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"Il futuro dell'umanità è nelle mani dei popoli". Il papa al III Incontro dei Movimenti Popolari

È una nuova pagina di un'alleanza ormai consolidata quella che papa Francesco e le organizzazioni popolari hanno scritto nel pomeriggio del 5 novembre nell'Aula Paolo VI, evento conclusivo del III Incontro dei Movimenti Popolari a cui sono stati invitati a prendere parte, insieme ai circa 200 delegati e delegate ufficiali, altri 3.300 rappresentati di un'ampia gamma di movimenti e associazioni del nostro Paese. È a tutti questi che, nel suo applauditissimo discorso, si è rivolto il papa, evidenziando il loro ruolo di «seminatori di cambiamento», «promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, come in una poesia», e quindi a buon diritto definibili «poeti sociali». E ricordando i «compiti imprescindibili» sulla via della costruzione di «un'alternativa umana di fronte alla globalizzazione dell'indifferenza», già individuati nel II Incontro di Santa Cruz: «mettere l'economia al servizio dei popoli, costruire la pace e la giustizia, difendere la Madre Terra». Un progetto di vita che si oppone al consumismo e si riassume nella «felicità del "vivere bene"», quella «vita buona» alternativa all'«ideale egoista che ingannevolmente inverte le parole e propone la "bella vita"».

Sottolineando come le soluzioni concrete ai mali che affliggono l'umanità «non verranno fuori da una, tre o mille conferenze», ma saranno il «frutto di un discernimento collettivo che maturi nei territori», il papa ha esaltato la creatività e la speranza racchiuse nella voce dei movimenti, i quali, malgrado avrebbero forse «più motivi per lamentarsi» e per «cadere nella tentazione del negativo», continuano a guardare avanti, a discutere, a proporre e ad agire. E si è detto convinto che i loro sforzi stiano «mettendo radici», nonostante «la velocità di un meccanismo distruttivo», quello del «Denaro divinizzato» che opera in senso contrario: «C'è - ha detto il papa - un terrorismo di base che deriva dal controllo globale del denaro sulla Terra e minaccia l'intera umanità» ed è di questo che si alimentano i «terrorismi derivati», compresi quelli definiti erroneamente etnici o religiosi»: non sono infatti i popoli a essere terroristi, né le religioni, ma questo sistema fondato sul Denaro, una tirannia costituzionalmente terroristica, in quanto «nessuna tirannia si sostiene senza sfruttare le nostre paure». Paure a causa delle quali a cui i cittadini «che conservano alcuni diritti sono tentati dalla falsa sicurezza dei muri fisici o sociali»: «cittadini murati, terrorizzati, da un lato; esclusi, esiliati, ancora più terrorizzati, dall'altro».

Richiamandosi poi al nuovo Dicastero sullo Sviluppo Umano Integrale - uno sviluppo, cioè, che nulla ha a che vedere con la crescita economica o con una maggiore efficienza nella produzione di «cose che si comprano, si usano e si buttano inglobandoci tutti in una vertiginosa dinamica dello scarto» - il papa ha ricordato la sua decisione di riservare a sé la responsabilità della sezione relativa ai migranti, ai rifugiati e agli sfollati, «perché - ha detto - questa è una situazione obbrobriosa, che posso solo descrivere con una parola che mi venne fuori spontaneamente a Lampedusa: vergogna». La vergogna di folle esiliate «a causa di un sistema socio-economico ingiusto e di guerre» che non sono loro ad aver creato, quanto «piuttosto molti di coloro che si rifiutano» di accoglierle: «Nessuno dovrebbe vedersi costretto a fuggire dalla propria patria. Ma il male è doppio quando, davanti a quelle terribili circostanze, il migrante si vede gettato nelle grinfie dei trafficanti di persone per attraversare le frontiere, ed è triplo se, arrivando nella terra in cui si pensava di trovare un futuro migliore, si viene disprezzati, sfruttati, addirittura schiavizzati».         

Quanto a un altro dei grandi temi affrontati nel III Incontro, quello del rapporto tra popolo e democrazia, il papa, dopo aver evidenziato come il divario tra i popoli e le nostre attuali forme di democrazia» si allarghi sempre più «come conseguenza dell’enorme potere dei gruppi economici e mediatici che sembrano dominarle», ha preferito mettere l'accento sui due rischi che corrono i movimenti nel loro rapporto con la politica: il «rischio di lasciarsi corrompere», a cui rispondere vivendo «la vocazione di servire con un forte senso di austerità e di umiltà», e «il rischio di lasciarsi incasellare». «Finché - ha spiegato il papa - vi mantenete nella casella delle “politiche sociali”, finché non mettete in discussione la politica economica o la politica con la maiuscola, vi si tollera». È quando i movimenti voltano le spalle all’«idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli»; è quando rifuggono alla tentazione di ridursi «ad attori secondari o, peggio, a meri amministratori della miseria esistente» e pretendono di entrare «sul terreno delle grandi decisioni che alcuni pretendono di monopolizzare in piccole caste», è allora che diventano intollerabili e cominciano a essere  perseguitati. Eppure, ha concluso papa Francesco, il futuro dell’umanità «non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento».

Le proposte dei movimenti

Se il discorso di papa Francesco è stato il culmine di quella festa di chiusura che è stato l'evento del 5 novembre, tra i momenti che l'hanno preceduto vi è stata anche - oltre alla consegna nelle mani del papa del documento di sintesi dei lavori di gruppo - la lettura del documento approvato dai delegati del III Incontro sulle Proposte di azione trasformatrice assunte dai movimenti popolari del mondo - in realtà più simili a delle dichiarazioni di principio, a conferma delle difficoltà che sempre insorgono al momento di passare realmente all'azione -: dalla lotta contro la privatizzazione dell'acqua alla difesa della sovranità alimentare, dall'introduzione di un salario sociale universale alla garanzia dell'inviolabilità della casa familiare (contro gli sgomberi che lasciano le famiglie senza un tetto) fino allo smantellamento dei muri dell'esclusione e della xenofobia.

Prima ancora, erano stati alcuni delegati e rappresentanti italiani ad alternarsi nella presentazione di brevi interventi (due per ognuno dei temi affrontati nell'incontro), senza tuttavia dissipare la sensazione di una sorta di occasione mancata: quella di permettere ai militanti delle organizzazioni italiane presenti - in fondo ridotti al ruolo di spettatori - di avviare un confronto, per quanto preliminare, con i delegati che hanno dato vita al III Incontro e di consentire a questi ultimi di illustrare i frutti della loro riflessione al di là della lettura delle "Proposte di azione trasformatrice". 

* Ritratto a matita, opera di Bogdan Solomenco. Immagine tratta dal sito Wikimedia Commons, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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