Nessun articolo nel carrello

Dio al di là di “Dio” o del teismo

Dio al di là di “Dio” o del teismo

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 15/05/2021

Per l'introduzione a questo articolo, clicca qui

(...) Non solo tra i teologi tradizionalisti ma anche tra quelli considerati critici predominano ancora quanti continuano a opporre il Dio impersonale della mistica indù al Dio personale incarnato della mistica cristiana. Ma è un'opposizione costruita dalla mente umana, come ogni immagine di Dio, compresa la “rivelazione soprannaturale” su cui credono di basarsi. La storia delle religioni, i risultati delle scienze della mente, le testimonianze dell'esperienza mistica universale e della stessa Bibbia certificano la superficialità di tale opposizione. L'aspetto più genuino della spiritualità universale – profondità di sguardo, ampiezza di coscienza, comunione dei viventi nella fonte comune della vita – e quello più genuino dell'esperienza dell'Infinito nella tradizione monoteista giudaico-cristiana e musulmana – «misericordia io voglio, non sacrifici» (non credenze né culti divini) ci invitano, oggi più che mai, a superare tale opposizione, quelle pretese di verità assoluta che tanto profondamente arrecano danno alla vita.

I riferimenti sono innumerevoli, cominciando dal mito stesso della creazione nella Genesi: «lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gn 1,2). Spirito o Ruah o Soffio della vita. Aleggiava o vibrava. Dio è l'alito dell'Essere o della Vita che vibra nel cuore della materia originaria rendendola matrice feconda di forme possibili. E si può continuare con il divieto biblico «Non ti farai nessuna immagine di Dio», che è come dire: non ti aggrappare ad alcuna idea, ad alcuna credenza, ad alcuna forma, poiché soffocheresti il Soffio della vita in te e nel tuo prossimo. (...).

Si potrebbe obiettare: Gesù non è stato forse un ebreo fedele all'immagine teista di Dio come Creatore, Padre provvidente, Legislatore e Giudice che ha scelto Israele tra tutti i popoli? Senza dubbio. Gesù ha condiviso un'immagine teista di Dio, così come un'immagine geocentrica e antropocentrica del cosmo, un mondo diviso in strati (cielo, terra, inferno) secondo la millenaria cosmovisione mesopotamica e un mondo di angeli e demoni, con un inizio e una fine, con giudizio finale, salvezza e condanna, in base alla cosmovisione apocalittica iranica. Gesù non poteva non pensare che fosse “Dio” a far sorgere il sole e a farlo tramontare, e a far piovere aprendo le porte del cielo. Per la stessa ragione, difficilmente avrebbe potuto non avere un'immagine teista di Dio.

Ma come sarebbe assurdo se, per condividere oggi lo Spirito o l'ispirazione profonda di Gesù, dovessimo continuare a immaginare il mondo o i fenomeni meteorologici allo stesso suo modo, dovrebbe sembrarci altrettanto assurdo continuare a mantenere l'immagine teista di Dio per essere fedeli alla sua esperienza profonda di Dio o della Realtà ultima. Inoltre, benché questo non sia decisivo, non pongono forse alcuni vangeli sulla bocca di Gesù espressioni che contraddicono chiaramente l'immagine teista di Dio? Non dice ripetutamente il Gesù di Giovanni «Io sono» (la Luce, la Via, l'Acqua, la Vita…) o «Io e il Padre siamo uno» (Gv 10,30), affermando al tempo stesso che ogni credente è una cosa sola con lui e con Dio, «nato da Dio» come lui e «fonte di acqua viva» come lui, affermazioni che evocano il «Tu anche sei Quello» (Brahman) della Kena Upanishad e che rimandano all'Infinito transpersonale e transteista, al Fondo della Realtà o al puro Essere Assoluto, che non è né un ente tra gli enti né l'Ente Supremo al di sopra di tutti gli enti, né “altro” né “lo stesso” rispetto agli enti, ma il Non-Altro o l'Assolutamente Altro, come avrebbe detto Niccolò Cusano alla metà del XV secolo?

Chiaro che il Gesù storico non si è espresso così, ma perché noi, nel nostro modo di parlare di Dio e di Gesù, non dovremmo essere liberi come lo è stata la comunità di Giovanni? (...).

Dio oltre un “Dio personale”

Se Spong afferma chiaramente l'impossibilità di continuare a pensare a un “Dio personale”, la maggioranza dei teologi continua tuttavia a considerare la qualità personale di Dio come essenziale e irrinunciabile, accusando non di rado i non-teisti di cedere allo “gnosticismo di moda” e di ridurre Dio a una mera energia cosmica o a una vaga realtà impersonale e panteista.

Ecco alcune riflessioni al riguardo:

1) Nella misura in cui il termine “persona” designa un io o un centro di coscienza di fronte al resto della realtà, è assurdo concepire la Realtà Assoluta come tale.

