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LIMBURG: IL VATICANO “TAGLIA” IL VESCOVO SPENDACCIONE

Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 05/04/2014

37589. BERLINO-ADISTA. Con un comunicato piuttosto secco che poco spiega e che sembra anzi sorvolare sugli aspetti più imbarazzanti, la Sala Stampa vaticana ha annunciato che il vescovo “spendaccione” di Limburg, mons. Franz Peter Tebartz-van Elst, che per la ristrutturazione e l’ampliamento della residenza episcopale ha speso ben 31 milioni di euro a fronte dei sei previsti in partenza (v. Adista Notizie nn. 31, 33, 37, 38/13 e 4/14), non tornerà alla guida della diocesi. Le sue dimissioni, ha affermato infatti il Vaticano il 26 marzo, sono state accettate e al presule verrà dato quanto prima un altro incarico.

Se in generale le reazioni sono state di grande sollievo e soddisfazione, il linguaggio e la terminologia tanto del comunicato quanto del rapporto finale dell’“inchiesta” portata avanti in questi mesi dalla Commissione ad hoc creata dalla Conferenza episcopale – che ha cercato di fare luce sulle spese pazze del vescovo – evidenziano, se mai ce ne fosse bisogno, che la soluzione adottata è frutto di un compromesso tra due partigianerie molto potenti: quella dei difensori di Tebartz, “cocco” del card. Joachim Meisner, vescovo emerito di Colonia, ma anche amico del card. Gerhard Ludwig Müller (prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede) e sostenuto dal papa emerito Benedetto XVI (sotto il cui pontificato il giovane Tebartz ha fatto una carriera fulminea) e del di lui segretario personale (nonché prefetto della Casa pontificia) mons. Georg Gänswein, che lo ha sempre appoggiato affermando di non credere alle voci di abusi finanziari che coinvolgevano Tebartz (un attestato di fiducia era giunto persino dal card. Karl Lehmann, vescovo di Mainz, che aveva affermato, in un’intervista, di non aver mai avuto l’impressione che Tebartz fosse «un borioso scialacquatore»); e quella a cui Tebartz invece non è mai andato giù, come mons. Robert Zollitsch, vescovo di Friburgo, e il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e neo presidente dei vescovi tedeschi.


Omissioni e protezioni

«La Congregazione per i Vescovi – si legge nel comunicato della Sala Stampa – ha studiato attentamente il rapporto della Commissione voluta dal vescovo e dal Capitolo cattedrale, per intraprendere approfondite indagini circa le responsabilità coinvolte nella costruzione del Centro Diocesano "St. Nikolaus"». E mentre, a questo punto, ci si aspetterebbe il verdetto della suddetta commissione, il comunicato prosegue spostando l’attenzione sul difficile “clima” creatosi: «Atteso che nella diocesi di Limburg – si legge – si è venuta a determinare una situazione che impedisce un esercizio fecondo del ministero da parte di S.E. mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, la Santa Sede ha accettato le dimissioni presentate dal presule in data 20 ottobre 2013 e ha nominato un amministratore apostolico sede vacante nella persona di S.E. Mons. Manfred Grothe». E qui è il secondo elemento anomalo: di queste dimissioni, infatti, non si era mai parlato. Il vescovo, il 21 ottobre scorso, aveva incontrato il papa e il comunicato all’epoca emesso spiegava – con toni molto simili a quelli attuali – che nella diocesi si era «venuta a creare una situazione nella quale il vescovo, S.E. Mons. Franz- Peter Tebartz-van Elst» non poteva esercitare il suo ministero episcopale pertanto, in attesa dei risultati della commissione ad hoc istituita dalla Conferenza episcopale tedesca per andare a fondo sulla questione dei costi dei lavori di ampliamento della sede vescovile, la Santa Sede riteneva «opportuno autorizzare per S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst un periodo di permanenza fuori della diocesi».

Oggi la Sala Stampa fa invece riferimento a pregresse dimissioni ora accettate, aggiungendo tuttavia che «il vescovo uscente riceverà in tempo opportuno un altro incarico». Se si tratti di una nuova diocesi non è dato sapere.

Tutto ciò ha il sapore netto di un compromesso, di una punizione a metà, nonostante il rapporto finale elaborato dalla Commissione stabilisca – anche qui con toni che risultano un po’ troppo diluiti in 108 pagine – che il vescovo ha avuto pesanti responsabilità nella spesa di 31 milioni di euro per la sede episcopale. Se i costi sono quasi sestuplicati lo si deve a lui, che ne era informato, si legge in filigrana nel documento; il vescovo e Capitolo del Duomo, recita eufemisticamente il rapporto, «non hanno tenuto conto della legge in vigore in numerosi casi»; l'elaborazione del progetto di costruzione «nel suo valore va fatta risalire in modo preponderante ai desideri del vescovo», si legge; egli non si sarebbe occupato del finanziamento nei dettagli, «ha eluso la questione dei costi consapevolmente». Il progetto originario di costruzione del Capitolo del Duomo «era stato pianificato e comunicato con spese irrealistiche» già quando Tebartz si insediò in diocesi, continua il dossier, cosa che «ha rappresentato un'ipoteca pesante per il vescovo», che, rendendosi conto del lievitare delle spese, avrebbe «comunicato costi inferiori». Nel giugno 2013, quindi, sono stati indicati «apertamente numeri falsi». Complice del vescovo anche il consiglio amministrativo della diocesi, che avrebbe dato un'ulteriore approvazione dello spropositato aumento delle spese. Insomma, se le responsabilità ci sono, appare fin troppo clemente la garanzia di «un altro incarico» per Tebartz. Molti, in diocesi, potrebbero indignarsi. Sarà per questo che il comunicato vaticano si conclude con la preghiera, da parte di papa Francesco, «al clero e ai fedeli della diocesi di Limburg di voler accogliere le decisioni della Santa Sede con docilità e di voler impegnarsi a ritrovare un clima di carità e riconciliazione». Compito non facile per il nuovo amministratore apostolico, mons. Manfred Grothe, finora vescovo ausiliare di Paderborn, che ha guidato il lavoro della Commissione d’inchiesta. (ludovica eugenio)

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