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Vicofaro: una scelta di coerenza evangelica

Vicofaro: una scelta di coerenza evangelica

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 15/06/2019

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«Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri»

(don Lorenzo Milani)   

Per fare un discorso davvero “umano” e “cristiano” sui migranti, in un’epoca dominata dall’indifferenza e dall’imbarbarimento, si deve innanzi tutto scegliere la categoria della parresìa, cioè affrontare l’argomento con spirito di verità e di estrema sincerità, facendo nomi e cognomi riguardo al caso di Vicofaro; mentre, anche a Pistoia ha dominato verso la nostra esperienza un silenzio assordante e ipocrita, in particolare nel mondo cattolico. Eppure la scelta di accogliere “senza se e senza ma” si pone sulla linea della coerenza al messaggio biblico ed evangelico: «Ero straniero e mi avete accolto».

Anche i quattro verbi di papa Francesco lo hanno sintetizzato in modo bellissimo, che è compito dei cristiani «accogliere, proteggere, promuovere e integrare». È quanto con le nostre modeste for- ze, dal maggio 2016, stiamo cercando di fare con i laici delle comunità di Vicofaro e di Ramini, improntando ogni attività a un impegno che si realizza concretamente come cura e attenzione verso l’ultimo: dall’insegnamento della lingua italiana, agli adempimenti burocratici, alle pulizie degli ambienti dove sono ospitati i ragazzi africani, quasi tutti provenienti dai Paesi della fascia del Sahel. Queste persone, troppo spesso considerate degli invisibili se non degli scarti anche a causa di una legislazione inadeguata e di politiche sempre più disumanizzanti, hanno trovato un luogo non solo dove disporre di cibo e alloggio, ma anche di affetto e relazioni umane che il potere ha cercato in tutti i modi di cancellare. Bisogna infatti ripartire, in una società profondamente imbarbarita, dal senso più autentico dell’accoglienza, che non è assistenzialismo o sterile ideologia, ma condivisione dell’umanità dello “straniero”. Il metodo della conoscenza reciproca diventa fondamentale per la costruzione di autentici rapporti su un piano di uguaglianza con l’altro. I migranti non sono dei deprivati da beneficare, ma umani con la loro storia, le loro sofferenze, le loro legittime aspirazioni a una vita dignitosa: quindi l’incontro con loro è innanzi tutto incontro tra umani.

L’emergenza-profughi ha avuto una vera e propria accelerazione a partire dall’aggressione alla Libia e dallo stato di guerra infinita ormai in atto in numerose parti del pianeta, oltre alla violazione dei diritti umani, all’impoverimento di ampi strati sociali e al cambiamento climatico. Perciò quanta ipocrisia nel mantenere la distinzione tra profughi per motivi umanitari e emigranti per motivi economici! Così come l’Europa dimentica quale pesantissimo tributo deve pagare all’Africa per le sue gravissime responsabilità legate al colonialismo: dai massacri ai saccheggi di risorse, alla dominazione, al degrado ambientale!

L’ambiguo slogan “Aiutiamoli a casa loro” nasconde le ragioni di Stato del nostro Paese e dell’Europa: materie prime, armi, grandi infrastrutture, a cui si aggiunge la scelta di criminalizzare le Ong e di stringere accordi vergognosi con i personaggi più squalificati – come “i signori della guerra” libici e il “sultano” turco Erdogan – per risolvere il problema dei migranti, guardando dall’altra parte, mentre la loro dignità umana è umiliata e calpestata, come nelle prigioni e nei lager della Libia.