2) Nella misura in cui chiamiamo “personale” una relazione a due, non ha senso neppure attribuire a Dio un tale tipo di relazione duale, in quanto Dio non si può sommare a niente e a nessuno; Dio e io non siamo due, anche se ciò non vuol dire che siamo uno in senso numerico- contabile.

3) In fondo, applichiamo a Dio la nostra qualità “personale” solo perché siamo noi a parlarne; in realtà, parliamo di “Dio”, cioè di noi stessi.

4) È ingenuo dividere il mondo tra esseri impersonali e personali, ed è presuntuoso pensare che la proprietà “personale” dell'essere umano con la sua intelligenza e volontà, la sua mente e i suoi sentimenti, sia “superiore” alle proprietà degli altri animali (per esempio), come se fossimo il centro e il vertice della creazione e l'immagine di Dio. Ed è il colmo dell'ingenuità e della presunzione, o dell'idolatria, pensare che Dio o la Realtà Assoluta – che fa essere ciò che è e non assomiglia a niente –, sia come l'essere umano, piuttosto che come l'energia o l'elettromagnetismo o la luce da cui è nato questo universo e forse, incessantemente, altri universi, o le particelle atomiche che esistono al di fuori del nostro spazio e del nostro tempo, o l'aria, l'acqua, il sole, il fiore, l'albero o un animale qualsiasi, o altre infinite forme del cosmo. Che significa inferiore e superiore e cosa sappiamo di ciò che esiste nell'universo?

5) E cos'è ciò che chiamiamo “personale” (coscienza, sentimento, libertà…) se non un fenomeno emergente del cervello, complessissima rete di neuroni, cellule, molecole, atomi, particelle in movimento e in relazione di tutto con tutto? E cosa ci fa pensare che questa specie umana così meravigliosa e terribile sia il punto di arrivo, che non sorgeranno o non faremo nascere forme “personali” superiori, o che non ci siano in qualche luogo o in infiniti luoghi forme di vita “personale” “superiori” o semplicemente diverse?

6) E rivolgendo lo sguardo all'universo infinitamente grande con i suoi miliardi di galassie, ciascuna composta da 200-400 miliardi di stelle, o all'universo infinitamente piccolo racchiuso in ogni atomo, e pensando per un momento di vivere forse in uno dei molti universi esistenti, cosa ci può fare ancora pensare che questa qualità “personale” di questa nostra povera specie umana Sapiens (con il suo “io” e il suo egoismo, il suo amore e il suo odio, le sue soddisfazioni e le sue angosce) sia la qualità suprema di Dio o Fonte inesauribile dell'essere?

7) Con ciò non voglio dire in assoluto che Dio sia “qualcosa di impersonale”, una realtà confusa e spenta senza la luce della coscienza e la fiamma dell'amore. Ma piuttosto che la Profondità ultima o la Realtà originaria di tutto il reale sia assolutamente transpersonale, infinitamente oltre qualsiasi cosa, eterna Presenza senza un qui o un là, eterno Processo senza un prima o un dopo, Spirito o Ruah che ci muove e ci abita e ci fa essere, eterna Comunione che tutto crea e si crea in tutto.

Cambiare “Dio” per cambiare il mondo

Il significato teista della parola “Dio” fa acqua da tutte le parti. Se ha sempre evidenziato enormi crepe, e le menti più lucide e gli occhi più mistici sono sempre andati oltre, è nel corso del XX che è entrato in fase terminale, a causa dello sviluppo delle diverse scienze umane (psicologia, sociologia, storia, ermeneutica…) ed esatte (astronomia, fisica nucleare, neuroscienze, biogenetica…) e della globalizzazione dell'informazione. L'immagine teista di Dio, elaborata circa 6000 anni fa, sta scomparendo; un giorno, non molto lontano, verrà cancellata del tutto o sopravvivrà nei musei.

Perché? Semplicemente perché non è più credibile o utile: a chi sostiene, non senza qualche ragione, che tutto ha bisogno di una causa per essere, chiunque potrà rispondere che non serve il ricorso a una Causa Prima extramondana ed eterna per spiegare l'inizio del mondo temporale, che un Dio Causa esplicativa non è che una costruzione logica umana, e che pensare a un universo o a un multiverso autosufficiente ed eterno è altrettanto o più logico che pensare a un Dio autosufficiente ed eterno come Creatore dell'universo. In ogni caso, qualunque bambino potrebbe chiedere a ragione: “E Dio chi lo ha creato?”, e gli si potrebbe rispondere solo con sotterfugi.

L'immagine teista di Dio è servita per spiegare l'esistenza del mondo e per mantenere l'ordine, promuovere la bontà ed evitare danni reciproci. Ma tale immagine non trova più posto nel quadro culturale del nostro tempo, all'interno del «credibile disponibile» (P. Ricoeur) della nostra epoca. E pertanto non serve più. Non possiamo più continuare a dire “Dio” come spiegazione, causa, fondamento o giustificazione di alcunché. (...).

