA ALL’ASTROFISICO CANADESE HUBERT REEVES

Tratto da: Adista Contesti n° 34 del 23/04/2011


TRATTO DAL SETTIMANALE CATTOLICO FRANCESE LA VIE 24 MARZO 2011. TITOLO ORIGINALE: HUBERT REEVES: “IL FAUT ENGAGER UNE MUTATION ÉNERGÉTIQUE MONDIALE”

L’astrofisico Hubert Reeves, 78 anni, è stato per molto tempo favorevole all’energia nucleare. Poi, diverse ragioni gli hanno fatto cambiare idea. Divenuto nel 2001 presidente della lega Roc per la tutela della fauna selvatica, fondata da Théodore Monod, spiega a La Vie perché il nucleare è, a suo avviso, un’energia troppo pericolosa per essere affidata agli esseri umani. E soprattutto perché un dibattito su “un cambiamento energetico” su scala planetaria sia divenuto indispensabile.

 

Che cosa le suggerisce quanto sta avvenendo in Giappone?

È la presa di coscienza del ruolo degli errori umani nel contesto nucleare. Si possono sviluppare sistemi di sicurezza sempre più efficaci contro gli errori tecnici, ma non si è mai al riparo dagli errori umani. I principali incidenti nucleari – Three Miles Islands (1979), Chernobyl (1986) – sono stati provocati da errori umani.

Il nucleare esige una sicurezza senza falle. È una tecnologia “da angeli” ma troppo pericolosa per i fallibili esseri umani così facilmente negligenti quando si instaura la routine, quando la sorveglianza si “funzionarizza”.

A questo si aggiunge, ed è ciò che gli avvenimenti di Fukushima ci ricordano, l’esca del guadagno finanziario sotto forma di economie. Come spiegare che ingegneri, tra i migliori del pianeta, si siano accontentati di un muro di sicurezza di meno di sette metri di altezza contro gli tsunami, in una regione tra le più esposte ai rischi sismici della terra? Ci si è dimenticati delle onde di più di venti metri degli tsunami precedenti? Ricordiamoci che il termine tsunami è giapponese.

Come per qualsiasi progetto di questo tipo, la questione della sicurezza è stata senza dubbio discussa al momento della valutazione del preventivo per la costruzione delle centrali. La si valuta in termini di probabilità di incidenti. Il rischio non può essere pari a zero. Ma in pratica come si prende la decisione? È lì che interviene il conflitto tra la sicurezza e il profitto. Qui si è favorito il profitto. Si è giocato e si è perso, lasciando decine di milioni di persone in balia delle incertezze dei movimenti geologici e dei venti.

Errori di questo tipo sono possibili e simili sciagure accadono anche in altri contesti. La differenza: che questi altri incidenti non hanno necessariamente conseguenze planetarie. Non mettono in pericolo la vita di migliaia di persone. Questo conflitto tra la sicurezza e il profitto è una delle ragioni per cui penso che il nucleare sia un’attività troppo pericolosa per essere affidata a «umani troppo umani» (per citare Nietzsche). Non si lasciano giocare i bambini con i fiammiferi. 

 

Si pente di aver accettato nel 2007 che il nucleare non figurasse nell’elenco di Grenelle sull’ambiente (A Grenelle si riunirono gli  “stati generali” francesi sull’argomento. L’elenco divenne legge il 23/7/2009, ndt)?

No, perché era una scelta strategica della lega Roc e delle altre associazioni ambientaliste. Se a Grenelle avessimo affrontato tutte le questioni non avremmo ottenuto niente. Ora, con gli avvenimenti giapponesi, bisogna discutere, come era stato detto, e saper imparare la lezione di Fukushima. Così, quando il presidente Sarkozy afferma che per ogni euro speso per il nucleare bisogna investire un euro per le energie rinnovabili, ho voglia di rispondergli: No! Sono 100 gli euro che occorre investire nel solare e nell’eolico!

 

Lei auspica un dibattito planetario sui vantaggi e i rischi di ogni fonte di energia…

Raddoppiamo il nostro consumo di energia ogni 25 anni. Se continuiamo a questo ritmo, non ci sarà soluzione alcuna per i 7 miliardi di esseri umani che siamo ora, cifra che presto aumenterà fino a raggiungere i 10 miliardi. Prima di tutto bisogna dunque tornare a un atteggiamento frugale, sobrio, evitare gli sprechi. Poi bisogna scegliere un’energia adatta alla scala di tempo (???) dell’umanità (che esiste già da più di duemila anni!). E quindi mettere in atto un cambiamento energetico, prendendo in considerazione due criteri essenziali.

Il primo criterio è la durata nel tempo. Per non ripetere l’errore del petrolio, sul quale si è puntato tutto, quando invece non supererà il XXI secolo. Le riserve per il nucleare sicurizzato (quello delle centrali attuali) non dureranno a lungo. E la fusione dell’idrogeno ha una reddività ancora troppo ipotetica per includerla in una politica energetica realista e responsabile.

Il secondo criterio è l’aspetto funzionale e sicuritario, valutando di volta in volta il rapporto rischio/beneficio. Il nucleare può essere messo al riparo dagli errori tecnici ma non dagli errori umani. Per queste due ragioni, non vedo altre soluzioni che puntare sull’insieme delle energie rinnovabili, in particolare il solare, a disposizione per ancora cinque miliardi di anni. Bisogna evitare l’atteggiamento irresponsabile del “dopo di me il diluvio”.

 

Le energie rinnovabili hanno il loro tallone d’Achille…

Si è ancora lontani dall’efficacia richiesta per soddisfare i bisogni dell’umanità. Ma è ragione in più per investire massicciamente nella ricerca e nello sviluppo dell’energia solare. Perché il sole ci invia 10mila volte ciò che consumiamo come energia ogni giorno. In parallelo, ricordiamoci che lo sfruttamento dei gas di scisto e delle sabbie bituminose vanno incontro alla diminuzione imperativa di gas ad effetto serra responsabili del riscaldamento del pianeta che è al centro delle inquietudini di oggi.

 

Come iniziare questo cambiamento energetico, dal momento che la gouvernance mondiale in materia di ambiente avanza così lentamente? Il summit della Terra a Rio risale al 1992…

Una gara di velocità è iniziata. Da un lato il deterioramento planetario (emissione di gas a effetto serra, riscaldamento, acidificazione degli oceani, erosione rapida della biodiversità, deforestazione). Dall’altro la presa di coscienza di questi problemi. Quest’ultima cresce rapidamente (conferenze internazionali con risultati interessanti come Nagoya). Nessuno può dire chi vincerà questa gara.

 

In occasione dell’eruzione del vulcano islandese, lei ha denunciato la nostra cieca fiducia nella tecnologia. Lo si vede in Giappone, la natura è a volte più forte dell’uomo ma anche crudele…

La natura è senza stato d’animo e le nuvole non hanno frontiere. Tocca a noi vivere con essa e scegliere, democraticamente, il nostro futuro. Gli avvenimenti di Fukushima avranno un impatto psicologico enorme. Non credo che si possa uscire da un momento all’altro dal nucleare ma bisogna impegnarsi senza più indugi nella transizione energetica. n

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