Quanto avvenuto in questi tre anni a Pistoia, con i tanti episodi di intolleranza e di razzismo, fino agli attacchi di Matteo Salvini e del movimento neofascista Forza Nuova al sacerdote per l’accoglienza ai rifugiati africani, rispecchia nella nostra realtà di provincia la gravissima regressione politica, culturale ed etica in atto nella società. L’episodio della Messa del 27 agosto 2017 – con la presenza in chiesa di uno squadrone di FN che doveva vigilare sull’ortodossia del sacerdote, dopo le ormai “celebri” foto dei ragazzi africani che giocavano in piscina – ha rappresentato un pericoloso e gravissimo segno di intolleranza, cui don Massimo ha saputo rispondere nell’omelia con fermezza e spirito evangelico. Tanti gesti spontanei di solidarietà da parte di singoli cittadini – crediamo siano ormai superate le distinzioni tra credenti e laici – dimostrano che è viva una coscienza solidale per ricostruire la convivenza democratica. La costituzione dell’Assemblea permanente antirazzista antifascista – i cui componenti vengono da storie diverse sul piano ideale – ha rappresentato una scelta significativa di condivisione nella solidarietà verso i ragazzi accolti. Si è infatti realizzata tra i collaboratori una straordinaria sintonia e unità d’intenti nell’impegno quotidiano per un servizio autentico verso persone nel bisogno, peraltro giunte da noi dopo indicibili sofferenze. Sono il popolo nuovo composto dai dannati della terra, che hanno perso tutto e che ora bussano alla nostra società – che spesso li ha depredati – e in particolare alla nostra comunità cristiana, che vive un grande kairòs, un momento epocale di grandi trasformazioni e deve innanzi tutto opporsi al prevalere dell’indifferenza, dell’intolleranza e dell’insensibilità.

Dobbiamo rifiutare di essere un Paese senza memoria, che ha dimenticato in fretta come nel passato noi italiani siamo stati un popolo di migranti: ben 30 milioni hanno abbandonato l’Italia alla ricerca di speranza in lontani continenti. Ma se lo Stato, la politica continueranno ad essere assenti e a mettere al primo posto il bilancino elettorale – come successo con il vergognoso rinvio della legge dello ius soli – ci troveremo ancor più con il Decreto Salvini di fronte a marginalità, esclusione, disadattamento, sfruttamento e, in misura crescente, irregolarità.

Dopo l’ordinanza comunale del settembre 2018 che imponeva la chiusura del Centro di accoglienza – invocando norme di sicurezza, mai fino allora fatte rispettare – per i profughi assegnati dalla Prefettura è stato deciso, con tanto scandalo tra i buoni cattolici, di utilizzare anche le strutture interne alla chiesa di Vicofaro così da offrire un letto a quanti sono stati gettati nella strada. Così la chiesa è diventata nel concreto, “ospedale da campo”, dove si tocca la carne viva dell’umanità sofferente. Come comunità cristiana, abbiamo fatto un appello accorato a papa Francesco che ci ha esortato ad andare avanti. Oggi sono accolti a Vicofaro oltre 150 migranti: nel matroneo della chiesa nuova, nel sottotetto della chiesina, nel chiostro, nella canonica. È questa forma di accoglienza anomala, di disobbedienza civile che non si vuole accettare, che molti, anche di sinistra – vergognosa la posizione di alcuni esponenti del PD pistoiese! –, criticano apertamente. Le stesse autorità sono arrivate a tentare, invano, di tutto fino al ridicolo, per chiuderla, come con il blitz della sera del 20 ottobre scorso che ha visto il dispiegamento di una settantina di agenti dei vari corpi di sicurezza contro donne e ragazzi inermi! È più facile – e più sicuro – anteporre un modo di accogliere a bassa intensità come fanno molte associazioni! La riaffermazione del diritto a resistere non è casuale: il cosiddetto “scandalo di Vicofaro” consiste proprio nel significato più profondo della resistenza, cioè il superamento dell’opposizione tra etica della convinzione e etica della responsabilità. Quanto sta avvenendo nel piccolo da noi e in molte altre realtà può essere allora un segno per restituire speranza ai fratelli africani e orizzonti di senso alla nostra società. Per questo Vicofaro ha resistito e resiste!   

* Don Massimo Biancalani con dei giovani rifugiati e Lorenzo Giarelli; © Vicofaro accoglienza Migranti, Palazzo Mediceo Seravezza. Tratto dalla pagina FB di memofest.festivaldellamemoria - www.memofest.it

 

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