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LA SOLIDARIETÀ CHE FA PAURA ALLA MAFIA. NUOVO ATTENTATO A DON PANIZZA

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 07/01/2012

36475. LAMEZIA TERME (CZ)-ADISTA. Attentato intimidatorio di stampo mafioso, nella notte di Natale, alla comunità Progetto Sud, guidata da don Giacomo Panizza. Una bomba è stata fatta esplodere davanti all’ingresso di un centro per minori stranieri non accompagnati, inaugurato l’estate scorsa, in un edificio confiscato ai Torcasio, una delle famiglie egemoni della ‘ndrangheta lametina. Lievi i danni: è stata divelta la porta di ferro e danneggiata la soglia. Ma, se qualcuno si fosse trovato a passare vicino al luogo dell’esplosione, le conseguenze sarebbero state più gravi. Più che i danni e le vittime, perlomeno in questo caso, contano i simboli, come è prassi della logica e della simbologia mafiosa: un attentato ad un prete in prima fila nella lotta alla ‘ndrangheta, proprio nella notte di Natale e per di più contro un bene confiscato ai boss della città.

«È un chiaro messaggio mafioso contro la comunità e contro il territorio, ma noi continuiamo nel nostro lavoro e proseguiremo nelle attività di accoglienza», il primo commento di don Panizza, che ha incassato l’immediata solidarietà da parte delle istituzioni locali e delle associazioni vicine al lavoro di Progetto Sud. «La ‘ndrangheta ha voluto colpire un simbolo della lotta alle mafie, una comunità che da 35 anni è un punto di riferimento non solo per persone con disabilità, tossicodipendenti o malati di Aids, ma per chiunque voglia rafforzare il tessuto sociale sui principi della legalità e del bene comune», dice don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, a cui Progetto Sud è associato. «Ma anche lo Stato deve fare la sua parte: aver assegnato, e dunque restituito alla collettività, a fini sociali, solo una percentuale minima dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose rende più deboli anche coloro che si sono esposti. Chiediamo quindi alle istituzioni di porre termine a questa inefficienza che danneggia fortemente la lotta alle mafie nel nostro Paese». «Quando la società civile esprime il proprio  impegno più deciso, quando promuove e realizza, con i fatti, la cultura della solidarietà, quando il volontariato si trasforma in denuncia quotidiana e vivente del degrado, dell’abbandono, della violazione dei diritti umani, può anche infastidire qualcuno ed armare mani vigliacche e ignote», commenta Pietro Barbieri, presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap, la cui delegazione calabrese è ospitata nella sede di Progetto Sud, che porta avanti anche programmi e attività per i disabili. «Esprimiamo profonda vicinanza, condivisione e corresponsabilità. Toccare quella realtà, quella comunità, quel bene confiscato, significa toccare tutti noi», aggiunge don Luigi Ciotti, presidente di Libera, rete di associazioni antimafia.

Non è la prima volta che don Panizza – che ha raccontato la sua storia nel libro intervista con Goffredo Fofi Qui ho conosciuto Purgatorio, Inferno e Paradiso (Feltrinelli, 2011, pp. 240, 15€) – e Progetto Sud subiscono intimidazioni mafiose: nel 2009 vennero manomessi i freni di due autovetture utilizzate per il trasporto dei disabili, fortunatamente, anche in quel caso, senza conseguenze per le persone; successivamente venne presa di mira, con furti e danneggiamenti, una cooperativa di Progetto Sud (v. Adista n. 117/09). E tutto è cominciato proprio quando Progetto Sud si è fatto carico dell’immobile confiscato ai Torcasio: il giorno della consegna dell’edificio, Antonio Torcasio, uno dei rampolli della famiglia mafiosa (ucciso qualche anno dopo, mentre andava in commissariato a firmare il registro dei sorvegliati speciali), insultò e minacciò pubblicamente don Giacomo, che da allora vive sotto scorta. «Era la prima volta che a Lamezia un bene confiscato veniva assegnato ad un’associazione sociale», spiega don Panizza ad Adista. «Evidentemente le cosche temevano un “effetto domino”, che poi ci fu perché negli anni seguenti altri beni confiscati vennero assegnati ad altri enti. Fui minacciato e denunciai il fatto». Infatti al novembre 2011 erano 1.163 gli immobili, i terreni e le aziende sequestrate e confiscate alla ‘ndrangheta in tutta la Calabria, 245 nella provincia di Catanzaro di cui quasi 200 solo nel Comune di Lamezia. E non è la prima volta che vengono colpiti preti o attività anti-‘ndrangheta in Calabria, dove anzi gli episodi si moltiplicano: questa estate era toccato a don Giuseppe Campisano, parroco di San Rocco a Gioiosa Jonica (Rc), e a don Tonino Vattiata, parroco di Pannaconi di Cessaniti (Vv), subire le intimadizioni della criminalità organizzata (v. Adista n. 65/11). (luca kocci)

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