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A 70 anni da Hiroshima e Nagasaki. La necessità del disarmo nucleare

A 70 anni da Hiroshima e Nagasaki. La necessità del disarmo nucleare

Sono passati 70 anni da quell'agosto del 1945 in cui gli Stati Uniti sganciarono due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Il settimanale cattolico statunitense National Catholic Reporter ricorda questo anniversario con un editoriale che rimarca la necessità di procedere verso un totale disarmo nucleare, invitando i cittadini statunitensi a levare alta la propria voce in vista di questo obiettivo. Di seguito, in una nostra traduzione dall'inglese, l'editoriale pubblicato il 6 agosto scorso.


In questi giorni cade il 70° anniversario del bombardamento statunitense di Hiroshima e Nagasaki, la sola volta nella storia bellica in cui sono state usate armi atomiche. Queste bombe causarono la morte immediata di 200mila persone; altre migliaia di sopravvissuti hibakusha moriranno per tumori e altre malattie derivanti dalle bombe negli anni e nei decenni che seguiranno.

Il nucleo all’uranio della bomba “Little Boy” fatta esplodere su Hiroshima il 6 agosto aveva una forza esplosiva pari a 12mila tonnellate di TNT (Trinitrotoluene); distrusse cinque miglia quadrate della città. Il nucleo al plutonio della bomba atomica “Fat Man” lanciata su Nagasaki il 9 agosto aveva una forza esplosiva leggermente più elevata, l’equivalente di 20mila tonnellate di TNT. “Little Boy” e “Fat Man” erano assai meno potenti di molte delle armi degli arsenali nucleari di oggi. Per esempio, le testate W88 installate sui sottomarini statunitensi Trident II hanno una forza esplosiva di circa 475mila tonnellate di TNT, 30 volte maggiore rispetto alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

Nel 1945, Akihiro Takahashi aveva 14 anni. La mattina del 6 agosto aspettava l’inizio delle lezioni, in piedi con i suoi compagni di classe a meno di un terzo di miglio dall’epicentro. Ecco il suo racconto:

Il caldo era tremendo. Era come se il mio corpo stesse bruciando. Per il mio corpo in fiamme la fredda acqua del fiume fu preziosa come un tesoro. Uscito dal fiume mi incamminai lungo i binari del treno in direzione di casa. Lungo il percorso incontrai un mio amico, Tokujiro Hatta. Mi domandai perché le piante dei suoi piedi fossero così bruciate. Era impensabile prendere fuoco lì. Eppure era innegabile che le sue piante dei piedi si stessero staccando e che si vedesse una parte di carne viva. Anche io ero terribilmente bruciato. Non potevo ignorarlo. Ho detto lui di strisciare usando le braccia e le ginocchia. Poi l’ho fatto camminare sui talloni aiutandolo a sostenersi in piedi.

La stessa mattina, Akiko Takakura, 20 anni, si trovava in una banca a 300 metri dall’epicentro. Nonostante le più di 100 lacerazioni sulla schiena, miracolosamente è sopravvissuta. Ecco il suo ricordo:

Molte persone per strada furono uccise quasi istantaneamente. La punta delle dita dei cadaveri prendeva fuoco e il fuoco gradualmente si diffondeva su tutto il corpo. Un liquido grigio colava dalle loro mani, bruciando le loro dita. Ero così scioccata al pensiero che dita e corpi potessero bruciare e deformarsi così. Non potevo crederci. Era orribile. E guardando tutto questo, è stato più che doloroso per me pensare a come le dita possono bruciare, mani e dita che avrebbero potuto tenere bambini o girare pagine semplicemente bruciavano via.

Guardando indietro a 70 anni fa, abbiamo l’opportunità di prendere in considerazione l’impatto di un conflitto nucleare. Recenti studi hanno dimostrato che nessuna organizzazione umanitaria sarebbe in grado di rispondere a un simile scenario. Ricerche hanno inoltre rivelato che un'eventualità di questo tipo potrebbe scatenare un inverno nucleare con terribili conseguenze ecologiche, conducendo alla lenta morte del pianeta.

Qualcuno ingenuamente trova conforto nel fatto che per 70 anni le armi atomiche non sono state usate in guerra. Non dovrebbe. Fino a quando le armi nucleari esisteranno ci sarà un forte rischio che – prima o poi – saranno usate da Stati o folli terroristi nelle cui mani potrebbero cadere.

Attualmente nove Stati – Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord – sono armati con circa 15.850 armi nucleari, secondo il Rapporto 2015 dell’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (SIPRI). Di queste, circa 1.800 sono tenute in stato di massima allerta operativa. Come un dito tenuto sul grilletto. Questa è una follia.

Per molti anni si è stata viva la speranza che il Trattato Onu di non proliferazione avrebbe condotto al totale disarmo nucleare. Il Trattato prevede che gli Stati nucleari procedano al proprio disarmo in cambio di accordi con Stati non nucleari che si impegnano a rinunciare alla loro ambizione di acquisire queste armi.

E in effetti progressi ci sono stati nei decenni a seguire, ma in anni più recenti questi progressi hanno prima subìto un rallentamento e poi si sono bloccati. Nessun trattato di disarmo è attualmente in vigore. Nel frattempo, le nazioni che possiedono arsenali nucleari hanno “modernizzato” armi e sistemi di lancio per renderli più efficaci.

La mancanza di volontà di procedere al disarmo da parte delle nazioni con armi nucleari ha scoraggiato molte altre nazioni. Alla recente conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione a New York, 107 Stati hanno deciso di intraprendere una strada alternativa. Hanno sottoscritto un “impegno umanitario”, concordando di lavorare verso un trattato che bandisca le armi nucleari, rendendole illegali.

Questo impegno è stato avviato dall’Austria nel dicembre 2014, a seguito di una serie di incontri che hanno esplorato quello che ora è chiamato Progetto Impatto umanitario delle armi nucleari (HINW) che ha messo in luce l’impatto devastante che qualsiasi uso di armi nucleari avrebbe sulla vita umana.

Il disarmo è lontano ma almeno l’“impegno umanitario” promette più di quanto gli Stati nucleari erano disposti a fare secondo il Trattato di non proliferazione.

Papa Francesco recentemente ha espresso la sua opposizione non solo all’uso della bomba atomica ma anche al suo possesso. L’arcivescovo Bernedito Auza, ambasciatore vaticano presso le Nazioni Unite, ha detto: “Oggi non c’è più alcuna argomentazione, neppure quella della deterrenza utilizzata durante la Guerra Fredda, che possa ‘giustificare moralmente’ il possesso di armi nucleari”.

Papa Francesco inoltre vede il disarmo nucleare dalla prospettiva dei poveri. In un messaggio in occasione della Conferenza sull'Impatto umanitario delle armi nucleari del dicembre 2014 ha dichiarato: “Spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema povertà”.

La strada per il totale disarmo nucleare sarà difficile e possibile solo se la gente comune si alzerà in piedi e lo pretenderà dai propri leader. I cittadini statunitensi, in quanto cittadini dell’unica nazione che abbia mai usato l’atomica in guerra, dovrebbero essere i maggiori sostenitori della sua abolizione. Purtroppo, relativamente pochi stanno alzando la loro voce contro il progetto dei nostri leader di spendere più di mille miliardi di dollari nel prossimo decennio per “aggiornare” il sistema di deterrenza nucleare statunitense. Faremmo meglio a dar retta a Papa Francesco finché siamo in tempo.

* Genbaku Dome e Hiroshima Peace Memorial. Immagine di Peter Broster, tratta da Flickr, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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