Non si tratta di un mero “cambio di Dio”, ma di una trasformazione del mondo. E, come ha scritto Rafael Sánchez Ferlosio, «finché non cambiano gli dèi, nulla cambierà» nel mondo. Il passaggio da una teologia teista a una realmente coerente con le scienze, mistica, transteista e transreligiosa è una sfida culturale decisiva, un compito filosofico-teologico e politico perentorio, se vogliamo transitare verso un'altra umanità necessaria e possibile, verso un'epoca inscindibilmente spirituale, economica e politica realmente nuova per questa nostra problematica specie.

Una conclusione aperta: Credo in Dio?

Se mi si chiede o, come succede spesso, se mi chiedo io stesso se credo in Dio, rispondo sì e no, in base a ciò che si intende con i termini credere e Dio.

Se per credere si intende tenere per certa un'affermazione o l'esistenza di qualcosa, non credo nell'esistenza di “Dio” nel suo significato teista, né in alcun dogma nel suo significato letterale tradizionale.

In realtà, credere o non credere in questo senso, tenere per certe determinate affermazioni su Dio, compresa quella della sua esistenza, mi sembra non solo irrilevante ma assolutamente indifferente rispetto a ciò che è essenziale nella vita, secondo quanto insegnato dai grandi maestri spirituali di tutte le tradizioni, religiose o meno. Quale che sia il significato che si attribuisca al termine Dio, credere o non credere alla sua esistenza è di per sé ugualmente indifferente. È la vita ciò che importa.

Ma credere può avere un altro senso legato proprio alla profondità ultima della vita, come la stessa etimologia suggerisce. Il termine latino credere deriva, infatti, da una doppia radice indoeuropea: kerd (da cui cuore, cordiale, accordo, coraggio…) e dheh (porre, lasciare, donare…). Dove poniamo il cuore, cioè il centro o il fondamento vero del nostro essere: ecco la questione.

Liberarsi da paure, ambizioni e rancori e assecondare la nostra aspirazione più profonda a essere pienamente dandoci in maniera totale: ecco il vero credere, indipendentemente dalla professione di questo o quel credo o di nessuno. «Misericordia io voglio, non sacrifici», ha detto Gesù ed è quello che conta: la misericordia felice, non templi né dogmi né dei né religioni. In questo senso credo in Dio. E voglio crederci.

Ma che intendo quando dico Dio, quando dico che credo e voglio credere in Dio? Non mi riferisco a un “Dio” teista, Signore del cielo, Qualcosa di fronte a qualcosa, Qualcuno di fronte a qualcuno, un soggetto personale di fronte ad altri soggetti, un Ente Supremo e maschile, creatore del mondo, legislatore e giudice dotato di attributi personali (coscienza di sé e dell'altro, idee, emozioni…). Non credo in “Dio”. Rispetto profondamente chi continua a trovarvi un impulso per la bontà, ma non “credo” nella sua esistenza e penso che non sia un bene “donargli il cuore”, se vogliamo dare vita a un'umanità migliore in una migliore comunità di viventi.

Quando dico Dio voglio dire: il Mistero buono e indicibile che abita tutto, la Fonte eterna e inesauribile della realtà, la Presenza creatrice e trasformatrice che sostiene e muove tutti gli esseri o forme di essere, l'Amore liberatore che respira nel cuore del mondo che geme, il Regno di Dio di cui parlava Gesù come la realtà ultima occulta e presente e attiva in tutto: nel fiore della vigna, nella spiga di grano, nell'usignolo che canta, nel sorriso di un neonato, nelle lacrime di una persona disperata, nel dramma di un rifugiato, nell'azione di un profeta. Intendendo in questo senso i termini credere e Dio, oggi il cuore e la ragione mi portano a confessare: Credo in Dio o voglio credere in Dio, cioè voglio porre il mio cuore nel Nulla che è il Tutto, nel Vuoto che è la pienezza, nell'Essere o Cuore indiviso di tutti gli esseri, che si nasconde e si rivela ed è in tutto. Nel Mistero profondo e sensibile come un ventre materno che dà la luce a tutte le forme. Nella Fiamma della Coscienza universale di cui tutti gli esseri sono scintille, scintille dello stesso Fuoco senza forma.

E non importa come si chiami o cosa sia. Io la/lo chiamo Dio, perché è il nome che porto più in profondità e non so come altro chiamarlo e ancora ho bisogno di chiamarlo in qualche modo. Ma questo poco importa.

Ciò che importa è dare il cuore, confidare nella Realtà, farsi samaritano compassionevole verso ogni creatura ferita ed essere ciò che siamo eternamente. È questo che significa credere in Dio, indipendentemente dalle credenze. Ed è il modo di creare Dio o di ricreare il mondo.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.